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July 21, 2023

L’antropocene e le sue sfide
tra arte contemporanea e conoscenza
per i 10 anni del MUSE

Francesca Fattinger

L’opera d’arte è un luogo dove si può pensare, sentire, agire. È lì che possiamo collettivamente iniziare a visualizzare e costruire nuove conoscenze. 
Susan Hiller

È il 26 novembre 1965 e alla Galerie Schmela di Düsseldorf è stata appena inaugurata una mostra con i dipinti di Joseph Beuys. L’artista è lì, presente. Ha la testa ricoperta prima di miele e poi di foglia d’oro, sotto al piede ha un pezzo di feltro e una specie di sci, ma soprattutto tra le mani ha una lepre morta che accarezza e tratta come se fosse un bambino. I visitatori e le visitatrici lo guardano, completamente magnetizzate da quello che fa, ma lui ha occhi e attenzione solo per la sua lepre a cui sussurra il senso delle sue opere. Appena ho saputo che al MUSE – Museo delle Scienze di Trento sarebbe stata realizzata “Eden”, performance della durata di 24 ore dell’artista Giulio Boccardi e del regista Leonardo Panizza, sono ripiombata in quella scena, in quella densità e in quell’energia spirituale. Boccardi, novello Beuys, ripreso da Panizza che ne realizzerà un cortometraggio, si immergerà per un giorno intero, dalle 10 di questa sera 21 luglio alle 10 di sera di domani 22 luglio, nella serra tropicale del MUSE, un micro paradiso artificiale in cui l’ambiente, gestito nei minimi dettagli, simula l’habitat originario delle specie presenti.

Giulio Boccardi, Leonardo Panizza, Eden_3

Ogni volta che mi capita di entrare nella serra del MUSE mi sembra letteralmente di camminare in un paradosso, sono percorsa dallo stupore e al contempo da una paura che mi scorre dentro silenziosa, ammaliata dalla flora e dalla fauna che abita in quello scrigno-prigione di vetro e metallo, con le sue passerelle, le sue ringhiere e i suoi sassi artificiali. Boccardi vivrà là, immerso in quel paradosso, che contiene anche la speranza di una nuova e positiva relazione uomo-natura. Sarà là presente e, nudo e senza mezzi a disposizione, ce lo renderà visibile. Sarà là per la natura, come Beuys era presente per la sua lepre, e noi visitatrici e visitatori guardandolo avremo la possibilità di specchiarci in lui, di porci in questione come esseri umani, di interrogarci sul nostro abitare la natura, il mondo e quindi l’Antropocene, l’era che prende il nostro nome, malgrado la disfunzione che noi umani stiamo causando. La domanda sarà quindi: “e noi da che parte vogliamo stare?”

Giulio Boccardi, Leonardo Panizza, Eden_2

Saremo trascinati in una situazione idilliaca che sfiora la dimensione del mito, primitiva e selvaggia, ma in qualche modo anche futuristica, una situazione paradisiaca in cui l’uomo e la natura sanno convivere armonicamente, seguendo il ritmo l’uno dell’altra, accarezzandosi, toccandosi, osservandosi, ascoltandosi, senza la consueta volontà umana di supremazia o di dominio e di soffocamento delle altrui esigenze, ma stando semplicemente nei propri ritmi che convivendo si adattano silenziosamente gli uni agli altri, parti integranti di un tutto armonico. Sarà mai possibile tutto questo al di fuori di quella prigione-scrigno vetrata? Il corpo e la mente dell’artista inseriti in un contesto progettato per il benessere dell’ecosistema vegetale e animale come reagirà? E come reagiranno i visitatori e le visitatrici, che, alla stregua delle azioni performative di Beuys, ne saranno “energizzati”, accoglieranno o rifiuteranno quell’energia? Dalle 10 alle 22 di domani, sabato 22 luglio, oltre a osservare Boccardi, potranno, se vorranno, come forma ulteriore di interazione con l’artista, decidere di offrirgli del cibo. Di nuovo una metafora che ci vuole far interrogare sulle nostre pratiche di cura: non sono forse esse stesse atti di addomesticamento nei confronti della natura? Cosa succede se c’è l’uomo dall’altro lato? 

angela fusillo 3

I like to think (and
the sooner the better!)
of a cybernetic meadow
where mammals and computers
live together in mutually
programming harmony
like pure water
touching clear sky.(…)
Richard Brautigan  

