Il fotografo Olivo Barbieri inaugura il progetto "Elementi": un'ode all'acqua che supera i confini
Iguazu, Argentina/Brasil 2007 © Olivo Barbieri
Iguazu, Argentina/Brasil 2007 © Olivo Barbieri
La montagna si fa laguna e un'idea di mondo lontano si specchia nelle acque del Brenta. A realizzare questa magia è la fotografia: quella d’autore, colta e profonda di Olivo Barbieri. Sabato scorso, con la sua mostra “4 Waterfalls”, il fotografo di fama internazionale ha inaugurato il primo capitolo del progetto triennale “Elementi” di Arte Sella; un percorso che, per la prima volta, unisce il parco artistico con il tessuto urbano di Borgo Valsugana. Il racconto visivo si snoda tra il centro storico medievale e il sentiero che porta a Malga Costa con undici scatti monumentali che portano in Trentino la forza, e al tempo stesso la fragilità, delle più grandi cascate del pianeta. Il curatore e storico della fotografia Walter Guadagnini definisce il lavoro di Barbieri "un viaggio sui confini naturali che divengono confini politici, ma anche sui confini della rappresentazione, sui limiti del vedere". A raccontare il suo sguardo è ora lo stesso Barbieri.
C’è un legame indissolubile tra Arte Sella e la natura. Come si sposa la fotografia, mezzo che ferma l’istante, con la filosofia di un luogo in perenne divenire?
L’idea alla base di questo progetto di arte pubblica è creare una connessione tra il Parco di Arte Sella e la cittadina di Borgo Valsugana: hanno voluto un progetto che avesse a che fare con i luoghi naturali, e questo mi ha stimolato. Per anni ho fotografato, dall'alto di un elicottero, oltre settanta metropoli e megalopoli, perciò mi veniva spesso chiesto perché non mi occupassi mai della natura. "4 Waterfalls" è stata la mia risposta. È un’operazione che si inserisce nel solco di Arte Sella, che ha sempre avuto a che fare con l’installazione e la scultura. La fotografia, in questo caso, assume una dimensione scultorea: le cascate, questa esplosione d’acqua che diventa vapore e prende forma, diventano quasi delle sculture che ho cercato di visualizzare, di rendere visibili come materia.
Le opere ritraggono le più grandi cascate del pianeta in quattro continenti. Che cosa la affascina di questi luoghi così potenti e maestosi?
Ho voluto raccontare queste quattro cascate che sono in continenti e su confini diversi. C’è qualcosa di profondamente simbolico nel loro essere luoghi di confine, come spesso succede con i fiumi. Ho fotografato le Cascate del Niagara tra Stati Uniti e Canada, le Victoria Falls tra Zambia e Zimbabwe, che per me sono probabilmente le cascate più belle del mondo. Poi le Iguazu in Sud America e le Khone Papeng sul Mekong, tra Laos e Cambogia, che sono le più estese. Nelle culture antiche le cascate erano spesso considerate luoghi in cui la vita sulla Terra ha avuto inizio; c'è anche questo forte ritratto simbolico che mi interessa.
Lei ha scelto un punto di vista insolito, dall'alto. E nelle sue immagini si vedono anche le tracce dell'uomo: ponti, turisti, insediamenti. Perché questa scelta?
Tutte le immagini sono state riprese da un elicottero. Il punto di vista non è quello consueto, è un modo per superare la barriera e vedere di più, e soprattutto diversamente. Attraverso il mio progetto artistico, il messaggio che voglio trasmettere è uno: stupirsi per quello che ci troviamo davanti, la caratteristica visiva degli oggetti rappresentati. L’altro monito è non farsi tradire da questa bellezza che sottende una serie di problematicità. Non ho voluto omettere la presenza umana. Questi luoghi sono meravigliosi, ma ormai hanno due caratteristiche: oltre a essere luoghi di confine, sono diventati parchi tematici, preservati soprattutto grazie al turismo. Nelle mie immagini si vedono chiaramente. Non rinuncio a far vedere quello che il mondo è oggi, nel bene e nel male, muovendomi su quel sottile confine tra presa d'atto e pregiudizio, tra realtà e finzione, tra natura e artificio.
Il progetto “Elementi” abbraccia il Brenta. In che modo queste grandi cascate dialogano con il fiume che attraversa Borgo Valsugana?
Il progetto ha come obiettivo proprio quello di far dialogare le grandi cascate con l'asse fluviale che accompagna l'osservatore lungo tutto il percorso espositivo. È un'ideale riconciliazione. Le mie fotografie portano a Borgo l'immagine dell'acqua nella sua forza più prorompente e universale, quella del movimento continuo che rappresenta il tempo nella sua tridimensionalità. È come unire visivamente i due estremi di uno stesso elemento: la calma che scorre nel fiume e l'esplosione di energia delle cascate.
Cosa spera che il visitatore, immerso in un contesto già così introspettivo e in contatto con la natura, possa cogliere nelle sue opere?
Spero che i visitatori si stupiscano per la bellezza di ciò che vedono, ma che si rendano anche conto che questi luoghi sono sì meravigliosi, ma non sono eterni. Il tema dell’acqua è cruciale e le mie immagini sono lì per ricordarlo. Voglio che le persone colgano la necessità universale di custodire e preservare un bene così prezioso. Non è solo un'esperienza estetica, ma un invito a riflettere.