Contemporary Culture in the Alps
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Leggendarco alpino

11° Luna Piena dell’Anno

La Luna del Castoro e la Rosa che dorme nella roccia

05.11.2025
Stefania Santoni

L'Eiger vu de Murren. Suisse. by William England

È la notte della Luna del Castoro.
La sua luce piena scivola come un velo d’argento sui boschi che si preparano al sonno. L’aria profuma di legna, di terra umida e di foglie ormai adagiate sul suolo, come pagine chiuse di un libro antico. Tutto si raccoglie: il fiume rallenta, il vento tace, gli animali cercano rifugio. È tempo di riposo, sorella d’anima. Tempo di fare silenzio, di tornare alla tana, al cuore.

Cammini ancora una volta verso le montagne, verso quel Catinaccio che conosci come si conosce un sogno ripetuto. Le cime si ergono sotto la luna, pallide e immote, come se stessero respirando in un ritmo profondo e segreto.
Non si tingono più di rosa, stanotte. Il roseto di Laurino dorme.

Ma non è morte, questa quiete. È trasformazione.
Le rose si sono ritirate nel ventre della montagna dove il freddo non può ferirle. I petali si sono fatti pietra, le spine radici, i profumi si sono dissolti nell’aria sottile. La rosa ha imparato la lingua della roccia: tace, ma custodisce. Attende, ma non dimentica.

Tu ti siedi, sorella, su un masso levigato. La luna ti osserva dall’alto, bianca e colma, come un occhio d’acqua. Pensi a Laurino, il re nano, che maledisse il suo giardino perché nessuno lo potesse più vedere. Ma forse non fu una maledizione, forse fu un dono: quello di imparare a vedere con gli occhi interiori, là dove le rose non appassiscono mai.

Chiudi gli occhi. Ascolta.
Sotto la superficie della pietra qualcosa pulsa. È un ritmo lento, antico. È la vita che riposa, che si raccoglie come il respiro prima di un sogno. È la montagna che dorme, ma non smette di custodire la memoria dei suoi fiori.
E tu, che sei parte di questo respiro, senti la tua anima farsi roccia, farsi muschio, farsi silenzio.

La Luna del Castoro ti invita a fermarti.
Non serve correre né cercare.
È la luna della costruzione paziente, del nido che accoglie, del fiume che si prepara al ghiaccio, del corpo che reclama la lentezza.
È la luna delle donne che si siedono accanto al fuoco e imparano a dire di no al rumore del mondo.

Così nasce il rituale di questa notte.
Prendi una piccola pietra e una foglia secca. Tienile insieme nel palmo della mano.
La pietra è la rosa che dorme. La foglia è il tempo che passa.
Solleva la mano verso la luna e sussurra piano, come chi non vuole rompere un incanto:

“Dormo, ma non dimentico.
Riposo, ma non mi spengo.
Nel silenzio germina la rosa,
nella pietra respira la luce”.

Lascia che la foglia voli via, come un pensiero che si scioglie, e tieni la pietra con te. Sarà il tuo talismano d’inverno, la memoria del giardino invisibile che vive dentro la montagna e dentro di te.

Ora rimani ferma, sorella. Respira.
Immagina le radici che si intrecciano sotto i tuoi piedi, la neve che verrà, la luna che si riflette sulle cime addormentate. Tutto è lento, tutto è necessario. La montagna sa aspettare, e tu con lei.

E mentre la Luna del Castoro brilla alta, capisci che il vero incantesimo del roseto non era la sua scomparsa, ma la sua metamorfosi. La rosa che si fa roccia non muore: diventa eterna.

Chiudi gli occhi.
Nel silenzio del tuo cuore, una voce sussurra:

“Ogni fiore dorme,
ogni sogno riposa,
ogni cosa amata
trova rifugio nella pietra”.

Rimani in ascolto.
È il canto della montagna che ti accompagna verso l’inverno,
dolce come una ninna nanna,
antico come la luna.

 

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leggende, luna piena, Luna del Castoro, alpi
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