Contemporary Culture in the Alps
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Leggendarco alpino

Enrosadira o delle rose che non muoiono mai

23.09.2025
Stefania Santoni

© Adolphe Braun

Stai camminando lungo i sentieri del Catinaccio. L’aria è fresca e profumata di resina e di terra umida, e ogni passo sembra accendere i tuoi sensi. I venti portano voci antiche tra le rocce, e tu senti quasi un sussurro tra i rami spogli e i massi immoti. Poi il sole comincia a scivolare, lento, verso l’orizzonte. E allora accade. Le montagne cambiano volto: la pietra si incendia di rosa e di rosso, le sfumature si mescolano come petali sospesi nel cielo. L’enrosadira ti avvolge e tu non sei più solo un’osservatrice. Sei dentro un giardino che fiorisce di luce, dentro una leggenda che respira tra le rocce.

Molto tempo fa, in queste stesse valli, viveva il re dei nani: il suo nome Laurino. Non era grande di statura, ma possedeva un cuore e un ingegno smisurati. Il suo popolo scavava le viscere delle montagne cercando cristalli, argento e oro, e il re stesso possedeva doni straordinari: una cintura che gli dava la forza di dodici uomini e una cappa che lo rendeva invisibile. Ma il tesoro più prezioso di Laurino non era nascosto tra le pietre o tra le miniere. Era un giardino.

Un roseto immenso, vasto come un mare di fiori tra le rocce, che non conosceva stagioni. Le rose vi fiorivano in ogni tempo, delicate e forti, rosa come la luce dell’alba e rosse come il fuoco del tramonto. Petali vellutati che si piegavano al vento alpino, che sembravano respirare insieme alla montagna. I cespugli più fitti custodivano segreti e memorie, e il profumo dolce dei fiori riempiva ogni grotta e ogni angolo nascosto. Tu lo puoi quasi sentire quell’odore, avvolgente, come un canto lontano, e immaginare il cuore del re che batte tra i petali, silenzioso e appassionato.

La vita del giardino era quieta e immutabile fino a quando il destino decise di giocare con Laurino. Il re dell’Adige organizzò un grande torneo per celebrare le nozze della principessa Similde, promessa a un giovane cavaliere di alto rango. Tutti i nobili furono invitati, tranne uno: Laurino. Ma il re dei nani non poteva sopportare l’esclusione. Indossò la sua cappa magica e si presentò tra gli ospiti invisibile.

Fu allora che la vide: Similde. La sua bellezza era tale da fermare il respiro e Laurino ne fu colpito in modo irrevocabile. L’amore esplose in lui come un incendio segreto. In un impeto di desiderio e di passione, la rapì e la condusse nel suo regno nascosto, tra le montagne e le grotte, dove le rose continuavano a fiorire, ignare di quanto accadeva nel mondo degli uomini.

Ma il mondo non dimentica facilmente. Hartwig, il promesso sposo di Similde, chiese aiuto al re dei Goti. Con cavalieri valorosi e corpi possenti salì al Catinaccio, pronto a sfidare il re invisibile. Laurino, con la cintura magica stretta in vita, affrontò i guerrieri con la forza di dodici uomini insieme, ma presto si rese conto che non sarebbe bastata. Stremato e quasi sconfitto, indossò la cappa e saltellò tra i cespugli del suo roseto, convinto che le rose lo avrebbero celato.

Eppure furono proprio le rose a tradirlo. I cavalieri notarono il movimento dei fiori, la danza delle corolle sotto cui Laurino cercava di nascondersi. Lo afferrarono, gli strapparono la cintura e lo imprigionarono, privandolo della sua forza e della sua libertà.

Laurino, furioso e sconsolato, si voltò verso il suo giardino, il Rosengarten, che ora gli appariva traditore e crudele. In un gesto di rabbia e malinconia, pronunciò la maledizione: nessun occhio umano, né di giorno né di notte, avrebbe più potuto ammirare le sue rose. E così il giardino scomparve, avvolto nell’invisibilità, lasciando solo il silenzio e l’eco dei fiori che non potevano più essere visti.

Ma Laurino aveva dimenticato il tramonto. E così ogni giorno e ogni sera, le montagne rifioriscono di rosa e di rosso. I petali invisibili si trasformano in luce e incendiano le cime, ricordando a chi osserva che il giardino non è morto. Ogni cresta, ogni valle, ogni roccia racconta la passione, l’amore e la malinconia del re dei nani. L’enrosadira è il suo canto silenzioso, la sua presenza eterna, la prova che ciò che ami davvero non può essere cancellato.

Tu resti lì, a osservare il miracolo della luce sulle montagne, e senti il battito del giardino invisibile. Le rose non hanno più profumo né forma concreta, eppure la loro anima è viva. Ogni colore è un petalo, ogni sfumatura un respiro del re Laurino. E tu comprendi che, anche se non puoi toccarle, puoi sentirle, guardarle e custodirle nel cuore.

Ogni tramonto, ogni alba, le Dolomiti fioriscono per te. Le rose invisibili ti accompagnano lungo i sentieri, tra le rocce, nei silenzi e nei sospiri del vento. E così, nella magia del crepuscolo, tu entri nella leggenda, diventando testimone di un giardino che vive per sempre, nascosto agli occhi ma non all’anima.

 

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Rosengarten, enrosadira, roseto, leggenda di re laurino
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