La Venezia dei tipografi rinascimentali e il caso Nicolas Jenson

Intervista al type designer Riccardo Olocco

17.01.2025

Il romano di Jenson o il più importante carattere tipografico della storia, Riccardo Olocco, Lazy Dog Press, 2024

Nella vita di tutti i giorni, su un qualsiasi PC, a casa o in ufficio, apriamo un documento, scriviamo un testo, lo selezioniamo e in pochi secondi possiamo scegliere lo stile del carattere. Bastoni, graziato: quello che ci aggrada di più al momento, forse senza pensarci troppo. Eppure, quanta strada per arrivare prima alla stampa a caratteri mobili, che ha spianato la strada alla democratizzazione delle stampa e della produzione editoriale, facilitando contestualmente l’accesso alla cultura, e poi fino ad arrivare agli strumenti iper performanti di oggi. 

Di caratteri tipografici storici e di progettazione, abbiamo parlato con Riccardo Olocco, type designer e grafico veronese che vive tra Londra e Bolzano (è stato anche graphic designer dei primi anni di franzmagazine ndr), laureato presso l’Università di Reeding (UK) dove dal 2015 torna regolarmente per tenere workshop dedicati alla progettazione di revival tipografici. 

Infatti, nel suo lavoro di progettazione, l’interesse per la storia è centrale e, anzi, sostiene il suo approccio al design contemporaneo a partire dai modelli storici. La ricerca del suo dottorato di ricerca a Reeding, terminato nel 2019, si intitola A new method of analysing printed type: the case of 15th Century Venetian romans (Un nuovo metodo di analisi dei caratteri stampati: il caso dei romani veneziani del XV secolo). 

A partire proprio da uno dei capitoli della ricerca, ad Ottobre 2024 è uscito per la casa editrice indipendente Lazy Dog Press Il romano di Jenson o il più importante carattere tipografico della storia. Si un volume cartonato di 120 pagine, redatto in inglese e che mira ad gettare nuova luce sul carattere romano di Nicolas Jenson, tipografo nella Venezia del XV secolo, particolarmente noto ai suoi contemporanei per la qualità dei caratteri, ma oggi ancora sconosciuto ai più. Il romano di Jenson, come emerge nel libro, piò essere considerato il prototipo di quasi tutti i caratteri romani fino ad oggi. Le scelte progettuali di Jenson influenzeranno incisori del calibro di Francesco Griffo e Claude Garamont, definendo così lo standard per il romano minuscolo fino ai giorni nostri. 

Riccamente illustrato, questo libro forse non sarà alla portata di tutti: le approfondite analisi del carattere saranno apprezzare a pieno da insegnanti e studenti di type design, designer e nerd della tipografia. Tuttavia anche la mera lettura storica del volume risulta particolarmente affascinante per (ri)scoprire la Venezia dei tipografi e, in particolare, un maestro tanto influente quanto ancora sconosciuto. 

Tra le altre cose, Olocco è co-fondatore della fonderia digitale CAST (Cooperativa Anonima Servizi Tipografici), membro del Nebiolo History Project, docente allo IUSVE a Verona e Venezia e, tra il 2009 e il 2013, è stato anche docente di Tipografia presso la Libera Università di Bolzano. Lo incontriamo virtualmente, per farci raccontare come nasce un carattere tipografico, cosa fa un type-designer e, naturalmente, del suo ultimo libro. 

Il romano di Jenson o il più importante carattere tipografico della storia, Riccardo Olocco, Lazy Dog Press, 2024

Riccardo, come sei arrivato a progettare caratteri tipografici e a svolgere ricerca sul tema della tipografia?
In famiglia abbiamo una serie di grafici e di gente che ha sempre lavorato con il testo ed io ho respirato un po’ questa aria. In gioventù ho fatto pochi studi, se non un corso a fine anni Novanta dedicato ad una tecnologia di pre-stampa che oggi non esiste più. All’epoca vivevo tra Verona e Milano e, attraverso amici di amici, ho trovato subito lavoro in uno studio come grafico. 

