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April 21, 2023
La Galizia al Bolzano Film Festival 2023:
Intervista a Ricardo Apilanez
Stefania Santoni
In questi giorni è in corso la nuova edizione di Bolzano Film Festival Bozen, un progetto avviato nel 1987 con l’obiettivo di portare le cinematografie di paesi di confine in un territorio che si stava aprendo al mondo, valorizzando allo stesso tempo le produzioni cinematografiche indipendenti locali. Nato e cresciuto in una città di rara vivacità culturale, è stato concepito come un Festival aperto, in qualche modo ibrido, caratterizzato da una intensa rete di collaborazioni con le numerose istituzioni e iniziative che operano sul territorio. L’obiettivo primario è l’aspirazione a tessere un mosaico multiforme che metta in evidenza ambiti confinanti e trasversali, come cultura, evoluzione artistica e innovazione sociale. BFFB è quindi un Festival alle prese con un universo dell’audiovisuale in perenne transizione, può affermarsi solamente a patto di costruire un’identità forte. E molteplice.
Per questa edizione abbiamo avuto modo di confrontarci con Ricardo Apilanez, coordinatore del focus dedicato alla Galizia, regione della Spagna, e quindi al cinema Galego. Novo cinema Galego prevede infatti la proiezione di sei pellicole realizzate in quest’ultimo quinquennio. Sei opere, che sono state presentate in alcuni dei maggiori festival internazionali e che fungono anche da assaggio per approcciarsi a questa realtà cinematografica “rurale” e identitaria.
Ricardo, come nasce la programmazione di ʽʽNovo Cinema Galegoʼʼ?
Dopo che Vincenzo Bugno è diventato il nuovo direttore artistico di BFFB, siamo entrati in contatto e mi è stato subito proposto di dedicare un focus al Cinema Galego. Quindi a una regione, non a un paese o nazione. Per il festival di cui mi occupo a Gijòn, in Asturia, conosco da molti anni i film galiziani, registi, registe, produttori e produttrici per via della vicinanza con la Galizia. Ci siamo quindi mossi insieme anche per ricercare i finanziamenti necessari per la realizzazione di questo progetto: l’Ambasciata Spagnola a Roma e l’Agenzia Galiziana per le Industrie Culturali hanno reso possibile la messa in atto del focus.
Cʼè qualche ospite che avete invitato a parlare di Cinema Galego?
Sì, ne abbiamo invitati 5. Tutti appartengono al cinema galiziano ma con ruoli differenti gli uni dagli altri. Jaime Pena, ad esempio, è un critico cinematografico e anche il direttore della programmazione della Cineteca galiziana. Beli Martinéz è invece una produttrice e anche un’accademica: è stata la prima ad aver pubblicato una tesi di dottorato sul movimento il “Novo Cinema Galego”. Tra i registi c’è Eloy Enciso di cui verrà proiettata la sua ”Longa Noite” venerdì 21 alle 17.00 e poi Helena Girón e Samuel M. Delgado con il loro ”Eles transportan a morte” la cui proiezione è prevista sabato 22. Mi racconti di “O que arde”, di Oliver Laxe?
Uscito nel 2019, è stato presentato nella sezione “Un certain Regard” al Festival di Cannes. La storia si svolge nella catena montuosa di Ancares, Provincia di Lugo e racconta la storia di Amador Coro, un piromane che esce di prigione mentre torna a casa, di sua madre Benedicta, del suo cane Luna e delle sue vacche. Le loro vite trascorrono tranquillamente in mezzo alla natura della loro città finché un giorno un incendio devasta la regione. Il film ha partecipato alla 34ª edizione del Festival internazionale del cinema di Mar del Plata, dove ha vinto l’Astor d’oro per il miglior film.
E di “Luà Vermella”, di Lois Patiño?
Si tratta di un film del 2020, molto particolare: forse è quello più sperimentale di tutti e sei. In galiziano Luà Vermella significa “Luna Rossa”. La sua narrativa è assente: “è un film assente in assenza”. Il regista esplora la gente e i luoghi della Galizia in cui è nato e cresciuto, elabora antiche leggende e le traduce in un sogno perpetuo che trascrive il presente nell’astrazione di vecchie figure che vegliano la loro tarda presenza.
E che dire di “Longa Noite”, di Eloy Enciso?
Si tratta dell’unico film esplicitamente politico della rassegna. Si riferisce in gran parte alla lunga notte della dittatura franchista in Spagna, anche se il film è ambientato agli inizi degli anni ’40. Racconta il ritorno al suo paese d’origine (in Galizia) di un detenuto politico che dopo la guerra viene mandato nei campi di concentramento. Non si sa che abbia fatto di preciso o che cosa gli è successo. Una volta arrivato al suo paese, il protagonista capisce subito che non sarà molto al sicuro e così inizia una fuga e il film, a questo punto si trasforma, soprattutto per la fotografia notturna che occupa tutta la seconda parte del film.
E il lavoro di Diana Toucedo?
“Trinta Lumes” è un film molto importante perché è rappresentativo di ciò che è stato il movimento “Novo Cinema Galego”. Il progetto del film inizia come documentario, ma dopo aver trascorso del tempo nel paese in cui si sviluppa la storia e la regista conosce i protagonisti, il film piano piano diventa una finzione. Sono preservati gli elementi di quello che tradizionalmente è un documentario: i luoghi sono veri, cʼè una non messa in scena, le persone diventano personaggi. Sabato alle 17 verrà proiettato “Eles transportan a morte”…
Il film si sviluppa in due zone, quasi opposte. Le Isole Canarie da un lato, dall’altro la Galizia. Viene raccontata la storia di tre marinai di Colombo (siamo nel Quttrocento) che fuggono quando la spedizione arriva nelle Isole Canarie. Questo si ricollega alle vicende di due donne nella Galizia, una delle quali è la sorella di uno dei tre marinai. Il film tocca il tema della stregoneria, un aspetto decisamente presente nella mitologia e tradizione galiziana e che qui si ricollega al paesaggio, quindi ai boschi, allʼumidità, all’oscurità tipica della terra galiziana.
Unʼultima domanda. Domenica 23 invece verrà presentato “Trote”, di Xancio Baño: mi racconti qualcosa anche di questo ultimo film?
È la pellicola più convenzionale da un punto di vista narrativo e dà più rilevanza alle relazioni familiari, senza dimenticare la presenza del territorio e delle tradizioni. Qui si gioca sul ruolo della donna nelle nuove generazioni rurali in una villaggio in cima a una montagna che per molti versi ha una visione ancora conservatrice. Si assiste a una cerimonia che ha a che vedere con dei cavalli marcati a fuoco col ferro dopo essere fuggiti e poi recuperati tra le montagne. Altro aspetto degno di nota del film è il rapporto tra fratello e sorella, quindi la riflessione sul tema del lavoro: è un uomo o una donna che si deve occupare di certe cose?
Credits: foto dei film (1) Luà Vermella, (2) O que arde, (3) Trote, (4) Eles trasportan a morte; courtesy of Bolzano Film Festival Bozen.
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