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October 22, 2021

Ex Post 2 alla Galleria Civica di Trento: un viaggio ai confini del sogno

Francesca Fattinger

Mi piace visitare le mostre da sola. Se ne ho la possibilità dopo il caos delle inaugurazioni ci ritorno, cercando di farlo nei momenti in cui il museo tace, quegli istanti in cui la vita si ferma, si acquieta, rallenta e si inserisce in una specie di crepa temporale, una bolla in cui ogni parete sembra essere risucchiata nell’istante magico che intercorre tra il sonno e la veglia. Per questo mi sono fatta questo dono anche ieri e un passo alla volta sono entrata nella crepa piombando in un mondo altro: il momento perfetto per visitare Ex Postalla Galleria Civica di Trento che sembra davvero un invito a perdersi nei meandri del sogno sotto l’incantesimo delle opere esposte.

Voglio partire a raccontarvi di questa mostra, prima di guidarvi alla scoperta delle sale e delle opere, sottolineando la sua speciale natura. Sì perché, se di solito i cataloghi sono la diretta conseguenza della realizzazione di una mostra, qui il percorso è l’opposto. Spesso ci si dimentica di dare il giusto risalto al grande lavoro che confluisce nella creazione dei cataloghi, non mera appendice, ma spesso, e ancora di più in questo caso, cuore pulsante di una mostra. Ex Post2 vuole essere l’occasione per riflettere su questo lavoro lasciato spesso senza voce e per invertire il processo: dai cataloghi alla mostra e non viceversa.  

3  Michele Parisi, Di ogni cosa è rimasto il vento, 2019, Courtesy Paolo Maria Deanesi Gallery

Così a tre anni dalla prima edizione ritorna la mostra sui lavori degli artisti, delle artiste e dei collettivi trentini a cui sono dedicati gli ultimi Quaderni ADAC pubblicati. 
ADAC non è altro che l’acronimo per Archivio trentino Documentazione Artisti Contemporanei. Voluto dalla prima direttrice del Mart, Gabriella Belli, e fondato dall’intellettuale Diego Mazzonelli, documenta l’attività degli artisti e delle artiste attive in Trentino. Un archivio vivo, in costante aggiornamento, che dal 2013 ha la sua sede presso la Galleria Civica di Trento, dimostrandosi uno strumento di collegamento tra museo, artistǝ, realtà associative culturali e appassionatǝ d’arte. È oggi gestito dal curatore Gabriele Lorenzoni. 

Il rilancio della collana è iniziato nel 2018 con quattro Quaderni, dedicati a Laurina Paperina, con un saggio di Chiara Agnello; Rolando Tessadri, con testo critico di Matteo Galbiati; Luca Coser, per il quale ha scritto Carlo Sala; Christian Fogarolli, studiato da Lorenzo Benedetti. 
Le pubblicazioni del nuovo ciclo di monografie, protagoniste della mostra attuale, abbracciano l’intero periodo della pandemia restituendo l’immagine di un museo che, nonostante le chiusure, non si è mai fermato, ma ha trovato la sua forza nella continua e rinnovata attività di ricerca. 

I protagonisti questa volta sono: Michele Parisi, accompagnato dal saggio di Daniele Capra; Mali Weil, collettivo formato nel 2008 da Elisa Di Liberato, Lorenzo Facchinelli e Mara Ferrieri, con il contributo di Antonia Alampi; Veronica de Giovanelli di cui ha scritto Angel Moya Garcia; Pietro Weber con testo di Jessica Bianchera.

1 Pietro Weber, Altarolo Portatile, 2018, Courtesy l'artista

Apro la porta vetrata di ingresso e comincio questo viaggio ai confini tra sogno e realtà, enfatizzato dalle musiche provenienti dal film di Mali Weil che concluderà il percorso al piano interrato. 
Nella prima sala sono attratta innanzitutto da tre teche espositive in cui sono esposti frammenti di carte e tele derivate da appunti, bozzetti, variazioni, ripensamenti di Veronica de Giovanelli, la prima artista esposta in mostra. Sembrano vetrine di meraviglie insieme naturali, vegetali, animali e artificiali di una contemporanea Wunderkammer: frammenti di carte che mi fanno pensare ad ali di farfalle variopinte, insetti dai mille colori e minerali dalle mille stratificazioni e sfaccettature e che mi mostrano in un solo colpo d’occhio il processo artistico dell’artista. Ogni frammento in un dialogo silente e delicato suggerisce il suo legame con le opere a parete: cinque tele in cui, scrive Angel Moya Garcia nel testo critico che apre la monografia dedicata all’artista: “l’esperienza del paesaggio è, in generale e in primo luogo, un’esperienza di sé”. Aspetti culturali, artificiali e naturali del paesaggio si mostrano nelle loro stratificazioni e nelle loro velature più o meno trasparenti, facendo emergere le sue e le nostre fragilità.

