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September 26, 2023

Immaginari generativi e pratiche trasformative culturali:
Intervista all’attivista Marie Moïse

Stefania Santoni

Che cos’è la cultura oggi? È un mezzo che permette la creazione di nuovi immaginari? Per come è concepita ora, per le sue caratteristiche attuali, la cultura è davvero accessibile per chi la produce e per chi ne fruisce? In che modo cultura e cura sono correlate?

A rispondere a queste domande ci aiuta Marie Moïse, ricercatrice, attivista, femminista, nonché traduttrice con Gaia Benzi de “Il manifesto della cura” di The Care Collective. Moïse sarà ospite a Trento in occasione di CONTROFRATTALE organizzata da OHT, una due giorni di dialoghi pubblici e di laboratori aperti con l’obiettivo di restituire delle linee generali per pratiche politiche culturali inclusive e plurali (Palazzo delle Albere, 27 e 28 settembre 2023). 

Quale è il tuo percorso di formazione, Marie? Da dove è cominciata la tua ricerca sulla cultura come bene comune e sulle pratiche di redistribuzione?

Tutto ha avuto inizio studiando storia; proprio in questo periodo, durante la laurea triennale, mi sono avvicinata all’attivismo dell’ambiente universitario scoprendo interesse per le pratiche femministe, per le categorie critiche e i tentativi di trasformare le situazioni in cui ci troviamo. Da qui è nato un profondo desiderio di approfondire il femminismo anche da un punto di vista teorico: è così che me ne sono andata dall’Italia perché nel nostro paese non esistono lauree magistrali dedicate agli studi di genere. Mi sono trasferita a Parigi, all’Università Paris VII, dove mi sono laureata in sociologia e antropologia con una specializzazione in studi di genere e cambiamento sociale. Dopo questo anno di formazione in Francia, ho sentito il bisogno di riportare a casa quanto avevo appreso sia in università che nel mondo delle mobilitazioni dei diritti delle donne, dei migranti e delle persone senza fissa dimora: la mia è stata una formazione continua appresa nelle aule, nelle biblioteche, negli archivi, nelle piazze. Ho poi ottenuto una borsa di studio per un dottorato in filosofia politica a Padova che successivamente ho trasformato in un doppio diploma italo-francese grazie a una co-tutela con l’università di Tolosa. La mia ricerca porta avanti un approccio trasversale che è storico, sociologico, antropologico ma anche filosofico e politico. Ora collaboro con molteplici università italiane e straniere. Potrei dire che l’oggetto del mio studio è frutto di una commistione  tra teoria e pratica esperienziale, vissuta in prima persona. marie moise 2

Come è stata la tua esperienza di traduzione de “Il manifesto della cura”?

Al tema della cura sono approdata durante gli studi in Francia, grazie a una riflessione femminista-materialista che in Italia ancora non aveva preso piede. 10 anni fa non era ancora scoppiata l’onda del transfemminismo globale: di femminismo si parlava e si discuteva solo in nicchie che erano sopravvissute alle ondate precedenti, nicchie dove avvertivo la profonda mancanza di un approccio intersezionale e materialista alla condizione delle donne in cui la questione della cura è elemento centrale. Vedevo esserci un’idea omogenea di donna che doveva valere per tutte (senza quindi fare i conti con quelle che sono le condizioni specifiche delle donne in base alla loro estrazione di classe, assegnazione razziale, orientamento sessuale e così via): si trattava di una chiave essenzialista. Mi sentivo scontenta delle proposte di lettura di trasformazione sociale anti capitalista che non restituivano mai il ruolo cruciale sistemico delle donne che si trovavano in tale condizione. Si trattava di comprendere il ruolo delle donne in questa struttura di oppressione. È divenuto così chiaro che dal lavoro di cura delle donne, da tale processo di riproduzione sociale dipende la riproduzione di un intero sistema di oppressione che opprime le stesse donne, che di questo sistema si prendono cura. La cura, quindi, che cos’è? Un insieme di attività incarnate, di corpi appropriati su cui è centrale lavorare per creare pratiche trasformative. marie moise 3Per OHT, in occasione di CONTROFRATTALE, condividerai delle riflessioni intorno agli immaginari generativi. In che modo la cultura diventa uno strumento di pratiche trasformative e di creazione di nuovi immaginari? 

Sì, parlerò di pratiche trasformative nell’ambito del lavoro e della produzione culturale, dove la cura può servirci come lente per leggere come funzioni la produzione culturale, ma anche per costruire pratiche trasformative in questo ambito. Mi muoverò su due interrogativi: l’attività di cura è un lavoro che vale meno, che deve essere gratuito, che deve essere dato per scontato? Cosa può accadere se la cura diviene un prisma per pensare alla trasformazione? Se la cura diventa il catalizzatore, la pratica per creare beni comuni, la chiave per fare comunità e forme di condivisione, relazione dove non era previsto, forme circolari di redistribuzione, di sapere, di risorse materiali e immateriali, che cosa avviene? Vorrei ragionare sulla possibilità di riflettere intorno alla produzione culturale come ambito in cui si pratichi il lavoro di cura. Il focus dell’intervento saranno le infrastrutture della produzione culturale e la generazione di cultura come bene comune. Cercherò di instillare riflessioni sulla concezione che noi abbiamo di produzione culturale: la cultura può diventare bene comune sia dal punto di vista di chi ne beneficia, ma anche di chi la produce, di chi è artista; investigheremo sul modo in cui si possano superare le attuali condizioni di accesso alla cultura e alle produzione di cultura perché esistono barriere economiche e di genere; ci interrogheremo sul senso della gratuità della cultura, delle pratiche possibili per rendere la cultura il più possibile redistribuita, per valorizzare le pratiche che permettono l’accesso alla cultura (come le relazioni di cura che però sono invisibili e non valorizzate, come le relazioni con i territori, affinché le produzioni culturali rispondano ai bisogni locali; a lavorare sul e con il territorio tenendo ben presenti il vissuto, le risorse e i patrimoni nei percorsi di elaborazione). Credo che un lavoro culturale di cura orientato alla trasformazione sociale possa davvero funzionare e permettere di scavalcare le barriere attualmente esistenti.

CONTROFRATTALE – Immaginare politiche culturali trasformative – si svolgerà a Trento, a Palazzo delle Albere, il 27 e 28 settembre 2023.

Credits: (1,2,3) Marie Moïse

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