Un festival per un'altra montagna

Dal 12 al 15 giugno a Rovereto, torna il festival di L’AltraMontagna. Intervista a Marco Albino Ferrari

11.06.2025
Un festival per un'altra montagna

© Andrea Bettega

Una montagna viva, vissuta, che esiste anche “fuori stagione”, una montagna che non si misura in dislivelli o prestazioni, ma in storie e gesti quotidiani. Dal 12 al 15 giugno, a Rovereto, torna il Festival Altramontagna, ideato dalla redazione dell’omonimo quotidiano online, per dialogare sulla complessità delle terre alte con uno sguardo profondo e consapevole. In cartellone quattro giorni di talk, spettacoli, escursioni, cinema, musica e incontri con alpinisti, scrittori, artisti e attivisti per guardare la montagna oltre un tipo di narrazione condizionata da stereotipi.

About the authorAgata BosettiHo sempre amato i libri anche prima di imparare a leggere. Ancora oggi mi piace coltivare la creatività [...] More
Il programma intreccia linguaggi, competenze e sensibilità diverse. Giovedì 12 giugno, alle 21, al Teatro Melotti, il Festival inizierà con Il Canto del Principe, monologo di Marco Albino Ferrari dedicato a quello che era l'abete bianco più alto d'Europa l'Avez del Prinzep accompagnato dal quartetto d’archi Anima. Il Festival prosegue venerdì 13 con tre talk “Come l’arte influenza il nostro sguardo sulle vette”, insieme all’artista Silvio Lacasella, alla scrittrice Isabella Panfido e all’illustratore Andrea Bettega. “Abbiamo bisogno di nuovi impianti oppure nuove formule turistiche?” con l’attivista Tommaso Bonazza, Albert Ballardini di Trentino Sviluppo, il presidente della Sat Cristian Ferrari e Maurizio Rossini di Trentino Marketing. “Oltre l’alpinismo” con Tamara Lunger e Pietro Lacasella. La sera gli eventi proseguono con tre docufilm, la prima assoluta di “Skibeach. Sguardi sulla pista da sci di Jesolo” di Michele Trentini, Marco Toffanin e degli studenti del corso Landscape Videomaking, “Alpinestate. Human nature” di Michele Trentini e “Piante al limite: come i cambiamenti climatici stanno ridefinendo i confini della vita vegetale” con il biologo Alessio Bertolli. Dopo le proiezioni ci sarà la possibilità di partecipare alla visita guidata all’Osservatorio Astronomico sul Monte Zugna. Sabato 14 il geografo Mauro Varotto, lo scrittore Marco Albino Ferrari e l’editore di People Stefano Catone presenteranno la nuova collana di libri de L’AltraMontagna con la pubblicazione “La montagna, con altri occhi”. A seguire durante tutta la giornata talks e incontri spazieranno dall’utilizzo del legno in architettura con Antonio De Rossi, alla presenza dei grandi carnivori, il futuro dello sci e la presentazione del romanzo “Stagioni Fragili” dello storico Luca Trevisan. Il monologo “La Resistenza è giovane” dello scrittore ed ex parlamentare Giuseppe Civati e la proiezione del film “Il vento fa il suo giro” con un intervento dell’attore protagonista Thierry Toscan. Domenica 15 il Festival ci porterà sul Monte Baldo con un’escursione guidata e la presentazione dell’ultimo libro di Pietro Lacasella “Liberi di sbagliare. Un’estate sulle montagne del giovane Primo Levi.”.

Quattro giorni per scoprire una montagna altra, non quella da cartolina dove è relegata a sfondo idilliaco per le vacanze invernali o estive, non quella che parla di imprese epiche alla conquista della cima, ma un luogo vero, un ecosistema complesso, un patrimonio culturale da preservare, una casa per una comunità che vive ancora quassù. Ne ho parlato con Marco Albino Ferrari, giornalista, scrittore, consigliere editoriale di L’ AltraMontagna e una delle voci più autorevoli della cultura di montagna.

