Viaggio nell’epica montana di un artigiano delle Alpi
Fotografare le Alpi #14. Intervista a Thomas Biasotto

© Thomas Biasotto
© Thomas Biasotto
Nel cuore delle Alpi svizzere, la precisione dell’artigianato incontra la forza della natura nel lavoro del fotografo Thomas Biasotto, che ha forgiato un percorso artistico unico quanto le vette che immortala. Nato nel 1981 a San Gallo, ha trasformato le sue radici appenzellesi in una fonte inesauribile di ispirazione creando opere che trascendono i confini tra fotografia e arte.
Il suo viaggio creativo inizia in modo insolito: prima come apprendista fabbro ferraio, poi come musicista classico alla prestigiosa Università delle Arti di Zurigo. È un regalo ricevuto per la cresima, una Leica M6, a segnare la svolta nella sua vita accendendo quella scintilla che lo avrebbe portato a diventare un fotografo ricercato nel panorama contemporaneo. Oggi nel suo studio di Weissbad, nell’Appenzello, ha dato vita a “ink”, uno spazio culturale di 400 metri quadri in cui fotografia, musica e artigianato si intrecciano in un’unica esperienza artistica. Qui che nascono le sue celebri opere montane, documenti visivi che catturano l’essenza delle Alpi svizzere: poemi visivi che raccontano il dialogo millenario tra l’uomo e le vette con uno stile inconfondibile che unisce perizia tecnica e sensibilità artistica. Opere che documentano la maestosità delle Alpi catturandone l’anima più profonda e oggi collezionate in “The Dolomites”.


Thomas, come nasce questo progetto fotografico?
“The Dolomites” è un progetto che mi sta a cuore perché è profondamente radicato nella mia storia e in quella della mia famiglia. Quando io e mia moglie aspettavamo con ansia l’arrivo di nostra figlia Mathilda-Louisa abbiamo trascorso settimane nelle Dolomiti: abbiamo fatto escursioni in montagna, esplorato passi alpini e condiviso la bellezza delle Alpi italiane con nostra figlia che ancora non era nata. Le Dolomiti sono diventate un luogo speciale per noi: una seconda casa accanto all'Appenzello, la regione svizzera montana per antonomasia. Dopo la nascita di Mathilda ci siamo trovati di fronte a un difetto genetico incurabile. È iniziata la nostra battaglia insieme, ma le Dolomiti sono rimaste l’unico luogo in cui le è stato permesso esprimersi in questa vita. Il 28 marzo Mathilda ha iniziato il suo viaggio eterno. Il mio libro “Die Dolomiten” è dedicato a lei: un ricordo del suo legame con le montagne, da cui oggi ci veglia e ci segue come un angelo custode.
Come si declina il tuo progetto alpino?
Il progetto è molto più ampio del solo libro: per il 2025 sono previste tre grandi mostre per raccontare ed esporre la magia unica delle Dolomiti. Attualmente le mie opere sono esposte all’Alpe di Siusi presso Icaro Hotel. Dal prossimo 21 marzo fino a novembre, invece, saranno esposte al Messner Mountain Museum Firmian di Castel Firmiano, a Bolzano, mentre dal 24 maggio fino all’aprile del 2026 potranno essere ammirate al Museo della Fotografia Lumen di Plan de Corones. Ogni mostra contribuisce a far vivere le Dolomiti e a farle riscoprire da una prospettiva diversa.
Quali le due immagini più “estreme”, i due poli agli antipodi che lo racchiudono?
È difficile selezionare due soli scatti, perché ogni immagine del mio libro “Le Dolomiti” racchiude in sé i propri estremi. Ogni foto è stata selezionata tra migliaia e racconta una storia di luci, ombre e dell’incontenibile forza della natura. È difficile indicare un contrasto chiaro, perché l’intera collezione è un’espressione di questi estremi.

Cosa rende riconoscibile il tuo stile fotografico?
Direi che è caratterizzato da strutture chiare e da un linguaggio visivo maestoso, spesso epico. Amo lavorare in monocromia, concentrandomi sull’essenza del momento. Le mie immagini non devono solo raffigurare qualcosa, ma raccontare storie che vanno in profondità, sotto la superficie.
Come nasce il desiderio di indagare le Alpi?
Sono cresciuto nell’Alpstein, nel cuore delle Alpi svizzere dell’Appenzello. Mia madre era una grande amante della montagna e ho imparato a camminare praticamente sui sentieri alpini. Le Alpi non sono solo la mia casa, ma rappresentano anche le mie origini, le mie radici. Con la mia fotografia voglio rendere visibile questo legame e ricordare alle persone quanto siamo piccoli e quanto poco l’essere umano è in grado di controllare la natura. Questa consapevolezza mi spinge a fotografare e indagare le Alpi.
Riconosci un’evoluzione nei tuoi scatti alpini?
Come artista, lo sviluppo è un processo costante. Ogni anno, attraverso ogni singola esperienza che vivo, la mia visione cambia: nuovi modelli di ruolo, nuove idee e le mutevoli priorità della vita influenzano inevitabilmente il mio lavoro. Questo ulteriore sviluppo si riflette non solo nella tecnica che utilizzo, ma anche nell’espressività delle mie immagini. È questa dinamica che mi guida nel mio lavoro.
Con quale approccio hai scelto di immortalare l’arco alpino?
Il mio obiettivo è documentare le Alpi nella loro essenza e farlo in modo artistico. Non mi interessa solo mostrare bei paesaggi, ma anche trasmettere attraverso le mie immagini il loro significato e la loro estrema vulnerabilità.

Cosa hai scoperto in questa tua indagine fotografica?
In questo affascinante viaggio alpino ho incontrato innumerevoli persone, vissuto storie toccanti, riso molto e anche pianto. Ogni percorso riserva delle sorprese e le esperienze arricchiscono non solo la mia fotografia, ma anche la mia vita. La ricerca è un processo senza fine e non vedo l’ora di scoprire molto di più.
Com’è, oggi, il tuo rapporto con la montagna?
Le montagne sono e restano la mia casa: tra le vette ci sono cresciuto, ho imparato a camminare sulle Alpi e i miei primi ricordi sono indissolubilmente legati alle cime e alle valli. Questo legame è profondamente radicato in me e caratterizza ancora oggi la mia vita con un’impronta molto forte.

Quale consideri il tuo scatto migliore?
È una domanda quasi impossibile, perché ogni fotografia è una percezione soggettiva. Ogni immagine del mio libro ha un suo significato. Tuttavia, il mio scatto preferito di solito si trova sulla copertina o nelle prime pagine di un libro: è lì che inizia la storia.
Senti il desiderio di catturare un’immagine ancora mai scattata?
Sì, ho sempre questo desiderio vivo dentro di me. Spesso cerco luoghi e prospettive che non sono facilmente riproducibili. È un processo emozionante e stimolante, ed è proprio quello che ai miei occhi rende la fotografia così affascinante.
