Boom Da Bash in arrivo all’Halle28: “Siamo contro i gangsterismi, tutte stronzate”

20.12.2012
Boom Da Bash in arrivo all’Halle28: “Siamo contro i gangsterismi, tutte stronzate”

Boom Da Bash in arrivo all’Halle28: “Siamo contro i gangsterismi, tutte stronzate”

20.12.2012

Con quel suo beat canaglia che ti si appiccica addosso e non ti molla più, con quel refrain assassino nel ritornello monello che prima ti urta e poi ti sequestra, #Danger è stato uno dei tormentoni dell’endless summer salentina. Tamarro quanto basta per infilarsi dritto dritto nell’iPod dei b-boy di periferia di mezza Italia, è un pezzone fluorescente dall’effetto rinfrescante che si muove con sinuosa sapienza tra dancehall, ethno-hop e global-trash. Che rischi di archiviare frettolosamente come “patacca”, ma che, se superi il primo istinto, l’ascolti e la riascolti e la riascolti fino a pronunciare la signora sentenza: cazzo, che bomba! Sì, perché sotto quella sua pellicola festaiola, sotto quella frivolezza danzereccia così sparata da risultare sospetta, sotto quell’intrigante mistura di patois e dialetto salentino, si nasconde un cuore, un’anima, una visione. Quella del duttile quartetto pugliese Boom Da Bash. In occasione del loro imminente arrivo in terra altotesina (sabato 22 dicembre, Halle28), abbiamo scambiato due parole con Biggie Bash, dei due vocalist quello che si cimenta con lo slang giamaicano.

Uno dei caratteri più interessanti della vostra proposta musicale è l’incrocio tra il patois giamaicano e il dialetto salentino, due lingue vive, vicine alla terra e alle radici, che si mischiano e si confondono. Io da bolzanino, se non sto attento quando ascolto un vostro pezzo, mi accorgo di non distinguere bene l’una dall’altra…
(risate) In questa scelta linguistica c’è sicuramente la volontà di tramandare la tradizione del raggamuffin salentino portata alla ribalta dai Sud Sound System e da altri pionieri del genere. Poi è stata anche un po’ una scelta obbligata, perché in tutti i miei precedenti progetti ho sempre utilizzato la lingua inglese. Non sono capace di scrivere delle cose che mi piacciono in italiano, mi viene molto più semplice farlo in inglese. Quando poi ci siamo trovati io e Paolo (Payà, ndr), ognuno ha scritto le sue strofe con la lingua con cui si sentiva più a suo agio, io in inglese e lui in dialetto. Da questo amalgama è nato lo stile di Boom Da Bash, perfetto per rappresentare l’immagine del Salento come Giamaica d’Italia, il punto d’incontro tra la Giamaica da cui è partito tutto, la Mecca per tutti i fan del reggae, e il Salento, la Mecca per tutti i fan del reggae italiano.

Sì, questo legame così profondo tra Giamaica e Salento mi ha sempre incuriosito. Quando intervistai Don Rico, mi diede una spiegazione culturale/climatica di questa affinità… Tu come la vedi?
I generi musicali come il reggae o il punk o l’hip-hop provengono da un contesto sociale molto preciso. Io le chiamo musiche sociali, musiche che attecchiscono e crescono in rapporto a determinate condizioni sociali. Da questo punto di vista la Giamaica è molto vicina al Salento, al di là dell’immagine che si ha in Italia come terra del sole, del mare e del vento. Il Salento, soprattutto negli anni in cui è nata la Ragga scola salentina, era una terra dove il disagio sociale era molto forte, per ragioni legate alla mancanza di lavoro e alla presenza della mafia. Credo che sia questa la ragione per cui la musica reggae, essendo una musica di denuncia, una musica che dà voce a chi non ce l’ha, ha trovato da noi terreno fertile.

