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January 22, 2024

Fili, segni e simboli: la mostra “di profilo” di Nadia Tamanini

Stefania Santoni

Esiste una connessione profonda e magica tra la vita e il filo. Un legame che affonda le sue origini ancora prima del repertorio classico. Perché se è vero che le Moire e le Parche erano le dee tessitrici e detentrici della vita degli esseri umani, è certo che molto prima di loro ci siano state altre ninfe, altre fate in grado di intrecciare sapientemente i fili del destino, di ricucire il mondo, di annodare spazi di confine, che stanno lì, sui bordi, di profilo. Penso alle Anguane che abitano in prossimità dei ruscelli delle nostre Alpi ma anche alle Janas, le celebri fate delle grotte sarde che sicuramente hanno ispirato l’arte poetica di Maria Lai che con i suoi fili e nastri teneva insieme amore, odio, paesaggi, persone. La tessitura diventa così una declinazione dell’essere, un vero e proprio modus vivendi che sa creare ponti tra passato e futuro, che mette in relazione natura e linguaggio, proprio come avviene per la mostra “di profilo” di Nadia Tamanini, artista poetica che riesce sempre a praticare l’arte della conciliazione omaggiando la via della sintesi. Curata da Nicolò Faccenda, la mostra è visitabile fino al 27 gennaio presso la Galleria Sernesi di Bolzano.2 Nadia, mi racconti il tuo iter artistico formativo?

Da sempre mi sono approcciata all’arte e ai suoi linguaggi con la curiosità di attraversarne le intersezioni, i raccordi, le commistioni. La mia formazione musicale – lo studio del violoncello e la passione per il canto in particolare – hanno contribuito ad avvicinarmi alle dimensioni di ritmo ed armonia, rafforzandole. Attraverso gli studi universitari, nell’intreccio di arte, cinema e teatro, ho allenato l’occhio, la mano, il corpo e quindi l’immagine, la scrittura, il movimento, continuamente tradotti con materiali e tecniche diverse. La dimensione dell’infanzia e il mio diretto rapporto con essa, anche in ambito artistico, hanno rappresentato e continuano ad essere un punto centrale di riferimento. A tenere insieme tutto questo ci pensa la poesia: mia sintesi, mia costante.3 Qual è l’idea guida che sta alla base della mostra “di profilo”?

“di profilo” propone una selezione di alcuni nuclei più significativi della mia produzione più recente, dal ricamo al collage, dal libro d’artista all’installazione. Una visione d’insieme che mette in luce il particolare: come una pietra sta nella sua forma e sostanza, apparendo nelle sue innumerevoli inclinazioni, variazioni, a seconda del punto di vista da cui la si guarda. Tra materiale e concettuale, si segue un filo che attraversa le dimensioni, spostandosi oltre la prospettiva frontale. In sartoria, con il termine “profilo” si intende quell’orlatura di stoffa volta a rifinire colli, tasche, polsi. Quei bordi, quei modelli, che il mio filo mette in discussione. Che sono traccia: definizione e sfaldamento al tempo stesso.

In che termini esplori il linguaggio e la comunicazione e come questi due temi si declinano rispetto all’arte e all’esperienza estetica?

L’arte per me è la possibilità di avere a disposizione molteplici linguaggi e strumenti per comunicarsi e comunicare. Un’occasione privilegiata di unione tra il singolare e il plurale, un veicolo di partecipazione al mondo, nella concretezza tanto del fare quanto del pensare. È la formalizzazione di visioni e ideali, la pratica della fantasia. Abito diverse dimensioni e non prescindo dallo spazio. Così il verbale si fa scultura, nello spazio si incarna, ne è incorporato. Credo nella relazione, nell’intersezione, nella biodiversità. Esploro l’Altro in tutti i suoi aspetti, ricercando punti di vista e prospettive per rimettermi costantemente a fuoco, oltre l’individualità.4 Nell’esposizione troviamo un filo, concettuale ma anche fisico. Un filo che rievoca alla mia mente la produzione artistica di Maria Lai. Me ne parli?

La leggerezza e al tempo stesso l’esattezza (prendendo lezione da Calvino), un varco tra il visibile e l’invisibile, il segno che si fa simbolo, l’analitico che apre all’immaginazione, alla narrazione. Oltre la parola, oltre il disegno, nel ritmo dello spazio-tempo, fuori e dentro la grammatica, in un codice trasversale.Nel filo rintraccio questo: un singolare spessore, tanto flessibile quanto fermo. La ricerca della sintesi, quel “risparmiare al massimo il rumore” (cfr. G. Caproni), quel “punto bianco”, emerso dal mio vicino rapporto con l’arte di Fausto Melotti e “la bambina che gioca”, che era Maria Lai, sempre in una dimensione sociale e quindi politica. 5Credits: (1, 2,  3)  TRACCIATA, 2023, carta, tarlatana, rete per fiorista, filo, libro d’artista; (4) A intermittenza, 1998, 2023, ricamo punto croce; (5) NUOVI MERLETTI, 2022, collage; Nadia Tamanini.

 

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