Io, voltapagine al Festival Busoni. E mi chiedo: il futuro è già presente?

Festival Busoni

“Ciao Alessandro, sei in zona? Ascolta abbiamo bisogno urgentemente di una mano!”.
E’ iniziata così la mia mattinata di sabato. Ancora rintontito, sveglio da appena un’ora, mentre guardavo in pigiama pigramente film di supereroi.
Mi hanno chiamato a fare il voltapagine.
Ancora.
Senza prove.
Su Rachmaninov.
Ho già descritto il ruolo del voltapagine come complesso, delicato e sottovalutato. Sabato mi sono trovato a fare da voltapagine ad Alessandro Mazzamuto, giovane pianista non molto distintosi nello scorso Busoni, ma che ha ottenuto da Martha Argerich (per ragioni che solo nella mente della grande pianista sono chiare) il premio Lodovici, che consisteva nell’incisione di un cd, il cui vincitore veniva scelto dalla presidentessa di giuria. Il programma portato a Bolzano consisteva nelle Variazioni su un tema di Corelli (ancora?) e la seconda sonata di Rachmaninov. Certamente inusuale dover voltare le pagine ad un programma del genere, solitamente eseguito a memoria. Non posso dare un’opinione completa sul concerto, dopo tutto sul palchetto del Palazzo Mercantile ero in ansia quasi quanto il pianista, tuttavia mi ha sorpreso positivamente. Certamente confrontarsi con l’esecuzione di Lifits due settimane fa non ha fatto bene, ma nel programma del pianista uzbeko le variazioni non erano il punto forte, dunque ci poteva ancora stare.
Strana la decisione di suonare non a memoria, ma il suono era sicuro, sebbene non mancassero i colpi sgradevoli e i forti pestati. La cosa più emozionante del concerto tuttavia è stata senza dubbio dover voltare le pagine a due brani non conosciuti alla perfezione senza aver fatto alcuna prova e dovendo correre sotto la pioggia per arrivare al concerto in neanche 4 minuti, o il concerto non cominciava.
Un’esperienza che non so decidermi se rifarei o meno. Se non altro è stato inusuale.

Il pianista di quella sera invece ha riscosso tutto un altro successo. Sto parlando di Daniil Trifonov, il ’91 vincitore del Tchaikovsky, del Rubinstein e terzo posto allo Chopin. Dopo una prima metà di concerto, a mio avviso, davvero deludente (ci si aspetta qualcosa di spettacolare da un pianista di tale successo!), dopo l’intervallo mi ha sorpreso deliziosamente. Il programma della seconda metà infatti prevedeva la barcarola di Chopin (sostituita all’ultimo da Debussy) e i 12 studi dell’op.25. Un concerto tostissimo e enormemente stancante, che tuttavia ha premiato il giovane musicista. Con Debussy (saggia scelta!) e Chopin ha fatto sentire la sua straordinaria capacità di dominare i colori, soprattutto nel piano e nel pianissimo. Se i forti stridono e sono spesso troppo violenti (anche se sulla trascrizioni da “L’uccello di fuoco” di Stravinsky ci può anche stare pestare un po’!), nei colori tenui e delicati il pianista dimostrava tutto il suo talento. Un concerto con alti e bassi, in cui però gli alti superano nettamente i bassi e ci presentano un musicista che si avvicina sempre più alla maturità. Ancora penso che ha solo due anni in più di me e non riesco a crederci. Sentiremo molto parlare di Trifonov, costretto dal pubblico a ben quattro bis, di cui l’ultimo abbastanza palesemente fuori programma e chiamato a furor di popolo.

La sera successiva invece è stata la volta di Beatrice Rana. La giovane pianista italiana, vincitrice del primo premio al concorso di Montreal, si è cimentata con un programma composta da una sonata di Clementi, la seconda sonata di Skrjabin, i 24 preludi dell’op.28 di Chopin e, in omaggio al pianista e compositore vissuto per diversi anni a Siusi allo Sciliar, tre pezzi per pianoforte op.33 di Friedman. Sul grandissimo pianista e meno noto compositore era stata tenuta, proprio a villa Friedman, una presentazione riservata a soli invitati. Oltre alla biografia e alle testimonianze di grandi nomi della musica sono stati presentati diversi brani di Friedman, eseguiti dal relatore, mentre un’allegra coppia di scoiattoli distraeva i presenti rincorrendosi sul terrazzo fuori dalla finestra e guardando dentro. Non si poteva non notarli.
Tornando alla Rana (suona terribilmente male…), il suo concerto è stato influenzato negativamente da un’acustica non ottima e soprattutto da un pianoforte con un suono piuttosto sgradevole, su cui la giovanissima (questa volta non posso nemmeno dire che è più vecchia, ha esattamente la mia età, 19 anni!) pianista si è cimentata con grande maestria. Il suo suono era solido e potente senza risultare sgradevole, peccando piuttosto proprio nei colori e nei pianissimi. Insomma un po’ l’opposto di Trifonov.

Ma lamentarsi di pianisti di così giovane età solo perché il loro suono non è perfetto non ha il minimo senso. La maturità musicale può essere raggiunta ad ogni età, diversi pianisti di fama sconfinata, tanto per citarne uno Arthur Rubinstein, hanno ottenuto il successo e la maturità artistica solo in un’età più avanzata, non da giovanissimi. In due giorni, una raffica di concerti ci ha presentato tre pianisti che si preparano a prendere il posto di chi se ne andrà. Giovani voci, interpretazioni più classiche e scolastiche o al contrario più audaci e inusitate, ognuno con le sue peculiarità e le sue carte vincenti.
Da veri amanti della musica riescono a portare un senso di freschezza in ciò che suonano, un entusiasmo che è tipico proprio dei giovani. Mai ignorare le giovani leve. Non sono solo pianisti che domani saranno i “grandi vecchi”, sono pianisti che già adesso sono i “grandi giovani”. Non esiste una maniera giusta di suonare, esistono solo interpretazioni. L’impeto e l’entusiasmo di un ragazzo, anche se debordanti, non vanno criticati perché confrontati con il controllo e l’esperienza di un essere umano maturo.
Sicuramente il loro stile si evolverà e continueranno a migliorare, ma più che non migliorare penso che si possa parlare di una normale evoluzione, che cambia i punti di vista.
E in questo momento ho la vaga impressione di star parlando esattamente come un vecchietto che riguarda al passato e grida “Avanti i giovani!” pur senza farne più parte.
Probabilmente sono nato vecchio.

Avanti i giovani!

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