E, infatti, la tematica sociale attraversa un po’ tutti i vostri pezzi, emergendo in maniera più o meno evidente a seconda dei casi. Tra i vostri pezzi più politici c’è certamente “Murder”, singolo tratto dal vostro ultimo lavoro “Mad(e) In Italy” (2011), dove emerge una visione molto dura del paese in cui viviamo…
Tra i temi portanti del pezzo, come emerge anche dal video, c’è quello dell’omicidio di mafia. Noi viviamo in una terra dove la mafia è molto presente, anche se spesso capita di sentire in televisione che ormai in Puglia  la Sacra corona unita non esiste più. La realtà è ben diversa da come viene raccontata. L’Italia è un posto oggi in cui gli studenti e gli operai non vengono assolutamente tenuti in considerazione, un posto in cui nel buon 80% dei casi la rappresentazione non corrisponde alla realtà. È per questo che abbiamo voluto fare questo pezzo, anche un po’ dubbiosi che un pezzo così forte, che parla di pedofilia nella Chiesa, di mafia, dei problema dei rifiuti, potesse funzionare. Invece il pezzo è stato recepito molto bene e questo ci ha fatto molto piacere.

Agli antipodi di “Murder” si colloca “#Danger”, un pezzo certamente più leggero e solare, il “monster single” che anticipa il vostro prossimo lavoro.
Come dico sempre il progetto Boom Da Bash ha diverse facce, è l’incontro tra diverse personalità. Ognuno di noi proviene da panorami musicali diversi, chi dall’hip-hop, chi da dal punk come me, chi dal reggae salentino, chi dall’elettronica. Quindi cerchiamo sempre di creare dei pezzi evoluti, nel senso che uniscono al loro interno generi diversi avendo sempre comunque il reggae e la dancehall come fulcro. “#Danger” è ovviamente un pezzo uscito per l’estate, pensato per far ballare le persone e a farle divertire, anche se porta con sé in qualche modo un messaggio per noi importante. È nato dal fatto che molta gente pensa che i Boom Da Bash siano diventati ricchi, c’è chi pensa “chissà quando i Boom Da Bash vanno a fare le serate cosa non si crea nel backstage…”. In realtà non si crea proprio niente! (risate) Il pezzo dice proprio questo: “Suntu famosu ma no lu sacciu fare!”.

Concetto ribadito anche nella parte tua parte “Don’t call me gyallis / That’s what I’m not”. Così il vostro “pezzettino estivo” diventa l’occasione per fare pezzi lo stereotipo del maschio sciupafemmine, dello “gyallis” appunto, dominante tanto in ambito rock, quanto in ambtio hip-hop e reggae, dove regna incontrastato il mito virile del “big bamboo”, un mito che legittima violenza contro donne e omosessuali…
Sotto questo punto di vista non condividiamo molte cose diffuse nel mondo giamaicano. Lo stereotipo del badman giamaicano, l’omofobia, la visione della donna come oggetto sessuale non appartengono al nostro modo di vedere le cose. Siamo contro a questi argomenti perché siamo cresciuti in un certo contesto sociale e abbiamo visto con i nostri occhi gli effetti della violenza… cose di cui molti parlano nelle canzoni come fossero cose belle e in realtà sono delle cazzate. Attraverso la nostra musica noi vogliamo fare in modo che i ragazzi si allontanino quanto più possibile da questi “gangsterismi” e da tutte queste stronzate. Noi siamo persone vere, siamo come ci vedete. I macchinoni e le super-femmine del rap americano non appartengono proprio al nostro mondo.

www.onebeatmovement.com

Puoi vincere i biglietti per la serata, basta inviare una mail a info@franzmagazine.com con la risposta al quiz qui sotto, i due più veloci si portano a casa un biglietto ciascuno, da ritirare direttamente alla cassa.

Boom Da Bash hanno vinto nel 2011 un prestigioso premio. Quale?

1. MTV New Generation Contest
2. Premio Terna
3. David di Donatello

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