Lettera sotto la Luna dei Fiori (per chi sente di appartenere alla terra, alla rugiada, alla voce delle antenate)
Leggendarco, © rawpixel
È la notte di luna piena di maggio.
E il respiro della terra è dolce come il profumo delle prime rose selvatiche.
Tutto sboccia, tutto vibra. Le vene degli alberi scorrono piene di linfa, i sassi sognano il calore del sole, i prati si fanno tappeti di promesse, e la luna – così piena, così rotonda – veglia dall’alto come una madre premurosa che ha visto ogni cosa e ancora ama.
In questa notte sacra anche le Salighe si ridestano.
Camminano lente tra i larici e i pascoli, scivolano lungo i corsi d’acqua, si intrecciano ai nostri pensieri quando diventano silenzio. Le riconosci se ascolti con il cuore: si annunciano con il battito d’ali di una civetta, con l’improvvisa comparsa di un fiore fuori stagione, con l’acqua che improvvisamente si fa specchio.
Vengono a ricordarci che anche noi siamo fioritura.
Che anche noi siamo parte di un ciclo più ampio: lunare, terrestre, uterino.
Portano con sé i nomi delle loro piante, le carezzano come figlie:
la Pulsatilla montana, regina delle rocce, che insegna il coraggio della dolcezza e l’arte di cambiare pelle;
lo Spillone alpino, piccolo miracolo rosa che sboccia dove sembrava impossibile, e ci insegna che la bellezza non ha bisogno di permesso per esistere;
la Primula farinosa, con le sue foglie morbide e la grazia di chi fiorisce in silenzio ai bordi dei sentieri, memoria di umiltà luminosa;
e il rododendro ferrugineo, fuoco vegetale delle altezze, che ci parla della forza ardente della gentilezza.
E poi ancora le genziane, che custodiscono il blu dell’altissimo cielo e insegnano a guardare in alto senza dimenticare la terra.
E le arniche, con il loro profumo antico di guarigione, che ci ricordano che ogni dolore ha diritto a essere accolto.
Noi, come loro, abbiamo radici invisibili che si intrecciano sotto terra, tra le parole non dette, tra i canti taciuti, tra i gesti tramandati.
Anche noi, come loro, conosciamo l’arte di stare sul margine: tra il visibile e l’invisibile, tra il mondo e ciò che lo sostiene.