12 maggio_5° Luna Piena dell'Anno

Lettera sotto la Luna dei Fiori (per chi sente di appartenere alla terra, alla rugiada, alla voce delle antenate)

Leggendarco, © rawpixel

È la notte di luna piena di maggio.
E il respiro della terra è dolce come il profumo delle prime rose selvatiche.
Tutto sboccia, tutto vibra. Le vene degli alberi scorrono piene di linfa, i sassi sognano il calore del sole, i prati si fanno tappeti di promesse, e la luna – così piena, così rotonda – veglia dall’alto come una madre premurosa che ha visto ogni cosa e ancora ama.

In questa notte sacra anche le Salighe si ridestano.
Camminano lente tra i larici e i pascoli, scivolano lungo i corsi d’acqua, si intrecciano ai nostri pensieri quando diventano silenzio. Le riconosci se ascolti con il cuore: si annunciano con il battito d’ali di una civetta, con l’improvvisa comparsa di un fiore fuori stagione, con l’acqua che improvvisamente si fa specchio.

Vengono a ricordarci che anche noi siamo fioritura.
Che anche noi siamo parte di un ciclo più ampio: lunare, terrestre, uterino.

Portano con sé i nomi delle loro piante, le carezzano come figlie:
la Pulsatilla montana, regina delle rocce, che insegna il coraggio della dolcezza e l’arte di cambiare pelle;
lo Spillone alpino, piccolo miracolo rosa che sboccia dove sembrava impossibile, e ci insegna che la bellezza non ha bisogno di permesso per esistere;
la Primula farinosa, con le sue foglie morbide e la grazia di chi fiorisce in silenzio ai bordi dei sentieri, memoria di umiltà luminosa;
e il rododendro ferrugineo, fuoco vegetale delle altezze, che ci parla della forza ardente della gentilezza.

E poi ancora le genziane, che custodiscono il blu dell’altissimo cielo e insegnano a guardare in alto senza dimenticare la terra.
E le arniche, con il loro profumo antico di guarigione, che ci ricordano che ogni dolore ha diritto a essere accolto.

Noi, come loro, abbiamo radici invisibili che si intrecciano sotto terra, tra le parole non dette, tra i canti taciuti, tra i gesti tramandati.
Anche noi, come loro, conosciamo l’arte di stare sul margine: tra il visibile e l’invisibile, tra il mondo e ciò che lo sostiene.

About the authorStefania Santoni Sono nata nel cuore di una fredda notte di gennaio, tra il bagliore della luna piena e il [...] More
In questa notte — sorella o chiunque tu sia con il cuore aperto — accendi una piccola luce.
Può essere una candela, una parola, una lacrima, un respiro consapevole.
Offrila alla luna. Offrila alla tua parte che sa ancora meravigliarsi.

Cammina, se puoi, anche solo per pochi passi.
Tocca la terra.
Annusa l’aria.
Lascia che i fiori ti parlino.

Forse non comprenderai le parole, ma sentirai un sollievo antico.
Come quando una voce gentile ti dice: sei a casa.
Come quando ti ricordi che la tenerezza è una forza, e non una debolezza.

Questa è la notte in cui tutto si fa simbolo.
In cui il mondo ci invita a fiorire senza paura.
A prenderci per mano, a sognare con i piedi ben piantati, a ricordare che esiste un sapere delle mani, del grembo, del cuore, che nessuna tempesta può cancellare.

È la notte delle Salighe, delle erboriste, delle danzatrici del silenzio.
È la notte delle madri senza figli, delle figlie senza madre, delle sorelle ritrovate.
È la notte delle piante sorelle, che si scambiano notizie sottoterra.
È la nostra notte.

Fanne un rito, se vuoi.
Fanne memoria, se puoi.
Fanne una promessa, se senti.

Che la tua fioritura sia libera.
Che il tuo passo sia lieve.
Che la tua voce sia radice e petalo.
Che le tue mani diventino giardino.

Con amore antico,
con dolcezza nuova,
da questo cuore in fiore al tuo.
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