
© Viviana Perghem
Una lettera sola, aperta, istintiva: A. È con questo suono primordiale che si apre la nuova mostra personale di Michela Eccli a Laives negli spazi dell’Associazione Lasecondaluna e curata da Camilla Nacci Zanetti. "A: Un Viaggio nel Mondo Onirico e Luminoso di Michela Eccli" è un’esclamazione di stupore, un respiro di inizio, un invito a entrare in un mondo dove il colore racconta, il gesto si fa figura, e le emozioni trovano voce.
L’inaugurazione è in programma per venerdì 16 maggio 2025 alle ore 18:30; la mostra sarà visitabile fino al 31 maggio. Distribuita in quattro sezioni, l’esposizione è un percorso tra pittura, installazione e segno, dove creature bizzarre, giochi d’infanzia, libri sospesi e luci ultraviolette costruiscono un paesaggio sensibile e simbolico. Un universo abitato da una moltitudine di presenze che sembrano affiorare direttamente dall’inconscio: ogni opera è un invito a lasciarsi attraversare, ad ascoltare il sogno, a fidarsi del processo creativo.
Nel cuore di tutto, la A: lettera che diventa personaggio, suono, segnale, desiderio.
A partire da qui — da questo respiro, da questa soglia — inizia il nostro dialogo con Michela Eccli.

Ho avuto una vita piuttosto travagliata fin da bambina, e mi sono sempre sentita profondamente diversa dagli altri. Questa percezione mi ha generato insicurezza, ma anche spinto a una lunga ricerca interiore. La lettera A per me rappresenta una conquista: è l’azione che nasce da un piacere personale, da un desiderio autentico che finalmente trova spazio per emergere. È una voce che si libera quando riesco a fare qualcosa che da tempo attendeva di venire alla luce. Nel mio percorso ho capito che dentro di me abitavano verità diverse da quelle che mi erano state insegnate. Ho scelto allora di lasciarmi andare, di abbandonare il bisogno di controllo. La A nasce proprio in quei momenti di abbandono, quando ci si riconnette a qualcosa di profondo, quasi cosmico, che appartiene all’essere umano. Non a caso, è la prima lettera dell’alfabeto: un inizio, un’origine. Quando creo, entro in uno stato meditativo. Non penso: sono lì, nel presente. La mano si muove, il gesto traccia segni e le figure cominciano ad apparire. È un processo di ascolto, di presenza, dove il senso affiora senza essere cercato razionalmente. È lì che si manifesta la mia parte onirica, quella che porta alla luce ciò che vive nel profondo, senza passare dalla mente. Un elemento per me fondamentale è infine la luce. Uso moltissimo il bianco, la carta, i colori luminosi: per me la luce è gioia, è un dono che si offre all’Altro. In questo si inserisce anche la mia ricerca sui colori fluo, che mi permette di rivelare un’altra realtà, nascosta, che affiora solo sotto particolari condizioni di luce. È come accendere un’altra visione.
All’inizio della mostra troviamo una stanza dedicata alla pittura su tela, dove opere di grande formato svelano il tuo mondo artistico abitato dalla spontaneità del gesto…
Sono partita dal piccolo formato e, con il tempo, ho iniziato a sperimentare tele sempre più grandi. È stato affascinante scoprire come, nello spazio ampio, ogni elemento trovi una nuova possibilità di espressione: qui emergono più personaggi, più segni, più simboli. Le grandi superfici diventano veri e propri microcosmi, mondi brulicanti da osservare come attraverso il vetro di un acquario. C’è qualcosa di marino in queste composizioni, come se fossero fondali in cui convivono infinite presenze.

Un’altra sezione si chiama Giochi di Casa: che cosa rappresenta per te la casa?
La casa per me è un luogo di liberazione, uno spazio dove ci si può davvero lasciar andare e dare forma alla propria creatività, più che in qualsiasi altro posto. È anche il punto di partenza per riflettere sul mondo dei bambini: oggi non hanno più spazi liberi, ma sono sommersi da attività e impegni. I loro giorni sono scanditi da tabelle piene, costellate di situazioni già decise, e raramente hanno l’opportunità di esplorare liberamente i propri interessi. La noia, considerata un vuoto da colmare, potrebbe essere invece una risorsa per stimolare la creatività, per sviluppare strategie e soluzioni che, da adulti, diventeranno strumenti per risolvere problemi e per comprendere la propria identità. La casa, dunque, rappresenta uno spazio in cui i bambini, almeno al suo interno, possono essere liberi di cercare chi sono veramente. Se anche io non avessi avuto questa possibilità di esplorarmi, di scoprire me stessa, sarei una persona diversa. La casa è uno spazio intimo, in cui ci si incontra e si ha il tempo di conoscersi.

Sospeso nello spazio, in una struttura circolare, si trova poi il tuo libro d’artista "Humanitas", lungo più di 8 metri...
"Humanitas" rappresenta l’incontro di tutte le mie passioni e competenze: l’insegnamento della fotografia, la pratica fotografica, ma anche la mia continua fascinazione per gli albi illustrati e il racconto (sono anche autrice di libri per bambini). Questo libro d’artista, un leporello che si sviluppa in pop-up con pieghe e tagli, racchiude la mia ricerca, fondendo fotografia, illustrazione, grafica e il lavoro manuale. Ogni elemento di questa creazione porta con sé una narrazione che si intreccia con le diverse espressioni artistiche che mi appartengono, creando un’esperienza completa e unica.

Un’ultima domanda. Che mi racconti dell’illuminazione ultravioletta?
Una delle parole che cerco di evocare attraverso la mia arte è meraviglia. È quella sensazione che ad esempio scaturisce quando, osservando con una luce UV, ci accorgiamo che c’è un mondo nascosto agli occhi, un universo invisibile che si svela davanti a noi, come un segreto che aspetta di essere scoperto. È la stessa scoperta che i bambini vivono quotidianamente, quando si trovano di fronte a qualcosa di nuovo, in un continuo stupore. Il mio desiderio è che questa meraviglia possa risvegliare negli adulti una parte di loro che forse hanno dimenticato, riportandoli a una connessione più profonda con l’infanzia, dove ogni cosa era un mistero da esplorare, un’incanto da vivere senza limiti.