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March 21, 2023
Venice Time Case: 50 opere in valigia
allo Studio d’Arte Raffaelli di Trento
Stefania Santoni
Giovedì 16 marzo, la Galleria Studio d’Arte Raffaelli presso Palazzo Wolkenstein a Trento, ha inaugurato la mostra Venice Time Case. Si tratta della quarta tappa del viaggio di un progetto itinerante, senza fini di lucro ideato da Luca Massimo Barbero, storico e critico d’arte moderna e contemporanea nonché Direttore dell’Istituto di Storia dell’Arte della Fondazione Giorgio Cini di Venezia, che ho avuto il piacere di intervistare. Professore, come nasce “Venice Time Case”?
Il progetto nasce come un luogo in movimento per ricercare e valorizzare gli artisti emergenti dell’area veneziana. Con “Venice Time Case” ho voluto accendere i riflettori su un territorio noto solo in apparenza, Venezia, Mestre, ma soprattutto su Marghera, dove pulsa un’energia vitale e giovanile che nella città storica sembra essersi un po’ sopita.
In che modo le opere si trasformano in” formato valigia” per divenire itineranti, “girovagando” per l’Europa?
Il viaggio rappresenta da sempre per me un aspetto molto importante e l’arte deve viaggiare per essere vista. Da qui la mia decisione di chiamare 50 giovani artisti che non conoscevo, se non parzialmente e far produrre loro un lavoro con lo stesso formato: 50 lavori, 5 valigie, ognuna delle quali contiene 10 lavori. In questo progetto ho coinvolto realtà mature che si sono rese disponibili a collaborare, come Apice che ha creato le flycase e il sistema di installazione dei lavori, Leonardo Sonnoli che ha offerto la grafica di Venice Time Case e Marsilio Arte che ha realizzato il catalogo che accompagna il progetto itinerante. Con quali criteri sono stati selezionati i giovani artisti?
Da qualche anno ho iniziato a frequentare questi grandi spazi collettivi dove più artisti lavorano insieme, dividendoseli tra loro, al di fuori delle correnti tradizionali del sistema dell’arte e delle stesse gallerie. Si sono dunque scelti da sé, decidendo di rimanere nel territorio veneziano dopo gli studi all’Accademia di Belle Arti e creando realtà condivise e interconnesse. Ho compiuto una sorta di “carotaggio” chiedendo a ciascuno degli artisti coinvolti, di un’età compresa tra i 25 e i 35 anni, un’opera rappresentativa della loro visione pittorica.
Le opere esposte presso lo Studio d’Arte Raffaelli in che modo dialogano con lo spazio?
Il bello di questo viaggio è che il museo, la galleria o uno spazio altro, lontano dall’idea di spazio espositivo, si rendono disponibili ad accogliere il progetto, nel quale io non ho il ruolo di curatore, ma piuttosto di ideatore. Non entro nell’allestimento, ma metto l’idea del progetto al servizio di ogni gallerista che dopo aver scelto di partecipare farà da padrone di casa. Le opere non sono divisibili e non sono vendibili, viaggiano insieme tappa dopo tappa, dove lasciano un assaggio della ricerca di ciascun artista destinate al loro viaggio finale ed essere quindi donate ad un museo. ”Venice Time Case” vive anche sui social media tramite Instagram, presentando i curriculum degli artisti che possono così essere contattati per costruire nuove conoscenze e collaborazioni.
Un’ultima domanda. Che tipo di esperienza vive lo spettatore con questo genere di mostre?
L’esperienza è quella di viaggiare senza spostarsi, un’occasione unica, da vivere in più luoghi, a Trento, a Padova e a Parigi, dove potersi immergere in confronto diretto con le opere come se fossero 50 studi-visit e trovare così un tassello in più per andare ad approfondire ogni artista. “Venice Time Case” è uno straordinario “campionario immaginativo” di ciò che sta accadendo altrove, all’interno di una nuova generazione.
Credits: (1) I giovani artisti di “Venice Time Case”, foto by Lorenzo Ceretta (2) Paolo Pretolani, Silver Suicide, olio e foglia d’argento su tavola (3) Giulia Maria Belli, L’alcova del serpente, smalto e olio su tavola.
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