Tzimtzum 05: erane spenti i solenni tic-tac

Tzimtzum 05: erane spenti i solenni tic-tac

Quando quei tuoi occhi dicevano: “Cartesio ha torto”. Fu quella l’ultima volta che pensai a te come a un creatore. Dodecaedri, poligoni, prismi, ombre, orli e orrori tutti dipendevano da proiezioni e prolungamenti, protesi e profilamenti. Poi moristi per te stesso: ovvero capisti che la rabbia nei confronti dell’autarca pensiero tuo di cane ben pasciuto che s’imbatte nella nobile caccia sarcastica contro il cane magro non t’avrebbe appagato con altro che appetito. E moristi anche per me: ovvero finisti con il significare ancora meno del nulla che fosti all’inizio, quando t’incontrai in via Conciapelli mentre gongolavi perché eri riuscito a imbrogliare una vecchietta rifilandole dei mozziconi di sigaretta e un paio di fiammiferi. Che bel risultato, per un ingordo di trent’anni!

È per questo che ci accaniamo l’uno contro l’altro, William? Per convincere l’altro della sua carognaggine e nascondere all’io la sua ignavia? È arroganza prussiana la tua. E la mia altrettanto. Tu che dall’America sei giunto quasi per caso, un po’ per noia, un po’ per svago e sei rimasto perché sostenevi di voler vivere dentro a una cartolina, nello stesso Alto Adige in cui io ho venduto baguette di coccodrillo ad ereditiere ariane per più di dieci anni mentre secchi bar e bat impauriti tremavano sotto le assi del pavimento. A loro insaputa le Gräfin si fidavano, affidando i loro portafogli ad un mercante ebreo sfollato in questa cartolina sgualcita certo né per caso né per svago né per noia, ma con la stessa avidità di chi era giunto per villeggiatura ed era rimasto per viltà.  

Se Cartesio avesse torto come sostieni, allora perché sei riuscito ad abbindolare la vecchietta e io stuoli di Gräfin senza che il solo pensiero della disonestà si trasformasse in vergogna? C’è chi ha paura per la testa e chi per i piedi e tu sei sempre stato un tipo pedestre. In quella mazurka stanca che era la vita a Bolzano negli anni Quaranta, si dimenavano i tuoi anulari in un malinconico giro del dovere mentre i grossi ginocchioni rotondi, stinchi e garetti risecchi e snocchiati grattavano contro il garrese, la punta dell’anca bucava il mantello a ogni passo e la groppa a corda molla andava consumando il tappeto di luce profumato e caldo che ti avevo tessuto nel settembre del 1920. Im leuchtenden Teppichgemache, da ist es so duftig und warm!

Lo spirito dominava la materia, credevo, ma poi arrivavano continuamente le nostre cene… riuscirò mai più ad assaggiare le squisitezze che gustavamo insieme? Sul pianeta gassoso mi appaiono porzioni di roastbeef solitarie come visioni e poi SpätzleSpargel con prosciutto di Pasqua. Non potresti mai più riabituarti alla dieta americana nemmeno tu. Tutte le scienze non sono altro che l’umana sapienza che permane sempre unica e identica per quanto differenti siano gli oggetti cui si applica, inclusa la culinaria. E i vini, fatti sbarcare dalle navi tedesche tue ancelle con tale premura, e le promesse che ci siamo scambiati nelle profondità della notte facendo tintinnare i bicchieri per quattro, cinque, sei volte, battendo il tempo, contando i minuti che restavano da trascorrere insieme. Erane spenti i solenni tic-tac quando ci accorgemmo di essere delle cose pensanti.

SHARE
//