Contemporary Culture in the Alps
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Photography ,Mountains,Visual Arts

Vertigine e disorientamento: le Alpi di Alinari

Una polifonia di sguardi del paesaggio umano

22.12.2025
Silvia M. C. Senette

Fratelli Alinari, le Grigne meridionali avvolte dalla nebbia © Archivi Alinari, Firenze

C’è un momento in cui la montagna smette di essere un ostacolo geologico o un fondale estetico per diventare un "luogo". Accade quando l’occhio umano, mediato dalla lente di una macchina fotografica, decide di abitarla non solo con i piedi ma con il pensiero. Inaugurata negli spazi di archeologia industriale delle Gallerie di Trento in occasione della Giornata Internazionale della Montagna, la mostra "Immaginario alpino. Escursioni fotografiche negli Archivi Alinari" non presenta al visitatore la classica parata di cime innevate, ma un’indagine profonda su come abbiamo costruito, strato dopo strato, il nostro modo di vedere le terre alte.

Il contesto è già di per sé un messaggio: due tunnel autostradali, un tempo arterie di traffico e rumore, oggi trasformati in cattedrali del silenzio e della memoria dalla Fondazione Museo storico del Trentino. Qui il bianco e il nero delle gallerie diventano la cornice perfetta per accogliere un centinaio immagini provenienti dal più antico archivio fotografico al mondo: quello fiorentino della Fondazione Alinari.

© Archivi Alinari, Firenze

Il percorso, curato da Muriel Prandato, si apre con l’omaggio ai fratelli Alinari. Siamo nella seconda metà dell'Ottocento: fotografare le Alpi non era un vezzo da escursionisti, ma un’impresa titanica. Lastre di vetro, emulsioni delicate, cavalletti pesanti trascinati tra le rocce. Le immagini di quel periodo, come le cime delle Grigne avvolte dalla nebbia immortalate prima del 1899, restituiscono un’idea di montagna come confine dell'ignoto; un paesaggio dove l'uomo entrava in punta di piedi, consapevole della propria fragilità. Quella in mostra è una fotografia che documenta la fatica: quella del fotografo-artigiano e quella dell’alpinista-eroe, due figure che nell'Ottocento condividevano la stessa ostinazione nel voler "catturare" l'ineffabile. Uno spazio alpino in cui passato e presente si confondono, terre alte e fondovalle si mescolano in sguardi e pratiche, stereotipi e frammenti di realtà.

Studio Villani, Escursionista ammira il gruppo montuoso del Cristallo © Archivi Alinari, Firenze

Una delle sorprese più intense dell’esposizione è la sezione dedicata alle "Alpi a colori". Molto prima della rivoluzione digitale, la necessità di restituire l'azzurro dei ghiacciai o il rosso dei tramonti dolomitici trovava sfogo nelle diapositive colorate a mano di Giorgio Roster o nelle sofisticate autocromie di Henrie Chouanard. Qui la realtà subisce una trasfigurazione poetica; il lago di Braies ritratto nel 1895, con le sue tinte soffuse, appare come un sogno lucido, un frammento di tempo che sembra rifiutare la polvere dei decenni.

Il Lago di Braies © Archivi Alinari, Firenze

La sezione "Visioni plurali" rompe la linearità autorale per mettere a confronto sguardi eterogenei. Troviamo Fosco Maraini, Vittorio Sella e, in un cortocircuito storico affascinante, persino le inquadrature di Re Vittorio Emanuele III. È in questo spazio che la mostra abbandona la cronologia per farsi antropologia: si vedono i transiti, i volti della resistenza contadina, le pratiche quotidiane che trasformano una pendenza in un pascolo.

Non mancano gli stereotipi - come l'escursionista solitario che ammira il massiccio del Cristallo in una stampa degli anni Sessanta dello Studio Villani - ma sono presentati come parte integrante del nostro "immaginario": quegli occhiali culturali con cui, ancora oggi, guardiamo alle vette in vista delle Olimpiadi Milano-Cortina 2026, nel cui programma culturale la mostra è inserita.

L'allestimento della mostra © Busacca Produzioni Video
L'allestimento della mostra © Busacca Produzioni Video

Il finale del percorso regala un cambio di prospettiva radicale. Le gigantografie del Fondo Sacco propongono panorami "informi", riprese dall'alto che privano la montagna del suo orizzonte rassicurante. Sono immagini che disorientano, dove la roccia diventa texture astratta e il paesaggio perde il contesto geografico per farsi pura materia visiva.

Accompagnata dai testi di Enrico Camanni, la mostra alle Gallerie, visitabile fino al 31 maggio 2026, ci ricorda che le Alpi sono una costruzione collettiva. Come sottolineato da Giorgio van Straten e Giuseppe Ferrandi, l'incontro tra l'archivio fiorentino e il territorio trentino è "un atto necessario per ricostruire l'identità di un Paese che ha sempre guardato in su per capire chi fosse". Tra terre alte e fondovalle, questo "Immaginario alpino" invita a un'ultima escursione, quella dentro lo sguardo dello spettatore, per scoprire che la montagna, più che una vetta da scalare, è una memoria da abitare.

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