Marco Albino Ferrari © Michele Lotti

Il festival dell’Altramontagna inizia proprio con un suo monologo sul “Canto del principe”. Può parlare di questo progetto, come è nato il desiderio di raccontare questa storia?
Il “Canto del Principe” nasce da una storia vera che sembra una favola. Questa storia inizia il 13 novembre 2017 quando il forte vento che quella notte imperversava su l’Altopiano di  Lavarone ha fatto schiantare l’Avez del Prinzep, il Principe, l’abete bianco più alto d’Europa. Era un albero antico che aveva più di 250 anni e questa perdita ha lasciato un segno profondo nella popolazione locale che era molto legata a questo albero, era motivo di pellegrinaggio da parte di curiosi e botanici ed era anche un simbolo dell’altopiano. E così, con quel fusto a terra è iniziata un’azione collettiva per decidere cosa fare del legno del Principe, un legno prezioso. Il dibattito è proseguito tutto l’inverno finché è arrivato un musicista, un direttore d’orchestra, che ha suggerito che si sarebbe potuto creare un quartetto d’archi, due violini, una viola un violoncello e ricreare una musica che si suonava nel ‘700 quando il Principe era appena nato. Oggi suoniamo strumenti musicali che hanno 200 anni, quindi anche questi archi potranno essere suonati per altri due secoli e forse di più.

Che ruolo hanno gli alberi nella nostra società? O che ruolo dovrebbero avere?
Gli alberi, il bosco ha diverse funzioni, innanzitutto svolge quelli che vengono chiamati servizi ecosistemici cioè forniscono aria pura, filtrano l’acqua, preservano dal pericolo di frane e valanghe, le loro radici permettono alle montagne di esistere. Inoltre forniscono anche il legno, una delle materie più preziose che abbiamo, la più ecosostenibile che potrebbe essere a chilometro zero, certo non bisogna sfruttare le foreste facendo i tagli a raso come si usava un tempo, ma dobbiamo creare una selvicoltura che preservi la foresta con prelievi di legno sempre minori alla crescita annuale degli alberi per preservare il capitale complessivo della foresta. Il legno è la materia prima che preferiamo a tutte le altre se ci pensiamo, noi preferiamo mangiare a un tavolo di legno non di plastica, vogliamo camminare su un pavimento di legno non su qualche derivato del petrolio. Nonostante l’opinione di alcuni ambientalisti sul fatto che gli alberi non vadano tagliati,  da un secolo a questa parte abbiamo assistito al raddoppio della superficie boschiva quindi auspico che ci sia una cura, una gestione del bosco e che non si vada incontro all’abbandono.

Durante il Festival verrà anche presentato “La montagna con altri occhi” come è nata l’idea per questo libro? Come avete scelto le riflessioni da approfondire?
Questo libro è il primo di una collana che si prefigge di costruire uno scaffale ideale sui grandi temi della montagna, piccole monografie su singoli temi scritti da esperti del settore con l’intento di fare divulgazione scientifica rigorosa, ma anche molto leggibile e godibile. I prossimi titoli saranno dedicati a foreste, ghiacciai, alla vita in montagna e ai selvatici e molto altro. Il primo titolo di questa serie è scritto a più mani ed è firmato dal collettivo di L’ Altra Montagna, è composto da diversi capitoli che anticipano i libri che verranno e sono scritti proprio dai futuri autori della collana stessa, cioè i membri del comitato scientifico dell’Altra Montagna. Tutti esperti dei loro settori che vogliono guardare la montagna con altri occhi per uscire dallo stereotipo, dallo sguardo urbanocentrico e turistico da cui la montagna è avvolta.