A proposito di cura, subito all’entrata della serra, ecco “Machines of Loving Grace”, l’opera di Angela Fusillo e Marco Gentilini, un’installazione video generata tramite un’intelligenza artificiale sulla base dei dati della serra. L’insieme dei dati generato dalle tecnologie di monitoraggio è stato utilizzato per allenare questa intelligenza artificiale a visualizzare un ecosistema tropicale. Ogni volta che assisterete a una variazione nel video, quel cambiamento corrisponderà a una variazione dei dati reali nella serra: intelligenza artificiale, dati e natura legate e intrecciate indissolubilmente e amorevolmente l’una con l’altra, l’una nell’altra. 

angela fusillo 2

Il titolo è un omaggio alla poesia tecno-utopica di Richard Brautigan, il cui incipit trovate qui sopra. Nel 1967, e fa riflettere il fatto che sia solo due anni dopo la performance citata di Beuys, l’autore americano pubblica in un’omonima raccolta la poesia “All Watched Over by Machines of Loving Grace”: sono anni in cui si assiste a un’ondata di grandissima fiducia nei confronti del ruolo della tecnologia nella vita degli uomini. Macchine che migliorano, proteggono, curano l’uomo: un’utopia tecnologica, che anche se ai nostri occhi può sembrare distopica, ci ricorda invece che le macchine possono davvero avere nei nostri confronti una “cura amorevole” dalla quale può dipendere addirittura la sopravvivenza di interi ecosistemi. Non c’è allora distinzione tra natura e tecnologia, non ci sono confini, non ci sono barriere, ma solo rapporti di reciproca armonia.

Ettore Morandi 1

Oltre alla parola “cura” anche “ascolto”: ecco le parole che come un filo rosso legano tutte le opere esposte al MUSE in occasione del suo decimo compleanno, una delle tantissime iniziative che colorano la giornata del 22 luglio, e che ci ricorda il suo essere da sempre pioniere nel far nascere relazioni fertili tra tutti gli ambiti del sapere e nel far abbracciare la scienza all’arte e viceversa. E di “ascolto” si parla nell’opera di Ettore Morandi, installata all’esterno, nei pressi dell’entrata principale del MUSE. È possibile abitare una poesia, entrarci e farla entrare così in noi, nel nostro respiro, nel nostro sguardo, nella postura del nostro corpo e dei nostri pensieri? L’installazione site-specific di Ettore Morandi ci permette proprio questo, con grande leggerezza e semplicità, come tutte le poesie che si insinuano con delicatezza e germogliano dentro di noi sanno fare. L’artista con la sua opera ci invita letteralmente a calarci “Tra le parole del silenzioso vivere”e lì a rallentare e infine a fermarci, so-stare accanto al mondo vegetale per ascoltarlo. Quanto raramente ci accade di poterlo fare? Qui l’arte ci permette di compiere un gesto gentile di ribellione, di mettere in pratica “un atto di umiltà etica”. Siamo abituati a non dare attenzione, a non dare ascolto e in questo modo a compiere atti soggioganti, in cui è il nostro ego che domina, opprime, uccide. 

Ettore Morandi 2

Morandi con una semplice panchina, una postazione in legno costruita attorno a una pianta, ci fa compiere un atto radicale rispetto alla nostra quotidianità, ci induce simbolicamente a un atto di simbiosi con una pianta, permettendoci di sederci il più vicino possibile al suo tronco per stare schiena a schiena, spalla a spalla con lei, in un atto intimo e delicato di connessione. Perché la postura del nostro corpo non è che il riflesso della postura della nostra mente, del nostro pensiero e dei nostri desideri: modificando l’una si modificano gli altri in un fluire indispensabile al genere umano quanto a quello vegetale. L’opera di Morandi che sottolinea come «imparare a respirare con le piante sia un gesto sovversivo e delicato» mi ricorda la leggerezza rivoluzionaria delle opere di Giuseppe Penone:

Sento il respiro della foresta.
Odo la crescita lenta ed inesorabile del legno.
Modello il mio respiro sul respiro del vegetale.
Avverto lo scorrere dell’albero attorno alla mia mano appoggiata al suo tronco.
Il mutato rapporto di tempo rende fluido il solido e solido il fluido. La mano affonda nel tronco dell’albero.
Giuseppe Penone