Dieci anni dopo a mia moglie, che è medico, viene offerto un posto di lavoro a Bolzano, mi sono trasferito qui con lei e ho trovato lavoro come grafico. Dopo pochi anni mi hanno invitato ad insegnare alla Facoltà di Design della Libera Università di Bolzano, un qualcosa che mai avrei immaginato. Negli anni, infatti, mi ero già avvicinando al disegno delle lettere, però non avevo mai pensato di fare ricerca oltre al mondo commerciale in cui mi muovevo. A quel punto ho iniziato a fare ricerca storica e a scrivere. Dopo tre, quattro anni che insegnavo a Bolzano, l’attività di ricerca mi appassionava sempre di più tanto che decisi di trasferirmi in Inghilterra per seguire un Master all’Università di Reeding. Avevo già trentacinque, forse trentasei anni. Da lì non mi sono più fermato: mi sono laureato e poi ho intrapreso un dottorato di ricerca che ho concluso nel 2019. 

Come dicevo prima, al disegno di lettere mi ero già avvicinato prima dell’attività di ricerca, forse un po’ disgustato dagli aspetti più commerciali del mio lavoro come grafico. La tipografia è sempre stata uno dei miei grandi interessi ma ricordo con esattezza il momento in cui ho iniziato a disegnare lettere. Era gennaio o febbraio 2007 ed ero ad una conferenza di Gerard Unger, forse all’epoca il più grande disegnatori di lettere. Trovai il suo intervento così stimolante che iniziai a disegnare caratteri la sera stessa. Fatalità vuole che poi, Unger fu anche mio docente a Reeding. 

Sulle professioni creative c’è sempre una sorta di mistero: quello che fa un dottore o un banchiere, almeno a livello teorico,  è risaputo; mentre chi si occupa di progettazione spesso è etichettato come quello che fa tante cose diverse, quello un po’ eccentrico. Puoi spiegare ai non-addetti ai lavori che cosa fa un type designer e come nasce un carattere tipografico
Rispondere semplicemente a questa domanda è sicuramente difficile. Il disegno dei caratteri è un disegno vettoriale, per cui si utilizzano le curve di Beziér così come in Illustrator: a livello formale non è così diverso da disegnare lettere all’interno del software Adobe. 

La differenza naturalmente sta nel grado di precisione degli strumenti usati: i software che utilizzo per il disegno delle lettere sono molto più precisi nella gestione di curve e tracciati, tanto che a vederlo sembra un mix tra Illustrator e CAD. 

Come si inizia? Beh, questo dipende da molti fattori. Anzitutto i caratteri si dividono in due macro-categorie:  i caratteri Custom, fatti sulle base di richieste del cliente per un’azienda o un giornale, oppure i caratteri Retail che sono in vendita nelle Library e che sono creazioni dei designer, senza avere nessuna commissione. Nel caso dei Custom, il lavoro nasce dalle richieste del cliente che sono spesso molto varie, su queste premesse vengono il type-designer fa una serie di proposte che man mano diventano sempre più dettagliate fino a quando si raggiunge un terreno comune e da lì si inizia concretamente a disegnare il carattere tipografico. Si tratta di un lavoro molto impegnativo, che richiede concentrazione e che spesso si protrae per diversi mesi e, anche per questo motivo, a differenza di altri lavori che riguardano la progettazione grafica, i pagamenti sono scaglionati e non solo a lavoro concluso. 

Il lavoro sui Retail, invece è più agile perché nasce dall’idea del designer e qui le ispirazioni possono essere molteplici: ci sono progettisti che si ispirano all’arte contemporanea o alla musica e c’è chi, come me, trae ispirazione dai disegni storici, da caratteri già esisti nella storia che vengono disegnati in digitale con piccoli cambiamenti o similitudini. 

