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December 9, 2021

Professione stylist: Intervista a Ulrike Lang

Maria Quinz

Incontro Ulrike Lang in un locale di Milano. È il primo pomeriggio e poca gente siede attorno ai tavoli. Una grande parete ricoperta di piante verdi ci fa da sfondo, mentre Ulrike mi parla del suo lavoro di stylist nello scintillante mondo della moda a Milano. Ulrike lavora per la rivista IO Donna, fin dai suoi esordi negli anni ‘90. Si può dire che sono cresciute insieme! 

Trovo particolarmente interessante ascoltare il suo racconto e il suo ingresso in un mondo così affascinante e tanto strutturato oggi, oltre che circondato da un alone di inaccessibilità, con il passo leggero di una ragazza del Renon, che inseguendo la sua passione per la fotografia e le “ belle immagini” si è creata una professione che le “calza a pennello”, senza perdere mai di vista le sue origini, la sua voglia di libertà creativa e la sua raffinatezza nel tocco estetico – come evidenziano i suoi lavori – e non solo.ulrike lang 5

Ulrike, come hai iniziato a lavorare come stylist? 

In modo casuale, direi. Ai tempi della scuola ero appassionata di fotografia e volevo lavorare in questo settore. All’epoca – agli inizi degli anni ‘90 – non sapevo nulla della professione di stylist. Non esistevano scuole o corsi di formazione come oggi. Ho frequentato un corso di orientamento a Bolzano – nell’ambito dell’editoria, grafica e fotografia – che mi ha fornito un contatto a Milano con Robert Rabensteiner, originario di Merano e che lavorava per Uomo Vogue. Tramite lui ho iniziato immediatamente a lavorare agli studi di Condé Nast, a Milano. All’inizio ero l’assistente dell’assistente del fotografo… Da subito, tuttavia, è stata un’esperienza determinante, perché tutti i grandi fotografi passavano di lì. La mia fortuna è stata quella di aver incontrato, fin dai miei primi passi nel lavoro, le persone giuste. ulrike lang 1

Quali altre persone hanno segnato il tuo percorso?

Si può dire che ho avuto il mio esordio in questo mestiere con Hector Castro, professionista di fama, oggi attivo a Parigi e che allora era stylist a Vogue Sposa e Vogue Uomo. Poi ho conosciuto Annalisa Milella – figura di spicco della moda internazionale – che era uno dei direttori di Condé Nast, a Vogue Bambino e Vogue Gioiello. Già allora si era trasferita a New York ma tornava spesso per dei lavori a Milano e io le facevo da assistente; è stato bellissimo lavorare con lei: una persona divertente, creativa, stimolante. Grazie a lei sono approdata a IO Donna, a questo progetto che stava nascendo proprio allora.

Ci racconti la tua avventura professionale a IO Donna?

Sono a IO Donna dalla nascita della rivista. A suo tempo speravo ancora di fare la fotografa, ma oggi sono felice di aver accettato questo lavoro. Negli anni ho avuto l’opportunità di cambiare, ma restare è stata la scelta giusta, oltre che prudente, vista la crisi dell’editoria. Il nostro team è molto unito, siamo come una famiglia che ha vissuto insieme tanti cambiamenti e l’avvicendarsi di tre direttori. Il giornale era nato nel 1996 come un esperimento momentaneo, poi la svolta è arrivata quando è diventato (seguito da D di Repubblica) il primo allegato femminile a un quotidiano – il Corriere della Sera – tra i più letti in Italia, cosa che ci permette, tuttora, di avere grande visibilità e rilievo sul mercato, facendo storie di moda, senza fare concorrenza a riviste specializzate come Vogue. Abbiamo avuto tre direttori – come dicevo – Fiorenza Vallino, Diamante D’Alessio, Danda Santini. Sotto la sua direzione, la rivista – che in precedenza aveva un taglio più lifestyle, tra il maschile e il femminile – oggi ha ritrovato un suo carattere spiccatamente femminile, con la volontà di difendere il valore della femminilità in tutte le sue sfumature più attuali.ulrike lang 2

In cosa consiste esattamente il tuo lavoro? 