EDOARDO SPATA 2

Continua il giro tra e negli spazi del museo alla ricerca della quarta opera esposta che si trova nel biotopo del MUSE: Edoardo Spata ha ideato “Eco-nazism”, una serie di bandiere che sventolando ci provocano, forse addirittura ci possono irritare, perché in modo schietto, senza tanti giri di parole, ci mettono faccia a faccia con quello che le nazioni stanno facendo in termini di politiche ambientale. Le potenze geopolitiche che per loro natura sono caratterizzate dall’esigenza di accrescere il consumo di risorse e la propria forza offensiva, come possono agire sulla salvaguardia del clima? L’artista si domanda se sia mai possibile una battaglia con un’accezione morale così marcata come quella ambientale in un ambito cinico e violento come quello geopolitico senza cadere nuovamente nella violenza in un cortocircuito senza fine. Per questo si spinge all’estremo e immagina addirittura un “eco-nazismo”, camuffato dietro alle scelte green. In questo si ricollega alla storia e ci ricorda come lo stesso partito nazionalsocialista tedesco abbia piegato a proprio uso l’antichissimo simbolo della svastica originariamente legato alla natura. L’opera di Spata mi fa interrogare su una questione che ho molto a cuore. Siamo circondati da simboli, in ogni secondo e centimetro della nostra quotidianità, se facciamo davvero attenzione e pratichiamo quell’ascolto attivo di cui si parlava in precedenza, ne possiamo essere addirittura soffocati. Ma quanto li conosciamo? Quanto agiscono in noi inconsciamente e quanto invece siamo noi a controllarli e dominarli? Che narrazioni nascondono e quali interpretazioni diamo loro? 

EDOARDO SPATA 1

Ed eccoci infine alla quinta opera che si trova nell’orto del MUSE, un’installazione che grazie al suo supporto scorrevole ci permette di sovrapporre realtà e immaginazione per un futuro desiderabile in cui uomini e specie impollinatrici sappiano coabitare. “Trento no stop pollinators city” di Elena Grippo e Nikola Koruga consiste in un doppio intervento cartografico: due mappe di Trento scorrono l’una sull’altra. La “Trento Reale” ci fa vedere come la città è strutturata nel suo reticolato urbano, nei suoi edifici, nelle sue strade e piazze. Si inserisce sopra di essa la “Trento Possibile” infilando così visivamente e quindi idealmente degli spazi altri: sono intervalli di possibilità, pronti in potenza per accoglierne la trasformazione. E questa è una città ideale, pensata per api e per diverse altre specie di impollinatori e impollinatrici. Accade così che in questa seconda mappa alcuni edifici vengano sostituiti da una rete di infrastrutture dedicate principalmente a loro: agli insetti. Un sistema reticolare interconnesso con il tessuto urbano, ricco di habitat diversificati, collegati da corridoi che facilitano i tragitti per la loro raccolta di cibo e nidificazione. Cosa succederebbe se alcuni edifici fondamentali alla vita umana venissero davvero rimossi e liberati, come ipotizza questa sovrapposizione ideale, per fare spazio alle necessità di altre specie? 

Trento no stop pollinators city_Grippo_Koruga

Le opere che vi ho raccontato e che potrete andare a vedere di persona, dalle 10 di domani sabato 22 luglio fino alle 3 di mattina di domenica 23, passeggiando tra la serra, gli orti, il biotopo e le sale del museo, sono le 5 selezionate tra i progetti ideati come esito di un hackathon, una maratona-evento che unisce più competenze per creativi, che il MUSE ha organizzato nella notte fra il 3 e il 4 giugno scorsi, nell’ambito del programma “NxT – formazione e trasformazione”, coordinato da Carlo Maiolini, mediatore culturale del MUSE, e curato da Stefano Cagol, con la piattaforma “We Are The Flood” per la parte artistica, e il collettivo Mali Weil, con la piattaforma “Like Life” per la parte di design.

C’ero anche io quella notte, così intensa che difficilmente scorderò, in cui il museo ha chiuso le sue porte lasciando libere creative e creativi di appropriarsi dei suoi spazi, dei suoi silenzi, delle sue risorse e di mischiarsi con le loro. In quelle ore di intenso lavoro e scambio diciotto artisti, artiste e designer under 35 hanno abitato gli spazi museali e hanno poi presentato la mattina i concept ideati durante la notte: li trovate tutti consultabili qui.

Credits: (1, 2, 3) Giulio Boccardi e Leonardo Panizza; (4, 5) Angela Fusillo e Marco Gentilini, (6, 7) Ettore Morandi; (8,9) Edoardo Spata; (10) Elena Grippo e Nikola Koruga.

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