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October 16, 2012

People I know. Fanni Fazekas: vita, lavoro arte, in un Boh (Bolzano-Hungary)

Anna Quinz

Il curriculum di Fanni Fazekas è lungo lungo. Inizia dall’Ungheria, terra nella quale Fanni è nata e finisce a Bolzano, dove la 33enne vive e lavora ormai da più di un decennio. I lavori fatti e in corso sono tanti, e spaziano dal mondo dell’arte a quello del design, fino al sociale. Fanni lavora – e qui parliamo di arte – con materie e materiali diversi, dal vetro (i suoi Bicchieri Ubriachi. Storti ad arte Ndr) alla ceramica (le sue lampade), dai metalli (i suoi gioielli “riciclati”) fino alla luce (i LED). Ma è anche fondatrice di BoHArt, progetto il cui nome sta per Bolzano-Hungaria e che si occupa di progetti “ponte” tra le due aree. Ha lavorato come addetta alle vendite, come curatrice, come docente. Ha fatto la rilevatrice al censimento e lavora come mediatrice interculturale per gli ungheresi in arrivo a Bolzano. “Un lavoro utile, importante, gratificante”, racconta. Dunque Fanni, straniera ma ormai anche bolzanina doc, ha saputo cucirsi addosso un ruolo nella società bolzanina, mettendosi a disposizione come ponte tra le sue due culture. Donna multitasking, multiculturale e multiforme, Fanni – con i suoi capelli sbarazzini, gli occhi vispi e la parlata vivace e curiosa per l’accento forte dell’Est che porta con sé – è un vulcano di idee, un laboratorio umano di creatività e di passione, che sfocia sì negli oggetti che crea, ma anche e soprattutto nel suo essere capace di mettersi in ascolto e a disposizione degli altri.

Come, quando e perché sei arrivata a Bolzano?

Ho lasciato l’Ungheria perché volevo viaggiare, imparare altre lingue e studiare all’estero. Sono partita il 27 ottobre del ‘99. Sono arrivata a Bolzano il 28 ottobre, con il treno. Venivo per studiare presso la “Vetroricerca Glass&Modern”, scuola bolzanina famosa per il lavoro sul vetro. Esiste ormai da più di 10 anni e va avanti “a gonfie vele”, grazie a un gruppo di professori che tramandano “il saper fare con il vetro” ad allievi di ogni angolo del globo. E che poi portano la fama della scuola – e di Bolzano – a casa loro. Dopo la scuola, sono rimasta perché volevo combinare l’arte e l’artigianato con il famoso design Made in Italy. Ho poi scoperto l’Accademia di Design di Bolzano (che si è poi trasformata in Università). Per la mia tesi avevo bisogno di approfondire le mie conoscenze nel campo della musica e per questo ho pensato di frequentare, anche, il conservatorio Monteverdi (corso di canto lirico). E poi, ho deciso di rimanere qui.

Quale il bello (che ti manca) dell’Ungheria e quale il brutto? E dell’Alto Adige, invece?

Non abito più in Ungheria da 13 anni. Torno raramente. Quindi mi ricordo cosa era bello e diverso al tempo in cui l’ho lasciata… ormai è cambiata molto. E così, inevitabilmente, sono diventata una straniera anche lì. Però, di certo, mi manca l’orizzonte. A Bolzano, ogni tanto, le montagne sono troppo alte. Anche se sono davvero magnifiche. E comunque ormai Bolzano è casa mia. Quando viaggio penso a Bolzano come il luogo nel quale “tornare”.

Hai studiato alla Libera Università di Bolzano. Quali per te i pregi e i difetti dell’ateneo bolzanino?

Il fatto che sia un’università trilingue è un grande pregio. Ma gli studenti sono molto sofferenti, perché è comunque una pratica difficile e il livello d’insegnamento ne risente. Chi è davvero perfettamente trilingue? È un’università di lingue? Come si fa a imparare una, anzi due lingue, in 3 anni a livello accademico, seguendo corsi e dando esami? Di contro però, con questo sistema plurilingue, possiamo avere professori bravissimi e studenti dal tutto il mondo… Penso che bisognerebbe introdurre il cinese come quarta lingua, visto che la Cina è il futuro, tanto cosa vuoi che sia una lingua in più? Altro punto negativo dell’ateneo, è il prato. Mi spiego. Un’università senza prato davanti, è soltanto un laboratorio. L’università ha il ruolo di essere un terreno fertile, a livello sociale e creativo. Questo a Bolzano manca. I cittadini non notano la presenza in città dell’ateneo. Manca il fermento, i movimenti, i luoghi, lo spirito universitario. È un’università per individualisti e amanti degli sport invernali. Qui gli studenti sono “turisti di passaggio che non lasciano un segno dietro di loro.”

Quale, da professionista del settore, il tuo pensiero rispetto allo “stato dell’arte” in Alto Adige?

L’Alto Adige sta vivendo oggi un periodo che verrà realmente compreso, da parte del pubblico, solo in futuro

Si dice che al momento la creatività si stia spostando a Est, tu che dall’Est arrivi, che ne pensi?

La creatività esiste in qualunque luogo nel quale c’è la pace. A “Ovest” il mercato (in ogni ambito) è ormai saturo e per questo i giovani guardano a Est (ma più che l’Est Europa, da dove arrivo, penso all’India, alla China) per trovare nuove orizzonti. I giovani sono il futuro. E il futuro, un giorno, diventerà il presente.

Sogni, obiettivi per il futuro?

Elenco, in ordine: ottenere il Patentino A di Bilinguismo e la patente di guida, andare in Cina, continuare a muovermi nel mondo dell’arte. Infine, sopravvivere.

Il sito di Fanni Fazekas è www.innaf.it

Pubblicato su Corriere dell’Alto Adige del 14 ottobre 2012

 

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