04 Veronica de Giovanelli, Volcano, 2020, Courtesy l'artista e Moonens Foundation

E mentre davanti a Sediments sono catturata dal dettaglio di uno strato che insegue l’altro e vi si confonde annullando margini, orizzonti e confini, l’occhio cade su una piccola tela nella sala successiva che, dialogante con i frammenti nelle teche, fin dal suo titolo mi parla e mi suggerisce che “il tempo continuava a mutare i suoi contorni”. Così entro magnetizzata nella sala successiva, dove il racconto subisce un improvviso rallentamento: corpo, occhio, pensieri sono invitati a rallentare e a darsi il tempo per sostare nelle geografie dei ricordi di Michele Parisi per farle apparire una alla volta con calma. Un lavoro “anfibio” il suo, come lo definisce Daniele Capra, nella sua monografia, caratterizzato dalla presenza strumentale di più media. “Ricorrendo al foro stenopeico o alla fotocamera Parisi realizza innanzitutto delle fotografie in bianco e nero del soggetto, che vengono poi stampate in camera oscura su una tela opportunamente trattata con gelatina fotosensibile.” Dopo questo passaggio l’artista interviene sull’immagine con la pittura a olio, con la graffite e spesso direttamente con le sue mani, trasformando e alterando i ricordi facendone porte spazio-temporali in cui cadere per rivivere memorie di vite future. Questo invito a entrare nelle sue opere è sottolineato dalla presenza della scultura in cemento dei piedi dell’artista che, davanti a uno dei due grandi lavori site-specific, vuole essere un esplicito rimando al racconto La cornice che scompare due voltedi Ernst Bloch. Così attraverso un’operazione metonimica Nostos ci presenta l’artista, ai miei occhi dolcemente intrappolato in mezzo ai due mondi del qui e ora e del ricordo. Il corridoio che segue mi accompagna in questo viaggio attraverso una punteggiatura di aurore silenziose e luminose che culminano nell’opera “Di ogni cosa è rimasto il vento” che sembra soffiarmi via verso il piano interrato per proseguire la visita.

Michele Parisi, Delle aurore che ridendo salutammo, 2021, Courtesy Paolo Maria Deanesi Gallery
Alla fine della scala eccomi catapultata in nuovi e plurimi racconti, fatti di materia, colori e calori, tradizioni esotiche e locali fuse nelle terrecotte di Pietro Weber.E di nuovo l’occhio comincia ad accelerare per cogliere i tantissimi dettagli delle silhouette tra l’animale e lo spettrale che mi portano nuovamente ai margini del sogno, del mistero e della fiaba. Come racconta Jessica Bianchera le sue opere sembrano dar vita a un “pantheon di idoli senza nome, di icone laiche. Con essi Weber risale alle origini della storia dell’uomo, ci parla di un tempo o di un luogo in cui le religioni non hanno ancora consegnato all’uomo modelli da venerare e riprodurre, un tempo in cui in cui tutto ciò che di pragmatico e di spirituale esiste, si fonda sul rapporto tra l’uomo e la natura, tra l’uomo e la terra”. Per questo ogni piccola e grande figura all’interno di questo immobile corteo di 30 opere che anima le sale con i suoi colori squillanti e la sua natura dinamica sembrano invitarmi a percorrere fameliche le superfici alla ricerca di nuovi dettagli e nuove storie da immaginare. 

4 Pietro Weber, Sentinella, 2012, Courtesy l'artista 

Infine ecco svelata la fonte delle voci e della musica che fa da morbido tappeto sonoro al percorso espositivo e che mi ha guidato per tutta la mostra come sotto incantesimo: si tratta di un focus sulla ricerca di Mali Weil. Tre sale in sequenza presentano un video in altrettanti canali: un’anteprima del lavoro Forests, che occupa da anni il collettivo. In ognuna delle tre sezioni si fruisce in modo dinamico del film in cui appena la luce aumenta si scorgono altre presenze, sono feticci e sculture di tessuto e altri materiali protagoniste del mondo creato dal collettivo. Queste opere fanno parte di un lungo percorso di ricerca di Mali Weil sulla foresta come storicamente antitetica e complementare alla città: un luogo che diventa spazio di discussione teso a ripensare il nostro essere cittadini e cittadine e a costruire nella pratica una nuova relazione con l’alterità. Suoni, oggetti, immagini, materiali, parole sono tutte piccole e fondamentali tessere della ricerca del collettivo. Così ne parla Antonia Alampi nel catalogo: “la pratica artistica di Mali Weil è caratterizzata da una spinta costante verso l’indagine e la sperimentazione di tutte le possibilità offerte dall’atto performativo, inteso in un senso molto ampio. Si tratta cioè di usare il medium performativo per ogni forma di relazione (con la ricerca, con l’oggetto, con il design, con il pubblico), ma anche in termini di ricerca formale, con l’intento di allargare i limiti della performance come disciplina e come linguaggio.” Una “performatività espansa” la loro che travalica i confini della sua stessa natura e arriva a noi spettatrici e spettatori mettendoci in gioco direttamente in un viaggio nella complessità, ai margini tra la foresta e il sogno.

Companions Serie

Importante ricordare che la mostra, visitabile fino al 7 novembre, non si ferma alle sale della Galleria Civica ma si espande al di fuori delle sue pareti. A Rovereto la grande tela Oblio – Palmira di Michele Parisi, entrata da poco a far parte della Collezione del Mart, accoglie il pubblico proprio all’ingresso del museo. A Trento, invece, presso la libreria due punti, è fruibile in cuffia la registrazione sonora della performance Forests | Unlearning di Mali Weil.

Foto: (1) Veronica de Giovanelli, Arcipelago fossile, 2017, Collezione privata; (2) Michele Parisi, Di ogni cosa è rimasto il vento, 2019, Courtesy Paolo Maria Deanesi Gallery; (3) Pietro Weber, Altarolo Portatile, 2018, Courtesy l’artista; (4) Veronica de Giovanelli, Volcano, 2020, Courtesy l’artista e Moonens Foundation; (5) Michele Parisi, Delle aurore che ridendo salutammo, 2021, Courtesy Paolo Maria Deanesi Gallery; (6) Pietro Weber, Sentinella, 2012, Courtesy l’artista; (7) Mali Weil, Companions (serie), 2019-in corso, Courtesy l’artista.

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