Cosa possiamo fare prima, durante e dopo i Giochi Olimpici

Vari cantieri sul versante di arrivo del nuovo impianto Apollonio-Socrepes. Fuori inquadratura a destra si è aperto uno squarcio nel terreno. Cortina, 2025. © Beatrice Citterio
Qualche settimana fa, a meno di 100 giorni dai Giochi Olimpici Invernali Milano Cortina 2026, è uscito Giochi Preziosi 2, la fanzine autoprodotta che pubblico dall’anno scorso verso fine ottobre e che raccoglie le foto e i contesti a cui mi sono maggiormente affezionata durante l’anno, sempre – ma non solo – nell’ambito della mia ricerca sui giochi olimpici e su tutto ciò che li interseca. Quest’anno in particolare ho voluto dare voce a tre realtà: al Comitato per la Tutela dell’Alute per Bormio, in alta Valtellina; a Roberta De Zanna di Cortina Bene Comune per l’area di Cortina; e al collettivo Perestroijka per la bassa Valtellina, un collettivo di giovani con domicilio sparso intorno alla provincia di Sondrio. Tutti e tre gli interventi, alcuni scritti ad hoc, altri ripresi da testi preesistenti, hanno secondo me una cosa in comune: da una parte una diagnosi precisa della situazione critica ambientale, economica e sociale delle località interessate – oramai avviata; dall’altra la formulazione di due domande altrettanto puntuali: andando avanti così, dove vogliamo andare? E soprattutto: è troppo tardi?

Ora, sebbene dire “è troppo tardi” si applica fin troppo bene alla produzione di territorio pre-giochi (sì, è troppo tardi, e le conseguenze saranno irreversibili), mi sembra distruttivo e poco stimolante come pensiero se rivolto a un futuro che continuerà ben oltre il 2026. Per questo e per le numerose persone che me lo chiedono ho deciso di scrivere un articolo in cui non si parla tanto delle drammatiche ripercussioni dell’evento sul territorio ma delle possibilità di arginamento del problema – e no, non sto parlando di alternative riguardanti l’economia verticale di città e valli insieme. Senza infatti addentrarmi in un’analisi economica e istituzionale complessa, perché non è la mia formazione, mi permetto di contestualizzare ciò che ancora si può fare, o meglio ciò che si può fare a partire dell’osservazione di questi giochi olimpici e delle dinamiche di potere facilmente individuabili, tenendo ben presente come girano le cose nel mondo moderno e quindi senza (spero) cadere in qualsivoglia ingenuità.



A parte quindi gli scheletri delle opere erette per Torino 2006 e la follia artificiale degli impianti di Soči, ci sono arrivate ben poche informazioni. Ora è il nostro turno e forse è il momento di comunicare al mondo ciò che è stato fatto, come è stato fatto, ed evitare che queste tematiche finiscano nella solita bolla del dimenticatoio in attesa della prossima candidatura (che comunque a quanto pare quasi tutte le città cercano di evitare). Osservare ciò che succede, capire chi decide, chi beneficia e chi resta ai margini, è il primo passo per immaginare un futuro diverso. Questo è anche il motivo per cui il progetto fotografico ed editoriale Giochi Preziosi avrà un terzo numero e probabilmente anche un quarto, che guardi e racconti la parte più ingombrante: ovvero ciò che succede dopo giochi osannati come ‘portatori di Legacy’. Sia che siate abitanti di uno dei territori olimpici, sia che siate magari vicini, penso che sarà molto utile, necessario e importante continuare a monitorare l’utilizzo delle opere, dei fondi e delle risorse genericamente chiamate. Non si tratta in questo caso di essere pro giochi o contro i giochi, significa solamente essere abitanti attivi, responsabili, attenti a come le risorse vengono distribuite, e attenti al mantenimento delle promesse dell’amministrazione.

