Di boschi, alberi e altre meraviglie

Intervista allo scrittore Tiziano Fratus

09.12.2024
Di boschi, alberi e altre meraviglie

Lost grove big mother bear, Tiziano Fratus

Boschi, alberi, radici, foglie. E poi la neve in inverno, con il suo magnetismo ovattato, che arriva ad ammantare ogni superficie, rendendo il passo incerto, modificando i paesaggi, così come l’incedere della vita vegetale ed animale che vi si cela e con essi la geografia dell’anima.

About the authorMaria QuinzDentro di me è piuttosto affollato. C'è quella che scrive, traduce e adora leggere, ritagliandosi attimi di quiete e [...] More
Nel 2022 il poeta e scrittore Tiziano Fratus ha pubblicato su Moreness 03 - From Woods to Wood, edito da franzLAB, alcuni suoi componimenti, dal titolo “Non ho mai imparato a camminare nella neve – Sei nature miniate”, arricchendo, con il suo contributo poetico, la nostra pubblicazione dedicata alla riflessione e all’approfondimento di tematiche contemporanee e trasversali legate alle Alpi ed in particolare, in questo numero del magazine, al legno degli alberi. Tiziano Fratus ci ha quindi regalato sei belle poesie, dedicate al bosco e al suo mutare con l’arrivo della neve, in cui i versi si succedono, rigo dopo rigo, in effige di foglia o seme, in una corrispondenza strettissima tra forma e contenuto, tra trasposizione artistica e natura. Questa raccolta è un intimo e suggestivo esempio della poetica e dell’ampissima e variegata opera di Tiziano Fratus, che abbraccia molteplici generi letterari, dalla poesia, alla prosa, alla saggistica, ai libri per bambini, ai reportage di viaggio, con incursioni nel giornalismo, nella comunicazione mediatica e nella divulgazione scientifica. Tiziano è anche prima di tutto un viaggiatore, che ha fatto dell’esplorazione di boschi, parchi, orti botanici e riserve naturali di tutto il mondo, un vero e proprio percorso esistenziale e poetico che lo ha condotto a coniare, in oltre venticinque anni di attività, anche nuove espressioni e concetti, come “Homo Radix” e “Dendrosofia”, che meglio potessero esprimere il suo stare – tra esplorazione, meditazione, creazione, scruttura – a contatto con la natura e con gli alberi, dalle affascinanti storie e innumerevoli stratificazioni. 

La sua opera è vastissima, fra i suoi titoli, tra prosa e poesia, segnalo qui: Ogni albero è un poeta (Mondadori), Manuale del perfetto cercatore di alberi (Feltrinelli), Giona delle sequoie (Bompiani), I giganti silenziosi (Bompiani), l bosco è un mondo (Einaudi), L’Italia è un bosco (Laterza), Alberodonti d’Italia (Feltrinelli), Alberi millenari d’Italia (Idee Feltrinelli/ Gribaudo), Il libro delle foreste scolpite (Laterza), Poesie creaturali (Libreria della natura), Sogni di un disegnatore di fiori di ciliegio (Aboca), Il sole che nessuno vede (Ediciclo), Waldo Basilius (Pelledoca). 
Dal 2012 Tiziano Fratus cura rubriche per quotidiani e riviste, firmando articoli, interviste e interventi per La Stampala RepubblicaGreen & BlueIl ManifestoNatural StyleLa VeritàGate, nonché delle trasmissioni radiofoniche; ha accompagnato gruppi di persone nei giardini e nei boschi nelle diverse regioni d’Italia, mentre le sue poesie sono state tradotte in undici lingue e pubblicate in ventuno paesi. Suoi sono anche i testi e le presentazioni di brevi documentari dedicati ai Grandi alberi d’Italia della trasmissione Geo di Rai 3. Tiziano Fratus vive ai piedi delle alpi, in Piemonte, in una casa di fronte a un bosco.

