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December 15, 2020

Moreness in December. Giorno quindici: dal mare ai monti

Mauro Sperandio
Ora che la montagna è sulla bocca di tutti, noi vorremmo riportarla semplicemente negli occhi e nei pensieri, collezionando osservazioni, riflessioni, appunti, annotazioni, che lei stessa ci ha ispirato. Partendo dai contenuti di Moreness, ma non solo, il nostro "more than Advent Calendar" arriva fino al 31 dicembre, e non è dunque né pre-natalizio né celebrativo, ma piuttosto un compendio corale di 31 brevi lettere d'amore per le nostre Dolomiti.

Venezia – Mestre – Mogliano V. – Preganziol – Treviso – Cornuda: alle ore 9:00, dopo un’ora e mezzo di viaggio, la corriera delle Autolinee B. si ferma all’Antica Osteria da G..
Prima di accedere allo spazio sacro dei monti, i veneziani devono mondarsi di ogni traccia di salsedine, celebrando un rito che interiorizza il cambio di dimensione attraverso l’ingestione di pane caldo con porchetta, formaggio Piave o salame con aglio. Accompagnati da vino, preferibilmente rosso. La sosta è spiritualmente necessaria ma anche gradita, perché ai veneziani viene fame appena attraversato il ponte della Libertà.

Sono nato a Venezia e nella città lagunare ho vissuto i miei primi trent’anni: mi sentirei più titolato a parlare di navigazione a remi e a vela, di marea che sale e scende, del profumo che ogni vento porta con sé e di come riconoscerlo. Tuttavia, proprio da veneziano, nutro un antico amore per le montagne, che, nelle giornate di cielo terso e aria limpida, si svelano agli occhi di chi percorre le fondamente che disegnano il perimetro della città.
Cima Portule, Cima Dodici, Monte Fior, Monte Undici, Monte Castelnovo, Monte Ortigara, Cima della Caldiera: sono questi i nomi di quei rilievi che noi di laguna abbiamo familiari. La loro “inafferrabilità”, il fascino che esercitano anche a grande distanza, il fatto di disporre del mare e la naturale inclinazione a non accontentarsi di ciò che si ha portano i veneziani, me compreso, a desiderare la montagna. Dal passeggiatore al raccoglitore di funghi, dall’arrampicatore allo sci-alpinista, sono tanti i miei concittadini che eleggono le Alpi a meta delle loro vacanze o escursioni domenicali.
         
Pederobba – Feltre: «Se vuoi patire le pene dell’inferno, vai a Cortina d’estate e a Feltre d’inverno» dice la saggezza popolare. Alla stazione delle corriere di questa cittadina, era l’inverno del ‘92, attesi per quasi un’ora il bus per San Martino di Castrozza. Tanto era il freddo e l’umido, che avrei voluto come compagni di viaggio solo i miei peggiori nemici.

Feltre si trova in provincia di Belluno e questo, nonostante i suoi soli 325 metri s.l.m., ce la fa pensare come primo paese di montagna. Da qui in su, verso nord, fino a comprendere il Cadore, i nostri antenati hanno fatto incetta di legname: per far palafitte su cui poggiare la città e per costruire imbarcazioni e remi per solcare i mari. A Venezia il bosco lo abbiamo sotto i piedi, ma non ce ne accorgiamo.

Sovramonte – Imer – Mezzano: per i deboli di stomaco, quelli che non sono si sono fatti narcotizzare dalla “pastiglia per il mal d’auto”, è tempo di vomitare. I tornanti, quelli così stretti che pare che l’autista si getti nel vuoto, mentre la coda dell’autobus se ne resta sola in strada, conducono i vacanzieri sempre più in alto. L’ascesi chiede leggerezza e la volontà di lasciarsi alle spalle la quotidianità terrena. Il desiderio è quello di abbeverarsi ad una fonte limpida e riempirsi di un rivitalizzante anelito.
                                                                                                 
L’aria frizzante che si respira in quota, l’acqua pura sorgente, quella gelata di ruscello in cui mettere i piedi stanchi a mollo: sono le gioie semplici che rianimano i vacanzieri di montagna, sono le medicine che, con le camminate e i piatti tipici, guariscono stress e “poca voglia”, preservano dai futuri mali di stagione e riportano colore negli incarnati spenti.

Fiera di Primiero: giù i più vecchiotti, quelli che sono partiti da casa con i pantaloni di velluto e la camicia di flanella, i nonni col nipotino.

Siror: giù quelli coi cesti di vimini nel bagagliaio, quelli che hanno segnato su un taccuino il posto dove si trovano dei “porcini grossi così”.

San Martino di Castrozza: giù quelli che usano le scarpe da trekking durante tutto l’anno, quelli che vanno al lavoro con gli occhiali da ghiacciaio e si accorgono di non aver staccato lo skipass dalla giacca a vento solo a ferragosto.

Nella mia infanzia e adolescenza sono stato tra quelli che scendevano a Fiera  e quelli che scendevano a San Martino. Non mi è mai capitato di scendere a Siror, dove scendeva Massimo, un mio coetaneo e vicino di casa. Simpatico e affidabile, mi diceva che anche lì si passavano delle belle vacanze . Il desiderio di montagna, di «aria frizzante e acqua gelata» mi hanno portato fino in Alto Adige: qui vivo ai piedi delle montagne e da qui parto per fare le vacanze al mare.

 monti venezia laguna

SUGGESTIONI PER IL GIORNO  QUINDICI:

* Giovanni Caniato, L’arte dei remeri, Cierre edizioni, Verona 2003                                                                 
Montagne, boschi, alberi, legname, barche, remi: come Venezia seppe amministrare il proprio patrimonio boschivo in modo sostenibile, in modo da sfruttare con misura le risorse naturali e mettersi nelle condizioni di estendere la propria influenza in buona parte del Mediterraneo.

* Claus Soraperra de la Zoch, Ladinoentropia
Mai compiacente, sempre vigile e onesto nell’analisi, quanto visionario nella sintesi, in Ladinoentropia Claus Soraperra attacca l’omologazione delle identità alpine, con particolare attenzione a quella ladina. Un artista da conoscere e che ho avuto il piacere di intervistare
                                                                             
* Il grande silenzio, di Philip Gröning, Germania, Francia, Svizzera 2005
Un documentario di grande bellezza ambientato nel monastero della Grande Chartreuse, nelle Alpi Svizzere. Il silenzio delle montagne, quello di chiostri e celle; la celebrazione di un ritmo naturale e la capacità di ascoltare l’alternarsi delle stagioni. Con i piedi per terra e lo sguardo rivolto alla cima. (Guardatelo su YouTube prima che sparisca).

*Terra Marique, Daniel Depellegrin in Moreness 01 – Above the Tree Line
Il legame tra le Dolomiti e il mare affonda le sue radici d’acqua nella storia geologica di queste barriere coralline a cielo aperto. Nell’articolo il biologo marino va indietro nel tempo per millenni, fino a tornare all’oggi, quando il legame tra montagne e oceani è ancora forte e indissolubile. 

 

Immagine: 1) estratto da Moreness 02 – On Trees and Woods; 2) ©Letizia Molon

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