Questo secondo caso è possibile perché, forse molti lo ignorano, ma la tipografia più di molte altre discipline, è profondamente ancorata nella storia. Se non conosci la forma storica, come venivano fatti i caratteri in una certa maniera e perché poi le cose sono cambiate, come progettista non hai sufficienti nozioni per navigare all’interno degli stili. Ormai è sempre più evidente che è necessaria una formazione storica per avere una visione completa di quella che è la contemporaneità a livello progettuale.  

Il romano di Jenson o il più importante carattere tipografico della storia, Riccardo Olocco, Lazy Dog Press, 2024

Quali sono le caratteristiche che un carattere tipografico dovrebbe necessariamente avere?
Anche qui è molto difficile fare un discorso assoluto. La prima cosa da capire è che i caratteri sono strumenti funzionali e, in questo senso, io sono convito che il disegno dei caratteri sia  più simile al design di interni che all’opera d’arte. I caratteri hanno una loro utilità e non nascono per essere solamente belli, ma per essere letti e/o guardati. 

About the authorClaudia GelatiMi chiamo Claudia e sono quella con la frangetta, gli occhiali tondi e le calze a pois. Qualcuno [...] More
Nel momento in cui si inizia disegnare un carattere, sia che si tratti di un carattere Custom o di uno Retail, il type designer deve avere ben chiaro in mente a cosa questo carattere servirà e come verrà utilizzato. È impossibile creare un carattere che possa funzionare in tutte le occasioni, in tutte le dimensioni, in tutti i contesti. Alcuni caratteri sono disegnati per essere letti, ad esempio nei libri o su uno schermo, mentre altri sono disegnati per grandi titoli in manifesti, con poche parole, poche lettere. Se li inverti, non funzionano e, come progettista, sarebbe un grandissimo errore. Mi spiego: un carattere da testo usato per un titolo è tropo largo, scuro, ha delle caratteristiche che non vanno bene. Viceversa, un carattere da titolo in un testo non è assolutamente leggibile. Quello che mi hanno insegnano anche a Reeding, ad esempio, è che prima di iniziare a disegnare bisogno compilare un design brief, un documento tuo o, nel caso dei Custom, redatto insieme al cliente in cui vengono definite con chiarezza la funzione del carattere, determinate caratteristiche che vuoi avere, eventuali rimandi storici. La funziona è essenziale. Stabilita la funziona di un carattere, poi allora si può discutere se questo sia fatto bene o male. Non esistono caratteri ideali, belli o brutti a priori. 

Anche nel disegno dei caratteri dunque il pilastro del design “form follows function” è il punto di partenza. Eppure, è innegabile che oggi siamo esposti ad una quantità assurda di grafiche che rimbalzano non solo sui media tradizionali ma anche sui social, spesso con scelte progettuali e tipografiche assolutamente discutibili. Sono curiosa: cosa si sente Riccardo Olocco quando incontra della brutta grafica, dei caratteri usati a sproposito? Al contrario, cosa provi quando vedi un tuo carattere in uso?
Parto dalla fine e devo dirti che mi fa sempre piacere vedere un mio carattere in uso; è da tanti anni che lavoro e ne ho disegnati parecchi. Io stesso quando mi occupo di progetti di comunicazione uso quasi esclusivamente miei caratteri e quindi mi capita spesso di vederli in giro. Invece, per quanto riguarda la grafica brutta, questo capita quotidianamente e, come puoi immaginare, da progettista provo una grande frustrazione. Oggi la grande maggioranza della comunicazione grafica è fatta male. Aldilà di paesi come la Germania, l’Inghilterra ma anche l’America dove c’è una tradizione tipografica più consolidata, nel resto dell’Europa o del mondo una buona parte di artefatti grafici fanno schifo, sono fatti da gente che lavora male perché non ha le competenze per farlo o, peggio ancora, molto spesso sono eseguiti da progettisti ma seguendo le direttive di altre persone che non hanno alcuna competenza grafica ma dettano le regole. 