Books cover, Tiziano Fratus

Tiziano, dove affonda la tua passione per la dimensione della natura, in particolare nel legame con i boschi e gli alberi?
Mio padre era un falegname. Il legno è stato fin da piccolo un elemento ordinario, comune, del mio tempo. Come molti Fratus, coltivava un orto e andava nei boschi per i funghi e le castagne. Dunque fin da piccolo il bosco è stato un luogo conosciuto, toccato, attraversato, sebbene noi si vivesse nella pianura della bassa bergamasca, dove di boschi ce ne sono pochi. Da adulto ho riscoperto il piacere di abbandonarmi agli alberi, ne ho anzi avuto bisogno, fisicamente quanto psicologicamente. Quando ruppi i legami con la mia famiglia naturale trovai rifugio e nutrimento proprio nei boschi e nelle piccole foreste del nostro mondo. Lì, rinacqui come Homo radix e iniziai a percorrere questa sorta di altra disciplina che ho chiamato Dendrosofia, fatta di conoscenza, viaggi, esplorazioni, misurazioni, e anche di meditazioni. I libri e tutto il lavoro fatto tra radio, giornali e tv ne sono stati una conseguenza.

Nel tuo lavoro di esplorazione e mappatura degli alberi, che "incontro" hai vissuto con il paesaggio alpino ed in particolare con gli alberi che popolano il Trentino Alto Adige? Hai qualche aneddoto particolare da raccontarci?
Ovviamente quando ho iniziato a vagabondare tra selve e paesaggio, anzitutto in cerca di grandi alberi o alberodonti come mi diverto a chiamarli, il Trentino Alto Adige è diventata una regione attraente, a partire da alcuni landmarks noti agli appassionati e che non si possono che non vedere: in primis i larici della Val d’Ultimo, i castagni delle malghe tra cui il Lusenegg in Val Gardena, la Scalinata dei larici monumentali in Val di Rabbi, dunque quello che è stato per anni il più alto albero nostrano d’Italia, ovvero l’Avez del Prinzipe in quel di Malga Laghetto, a Lavarone, che sfiorava i 54 metri. Poi, tornando e ritornando, e ampliando il raggio di conoscenza, ho documentato le sequoie presenti in regione, i grandi alberi dei giardini pubblici e privati di Merano, le conifere delle ville private nelle frazioni soprane di Trento, il tasso forse millenario sulle alture intorno a Bolzano, presso il Maso Ranigler, il Re Leone e altri grandiosi pini cembri lungo un percorso che parte dal Passo Manghen, gli arrocatissimi pini primigeni dell’Alpe di Tramin in alta valle Sarentino, il faggio Madre del Bosco di Sant’Orsola Terme, le abetine che circondano il lago di Carezza o quelle risonanti a Paneveggio e così via. La regione è uno scrigno di tesori viventi.

L'Italia è un bosco, Tiziano Fratus

Nella tua opera spazi tra molti generi letterari e non solo, dalla poesia alla prosa, dal giornalismo alla divulgazione scientifica e televisiva, quale è il tuo medium espressivo privilegiato?
Mi considero un artigiano, o meglio un contadino dell’editoria che, al suo meglio, forse, ha la costanza di un artigiano che ogni giorno cerca di fare qualcosa di ben fatto. Non sempre ci riesco, spero ogni tanto. Per il resto mettersi alla prova dipende anche dalle occasioni, dalla fiducia che un editore ti da o ti nega. Ho potuto scrivere romanzi e storie per ragazzi perché gli editori me l’hanno chiesto, ho potuto comporre libri di viaggio tra i grandi alberi d’Italia perché editor ed editori hanno creduto che ci fosse un mercato potenziale da vagliare. Di mio ho sempre amato scrivere poesia, sebbene sia il mondo editoriale e culturale più chiuso che esista, e dove si è preferito volontariamente accreditare venti o trenta nomi a discapito delle diverse centinaia, o forse migliaia di poeti circolanti. D’altronde la mia è una generazione vittima delle proprie convinzioni, e una delle idee più diffuse sostiene che in ogni ambito i geni, i grandi, i veri siano e debbano essere pochi. Ahinoi ci sono tantissimi autori e poeti che ritengono di essere uno o una dei migliori… per certi versi è un micro-mondo involontariamente divertente. In televisione, come sopra, ci sono arrivato per caso, non certo per il mio irresistibile fascino, e così in radio e sui giornali è stato estensione del lavoro svolto in editoria.