In questo contesto – soprattutto quando l’amministrazione agisce con poca trasparenza – risulta di vitale importanza che gli abitanti di ogni territorio siano a conoscenza dei propri diritti e delle proprie possibilità, non ultimo il fatto di avere il diritto di richiedere alle proprie amministrazioni dati relativi alle opere pubbliche o agli appalti pubblici che incidono sul proprio territorio. In Italia questo diritto è tutelato anche dal FOIA (Freedom of Information Act), ovvero l’accesso civico generalizzato previsto dal D.lgs. 33/2013, che permette a chiunque di ottenere informazioni detenute dalla Pubblica Amministrazione senza necessità di motivare la richiesta. Esempio pratico: sul sito di The Good Lobby si trovano moduli e istruzioni per richiedere dati su appalti, opere e spese pubbliche. Stessa cosa sul sito di Open Polis.
Sempre legato a questo, ma anche a ciò che dirò dopo, mi sembra utile invitare chi legge a dare un occhio al mio sondaggio “Montagne in Relazione: Percezioni e immaginari tra urbano e montano”, in cui si indaga una serie di questioni relative alle Olimpiadi e alla percezione della montagna, sia da parte di chi ci abita sia da parte di chi la vive come turista, inclusa una domanda sulla conoscenza o meno dei diritti civici di accesso alle informazioni della pubblica amministrazione. Il sondaggio è volto sia all’esplorazione e alla raccolta dati sia proattivamente alla raccolta di contatti in caso in cui si presentasse l’occasione di discutere insieme di queste tematiche in futuro, soprattutto dopo i giochi.
Su questo vorrei fare una postilla inerente al “cosa posso fare adesso” che mi sento spesso chiedere agli eventi di discussione o presentazione di Giochi Preziosi e altri lavori di terzi. Ad oggi le informazioni che abbiamo – data la scarsa copertura delle testate giornalistiche nazionali principali – arrivano da piattaforme di inchiesta e/o giornalismo indipendente o autonomo, tra cui LaViaLibera, Report, Altreconomia, e molte testate più piccole a carattere locale. Nell’impossibilità di adoperarsi in altro modo, e secondo le proprie possibilità, penso sia sempre una buona cosa finanziare chi fa contro-informazione, così da garantirne l’attività futura oltre i giochi.
Arriviamo poi alla parte meno pragmatica, ma più di contesto: la realtà davanti alla quale le Olimpiadi hanno posto qualsiasi territorio attraversato, soprattutto rispetto alle questioni turistiche, abitative ed ambientali, sarà sì da misurare ma anche da mettere in discussione. Perché è evidente che una crescita verticale basata su un modello di turismo fondato sulla neve e sul profitto di pochi è oggettivamente destinata a tramontare, sia socialmente che climaticamente. Nasce quindi la possibilità, innescata “in negativo” dalla modalità di realizzazione dei Giochi Olimpici Invernali, di maturare discussioni e confronti che mettano in crisi questo modello, coinvolgendo non solo le solite associazioni e i singoli già impegnati in tematiche sociali, ambientali e culturali, ma anche chi magari di queste cose non discute spesso, o non ha mai discusso, ma ha visto con i propri occhi le criticità – anche minime – delle Olimpiadi e si è fattə qualche domanda.

La parte finale del sondaggio si basa proprio su questo: al netto delle cose che lecitamente sappiamo e non sappiamo, che cosa vorremmo conoscere di più? Come possiamo organizzarci in gruppi di discussione che evochino un futuro differente e discutano di come raggiungerlo? Non dico che sia un processo facile, sia mai! Sarà un processo molto lungo, difficile, diverso da territorio a territorio, ma ad un certo punto obbligato. Nel frattempo quando attraversiamo un luogo da abitanti o da turisti (ovvero abitanti temporanei) iniziamo a farci domande e a collocare quel territorio in un contesto socio-culturale specifico e come risultato di una gerarchia decisionale più o meno complessa.