Negli ultimi anni mi sono dedicato ad altro e quindi è un po’ che non lavoro con le agenzie pubblicitarie, ma è evidente: non credo di conoscere un’agenzia pubblicitaria in Italia che sia in grado di imporre al cliente la propria idea o, perlomeno, convincerlo su una buona grafica. Spesso il ruolo dell’agenzia si riduce a seguire ciecamente le direttive del cliente, anche se è l’esatto contrario di quello che gli ha chiesto il giorno prima. È triste, è difficile… ma è così.  

Il romano di Jenson o il più importante carattere tipografico della storia, Riccardo Olocco, Lazy Dog Press, 2024

La tua ultima fatica letteraria si intitola The Jenson Roman, edito da Lazy Dog Press, che  racconta la carriera di Jenson nella Venezia del XV secolo e di come il suo disegno abbia posto le basi per lo standard romano minuscolo che ancora oggi utilizziamo. Forse non una lettura alla portata di molti, ma come nasce il libro e come possiamo avvicinarlo anche a chi non è esperto di tipografia? 
Il mio dottorato di ricerca A Reeding era incentrato sui caratteri veneziani del ‘400, per cui l’attività di Nicolas Jenson era uno dei capitoli della mia ricerca. Il carattere di Jenson è stato il secondo creato a Venezia nel 1470 e diciamo che lo scheletro, la forma base delle lettere è rimasta pressochéé invariata fino ai giorni nostri. Nell’Ottocento lo stile moderno, quello di Bodoni e di Didot per intenderci, si era staccato dalla forma base di Jensen ed era il più utilizzato all’epoca; tuttavia poco dopo si tornarti alle lettere rinascimentali o pseudo tali, profondamente legate alla forma base delle lettere disegnate da Jenson. Questo di per sé ha già abbastanza incredibile: pensare che il secondo carattere inciso in questo stile, 15 anni dopo Gutenberg, è rimasto la base, il modello per tutti i caratteri successivi. 

Come contestualizzare questo nel mondo contemporaneo? Certo è un po’ più difficile, perché naturalmente il lavoro che faccio io interessa in primo luogo a bibliografi, storici, gente che studia storia del libro, type designer, calligrafi. Il libro è molto specialistico perché vado a parlare di dettagli tecnici, di come secondo me sono state fatte determinate cose, delle tecnologie impiegate, del commercio e dello scambio dei caratteri all’epoca (aspetto di cui si sa ancora poco) e infine delle influenza nei secoli successivi e di come i caratteri basati sulle forme di Jensen siano diventate pietre miliari del carattere romano . Mi sento però di dire che il libro ha una sua leggibilità anche per chi non si occupa di queste tematiche perché si può leggere anche come narrazione storica. Quando uscirà la versione italiana, ad esempio, lo regalerò a mio padre che non se ne occupa minimamente di queste cosa ma è un grande appassionato di storia. 

Parlando appunto di come si possono avvicinare queste tematiche così specialistiche a chi non si occupa di caratteri storici, vorrei parlarti di un altro libro a cui ho lavorato. Due anni fa insieme all’amico Michele Patanè, type designer di base a Londra, abbiamo scritto Designing Type Revivals (Lazy Dog Press, 2022), un manuale su come disegnare caratteri basandosi su fonti storiche. Si tratta di un libretto molto agevole, quello che gli inglesi chiamerebbero handbook, che nasce un po’ dalla necessità raccogliere la nostra esperienza come docenti in laboratori di type design che abbiamo condotto a Reeding da quanto ho concluso il Master. Ci piaceva l’idea di raccogliere la nostra esperienza e aprire una discussione sui revival storici con docenti, professori e studenti. Tutto questo per dirti che il progetto è andato così bene che, ancora oggi, il manuale viene utilizzato nel corso di type design anche per aspetti non revival. Questa per me è una grande soddisfazione come ex-studente. 

Il romano di Jenson o il più importante carattere tipografico della storia, Riccardo Olocco, Lazy Dog Press, 2024

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