Hai coniato alcuni neologismi, come "homo radix", "dendrosofia" e buddismo agreste. Cosa significano questi termini e quanto è importante per te la riflessione sulla lingua e il suo rinnovamento in relazione all'ambiente che ci circonda?
Homo radix è stato il primo seme di un percorso. Quando mi trovavo in California, meditando e navigando sbalestrato tra questi titani arborei ebbi la sensazione, fisica, di fare parte del loro mondo, anche più del mondo degli umani. Non mi considero un anarchico, non ho mai amato la parola, ma lo spirito temo che sia quello e dunque credo nei miei simili? Mmm, diciamo che credo in alcuni dei miei simili. Trascorrere molto tempo nei boschi e in viaggio mi ha dato molto, indipendentemente dalla moda che è arrivata subito dopo, e che oggi porta moltissimi scrittori e oratori a dichiararsi amici o fratelli o sorelle degli alberi. Ma va bene, è legittimo, ciascuno fa come meglio crede. Per me è stato importante, fondamentale, recisi i ponti con mio padre, avevo bisogno di una nuova famiglia e ho trovato questa, irrobustita dalle tante opere poi scritte e pubblicate. La dendrosofia è un’estensione del sentirmi Uomo radice o Homo radix, è tutta quella cultura e quella esperienza che unisce alberi e uomini, attraversando diversi mondi, dalla lingua alla storia, dall’architettura alla letteratura, dall’arte alle religioni. Buddismo agreste è la declinazione personale e semplice, di un buddismo che guarda allo zen ma senza la pretesa di essere nulla di che, una pratica quotidiana, semplice, esercitata spesso in bosco o comunque in ambienti agresti, senza alcuna pretesa o attesa. Beh, la lingua è in costante evoluzione e ciascuno di noi ne elabora una propria.

Su «Moreness» hai pubblicato 6 tuoi componimenti. Ce ne puoi parlare brevemente?
Sono sei “boschi miniati” (poesie scritte in forma di seme o di foglia) innevati, invernali, composti partendo da una indagine intima, fiorita dalla magia della neve che arriva e cambia completamente quel piccolo francobollo di terra che andiamo a esplorare. Fin da bambino l’arrivo improvviso della neve lo trovo un travestimento magnetico e irresistibile. 

Radico ergo sum, Tiziano Fratus

Tiziano a cosa stai lavorando oggi? E hai particolari sogni nel cassetto, in vista del futuro per te e i tuoi compagni di viaggio: gli alberi e il loro habitat?
Sto attraversando un momento di cambiamento, di trasformazione. A luglio è mancato mio padre, e nonostante ci fossimo riavvicinati soltanto da due anni, è stato abbastanza traumatico. Prima di tutto perché la sua agonia è stata particolarmente penosa, e poi perché comunque era evidentemente una figura centrale del mio stare così al mondo. La sua fine mi ha come risvegliato e adesso sento di non poter più indugiare, men che meno perdere tempo in attese inutili. Se voglio realizzare qualcosa lo devo fare e basta. Quindi ho terminato un nuovo lavoro composto di varie parti diverse, eterogenee, che ho intitolato Una foresta ricamata, vedremo se troverà patria, mi sono gettato a capofitto nella stesura di un saggione corposo dedicato a Simenon, uno dei miei scrittori preferiti, e ho ricominciato a frequentare il teatro, mio grande amore da ragazzo, a scrivere delle pièce, vedremo se arriveranno mai alla prova della scena.

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