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September 7, 2023
Villa Arnica negli scatti di Chiara Bettazzi
Stefania Santoni
Immagina un giardino meraviglioso. Una villa da sogno. E poi un ruscello, un vigneto e il canto degli uccelli. Questo spazio che pare un paradiso terrestre – quell’Eden che tutti e tutte vorremo esplorare e vivere – esiste davvero: è Villa Arnica e si trova nel cuore di Lana.
Questa villa elegante, dove la cura e la bellezza fanno da padrone di casa, da signore delle montagne, ha ospitato qualche giorno addietro la residenza di un’artista che realizza opere fotografiche che sembrano immagini di cristallo, capaci di cogliere l’essenza cristallina delle cose e al tempo stesso di riflettere, di fungere da specchi. Sto parlando di Chiara Bettazzi, artista che vive e lavora a Prato. Chiara, mi racconti il tuo percorso artistico: come sei arrivata alla produzione delle tue opere fotografiche?
Ho frequentato il liceo artistico e poi il DAMS a Bologna (sezione arte) ma in realtà ciò che è stato ed è tutt’ora significativo per l’inizio del mio percorso, del mio iter artistico, è un luogo specifico dove abito e lavoro da circa vent’anni: uno studio, a Prato, di carattere industriale in cui lavoro dal 2005. Sono molto legata a questo luogo per via delle architetture che caratterizzano il mio territorio, Prato, una città caratterizzata, da sempre, dalla presenza delle industrie tessili. Queste architetture hanno al loro interno non solo spazi molto ampi ma anche delle luci naturali davvero suggestive che si posano sulle cose dando loro un profondo senso di densità. Tutto il mio lavoro risente quindi della conformazione di questa spazialità. Ma torniamo al mio studio che si trova nella corte di un antico lanificio. Quando l’ho visto per la prima volta era in stato di abbandono: ho cercato di dedicare il mio lavoro anche alla riattivazione di questo spazio. Così, di pari passo, è nata anche la mia ricerca artistica che a contatto con questi luoghi si è sviluppata attraverso l’uso di oggetti quotidiani che in parte trovavo in questi stessi spazi o che appartenevano alla mia famiglia, alla mia storia personale. Il lavoro con gli oggetti prevedeva la creazione di installazioni che avevano quel sapore di paesaggio domestico, di ibridazione tra oggetti di uso quotidiano e il legame con ciò che sta intorno a loro, quindi il contesto in cui erano inseriti. A un certo punto, però, nella tua pratica artista è subentrato un nuovo elemento…
Sì. Nel 2016 è arrivata la natura. L’elemento naturale è subentrato nella mia ricerca e nel mio studio, con l’obiettivo di realizzare un orto, un giardino industriale che ancora oggi è presente e che rappresenta in qualche modo una sorta di espansione della parte interna del mio studio. È così che la natura che si ibrida con gli oggetti di uso quotidiano diventa materia centrale all’interno delle mie installazioni e fotografie. Nel mio lavoro la fotografia diventa autonoma a partire dal 2019: se prima era usata come studio preparatorio alle installazioni e in forma diaristica, come registrazione di cambiamenti e trasformazioni delle mie opere-installazioni, poi è diventata indipendente, esistendo di per sé, autonomamente. Sono così venute alla luce le prime fotografie di grande formato con composizioni e set che realizzo a partire dall’idea di natura morta: gli oggetti disposti in una determinata composizione davanti all’obiettivo, vengono così “congelati” e immortalati dallo scatto fotografico, trasformandosi in opera. Questi oggetti sono ossa e fiori, penne e piume, ma anche attrezzi ginnici, ventagli, funi intrecciate, forchette che riposano sotto un fiore, merletti e grucce distrutte, borse del ghiaccio o dell’acqua calda. Quali sono state le tue esperienze più significative in ambito espositivo? So che hai portato i tuoi lavori in musei prestigiosi, come la Galleria Nazionale di Roma…
La Galleria Nazionale è un posto incredibile. L’esperienza vissuta qui ha segnato una vera e propria svolta nella mia ricerca artistica. Ho partecipato a una collettiva nel 2018 che s’intitolava “Il mondo è un fine: vivere tra le rovine”. Una mostra collettiva, che mi ha permesso di avere a disposizione un’ampia sala dove ho creato un’istallazione a partire dallo studio di tantissimi materiali domestici, lavorando proprio lì, in loco all’allestimento nel corso di una settimana. Sempre alla Galleria Nazionale ho avuto modo di realizzare anche una personale, nel 2022, dove ho raccolto diversi cicli fotografici (che vanno dal 2019 al 2022) in un’unica installazione fotografica: quest’esperienza mi ha permesso di mettere una sorta di punto alla produzione fotografica di quel periodo e al tempo stesso di osservare, come una spettatrice, la svolta decisiva che stava prendendo il mio lavoro. Altre esposizioni che hanno segnato il mio percorso sono state quelle a Villa Romana nel 2019, e più di recente, a Villa Rospigliosi a Prato. A Villa Arnica invece ti sei immersa nella natura dello splendido giardino della Villa, oltre che nel paesaggio alpino delle montagne di Lana…
Mi hanno invitata in residenza a Villa Arnica per raccontare la sua particolare atmosfera attraverso la mia pratica artistica che si basa sulla compresenza di elementi naturali e oggetti di uso quotidiano. Il parco con l’orto, oltre che gli interni favolosi della villa, si sposano perfettamente con la mia ricerca. Le fotografie che ho realizzato qui sono quindi strettamente in connessione con il luogo, sia negli ambienti interni che esterni: sono nature morte realizzate grazie alla ricollocazione di oggetti presenti nella villa, ma anche elementi vegetali presi dal parco e dal giardino come rami, foglie, fiori, ecc. Circondata da queste montagne maestose, dalla cura di questi spazi verdi e dall’estetica urbana delle architetture e delle abitazioni, sono stata conquistata da Lana e dal suo genius loci.
Credits: ( 1,2,3,4, 5) Johanna Heiss per Villa Arnica.
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