La mia figura professionale non si limita alla parte creativa ma implica anche diverse mansioni organizzative. Mi occupo dei servizi di moda partendo dalla identificazione dei temi, delle location e dei capi, in sinergia con il team di fotografi e redattori, passando per la ricerca guardaroba, la gestione di resi e consegne, l’allestimento e il lavoro sul set. Naturalmente ci sono dei colleghi che si occupano esclusivamente di casting e produzione, ma gli input devono venire sempre da noi.
La rivista è un settimanale, abbiamo tante uscite, per cui la macchina deve essere ben oliata con un’organizzazione perfetta, per non incepparsi! Il lavoro sul set, soprattutto, è molto veloce oggi, anche perché i budget sono più limitati. In passato disponevamo di molto più tempo per fare le foto. In media, a settimana, realizziamo venti pagine e, a volte, una copertina, con un set di due giorni.  I tempi per scattare sono intensi: si inizia prestissimo e si finisce tardi. Anche la creatività deve essere molto veloce. 

Quanta libertà creativa avete tu e il tuo team?

Non poca a mio avviso, ma oggi – più che in passato – dobbiamo trovare il giusto equilibrio tra marketing editoriale e scelte creative autonome. La libertà massima c’era negli anni ‘80, poi è andata a scalare. Il cliente che investe va pubblicato è succede spesso che sappiamo quante pagine pubblicare solo un paio di settimane prima della messa in stampa, cosa che rende le tempistiche molto strette. Per la scelta di vestiti e accessori riusciamo a fare al massimo 6-8 appuntamenti negli show-room, per il resto ricorriamo ai look book e alle sfilate con i mezzi digitali. Rispetto al passato c’è di buono che, con la tecnologia, accediamo anche a collezioni estere, ricevendo i capi in tempi piuttosto rapidi. Per i nostri servizi partiamo sempre dai temi moda delle sfilate cercando di captare le tendenze, combinandole con le richieste degli inserzionisti e con le nostre personalità. Insieme al direttore moda si decide la location, il fotografo, ecc. a seconda dello stile che si vuole realizzare e poi si parte. 

ulrike lang 3Come definiresti il tuo stile?

Non saprei, anche se i miei colleghi lo riconoscono in un attimo così come quello degli altri! Personalmente attingo a molte fonti di ispirazione che vengono dal presente come dal passato, ma anche da discipline come arte, cinema, musica e da personaggi iconici dello spettacolo, della moda ecc e naturalmente dallo “sguardo” dei singoli fotografi con cui lavoriamo e che scelgo a seconda di ciò che desidero ricreare. È vero anche che non avendo IO Donna un’identità precisa, dobbiamo essere versatili e trovare un equilibrio, non perseguendo un unico stile, come fanno alcune riviste di moda più di nicchia.

Qual è il tuo rapporto con l’Alto Adige?

Io vengo da Renon, quindi posso dire che vengo dai boschi… Sono cresciuta nella natura, poi, improvvisamente, sono stata catapultata a Milano, nel fermento della capitale della moda: questo stato di contraddizione e di diversità tra due mondi, è ciò che mi porto dietro dal posto dove vengo.  Credo che tale aspetto ritorni anche nel mio lavoro. Mi piace generare contrasti, combinando elementi opposti e creando un equilibrio tra gli estremi: forse è questo che mi interessa maggiormente in questo momento e che, forse, caratterizza il mio stile. 

ulrike langPer concludere, ci dai qualche dritta sulle tendenze moda e qualche consiglio per chi desidera intraprendere il tuo mestiere?

Volentieri: immagino che gli stilisti abbiano pensato che avremo fatto un sacco di sport, questo inverno, così da sfoggiare un corpo pazzesco la prossima estate, perché uno dei trend più visti sono le minigonne e i micro top da far invidia alle supermodelle anni ‘90… Invece, al contrario, il trend che io preferisco sono i blazer over che stanno bene con tutto.

Per chi desidera intraprendere questo mestiere consiglio vivamente di studiare le lingue, l’inglese prima di tutto, deve essere eccellente. Nel mio caso, conoscere l’inglese a suo tempo, ha fatto la differenza.

 

Crediti: 1, 2, 3, 4 Jork Weismann, 5 Peter Gehrke, 6 Ulrike Lang

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