In che modo la letteratura o un festival come il vostro possono contribuire a una nuova narrazione e una nuova visione della montagna?
La montagna è un luogo fisico una ambiente oggettivo e vissuto ma è anche un’idea, è costituita da un elemento immateriale frutto di una visione spesso urbana che travisa la realtà delle cose. Attraverso una nuova forma di narrazione che cerca di essere il più possibile vicino a quella materialità, a quella oggettività che è la montagna, possiamo smontare tutti quei falsi miti, quelle ideologie e stereotipi che avvolgono la montagna. Il racconto di una montagna più fedele alla realtà, quella vista con altri occhi, è quello che ci prefiggiamo di mettere al centro della discussione nei prossimi giorni.

Molti piccoli paesi montani stanno scomparendo lentamente, ma in alcuni casi assistiamo a nuove forme di ritorno alla montagna. Cosa vuol dire abitare le terre alte oggi?
Le terre alte sono declinate al plurale perché sono molto diverse tra loro. Abitare a Cortina, con il turismo ricco e impraticabile, oppure in una zona abbandonata dell’Appennino è molto diverso. Naturalmente il nostro sguardo è più interessato alla montagna che era vissuta e si è spopolata. Lì ci sono potenzialità di ritorno alla montagna perché, tanto più la montagna è stata abbandonata, tanto più sarà facile l’insediamento di nuove forme di comunità basate sulla protezione dell’ambiente e sullo scopo di ripopolamento della montagna. Questo anche come risposta e adattamento ai cambiamenti climatici e a quella voglia sempre più diffusa, una necessità quasi, di fuga dalla città da contesti urbani sempre più difficili e cari. La montagna rappresenta un’alternativa interessante che può diventare laboratorio per mettere in atto buone pratiche di tutela dell’ambiente e di contenimento dei consumi, un ‘idea di futuro più compatibile con i bisogni della Terra.

Quali sono i temi più urgenti, a livello climatico e sociale, che vivere la montagna ci costringerà ad affrontare nei prossimi anni?
La montagna è molto più sensibile ai cambiamenti climatici, poche frazioni di grado nell’aumento della temperatura corrispondo a un cambiamento deciso del paesaggio, il rialzo della linea chiamata “tree line” dove finisce la vegetazione arborea e la mancanza di neve. La montagna è un territorio che sta subendo delle trasformazioni molto profonde e visibili, andare in alto significa anche inseguire il cambiamento. Il Trentino e l’Alto Adige hanno subito un cambiamento del senso di comunità molto minore rispetto ad altri territori come gli Appennini o le Alpi piemontesi, quindi da questo punto di vista hanno saputo adattarsi al cambiamento. Anche all’interno del Trentino e dell’Alto Adige ci sono zono molto diverse, ad esempio, la Val di Fassa e la Val Gardena sono molto diverse dalla Val d’Ultimo e dal Banale, quindi anche qui è da vedere caso per caso. In generale il Trentino-Alto Adige conserva un forte senso della comunità rispetto ad altri luoghi di montagna e questo senz’altro aiuta ad adattarsi al cambiamento dei tempi.

La montagna viene spesso vista attraverso due lenti, quella del turismo e quella dell’avventura. Quale è per lei “l’altra” montagna?
La montagna di chi la vive. Lo sport, lo scii l’alpinismo e l’avventura delle grandi traversate sono tutte creazione di un desiderio del turista cittadino, ma per chi ci vive è un luogo di confronto quotidiano non è il luogo dell’avventura, è il luogo dove ci si sveglia ogni mattina, si va a scuola, si lavora, si coltiva l’orto e si spala la neve. Spesso vista dalla città la montagna appare diversa da ciò che è realmente, è frutto di una proiezione di ciò che vorremmo che fosse, un luogo di ricreazione, per ritemprarci fuori dalla città e trovare un momento di pace. La montagna è anche questo, ma non è solo questo. I boschi non sono solo i luoghi dei lupi o dove passeggiare per funghi, è un luogo di vita. La cosa interessante per noi è vedere la montagna da tutti i punti di vista non solo da quello del turista cittadino.

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