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November 18, 2020

L’estro verso: l’alto, il basso e l’altro
di Silvia Benedetti

Allegra Baggio Corradi

Nel 343 a.C. si credeva che, incastonato tra le pinne dei pesci spada si trovasse l’‘estro’, un muscolo che consentiva all’animale di saltare non meno del delfino. Più di tutti gli altri pesci, si pensava che gli spada amassero il calore, per trovare il quale si dirigevano verso la sabbia della riva, dove si riscaldavano traendo la forza necessaria per emergere in superficie e continuare a vivere. La morte sopraggiungeva solo se i periodi di solitudine si prolungavano troppo.

Tra gli oggetti più rari ed affascinanti della collezione di zoologia del museo dell’università di Bologna, in una remota teca al secondo piano, è conservato un esemplare di estro dalla forma molto simile a quella di un plettro con gli angoli leggermente smussati. Posizionato nel centro esatto delle pinne posteriori, ci dice il cartellino, l’estro consente al pesce spada di scattare repentinamente vero l’alto o il basso, a seconda della necessità di penetrare oppure evadere dagli abissi. Come un propulsore, l’estro è alimentato dall’ardore dell’animale desideroso di danzare libero. 

Raro tanto quanto lo spada, è il Gingerfizz, conosciuto anche con il nome di Silvia Benedetti, anomalo esempio di animale artistico che nuota nelle acque della comunicazione e della moda servendosi del suo estro per librarsi vero l’alto, il basso e l’altro indifferentemente.

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Pesce fuor d’acqua
Quando arrivò il giorno della fatidica scelta – a che facoltà universitaria mi iscrivo? – Silvia assecondò il desiderio paterno. Fu così che qualche anno più tardi, conseguita una laurea in giurisprudenza a Trento, la troviamo nell’ufficio legale di Vivienne Westwood prima e in quello di Gucci poi, espertissima tra gli esperti di proprietà intellettuale. Il cerchio, tuttavia, proprio non riusciva a quadrare e la laurea in retorica lumeggiava all’orizzonte ricordando a Silvia di saper parlare altre lingue oltre al legalese. Un Master in comunicazione e marketing più tardi e Silvia inizia ad azionare il suo estro nel modo e nel mondo a lei più congeniale. Un paio di Potschn ai piedi, una scimmia di perline al collo, una camicia di seta cinese e Silvia cammina agilmente per i corridoi di Max Mara a Reggio Emilia. Lo fa per sei anni, durante i quali si occupa del coordinamento dell’immagine digitale del marchio Weekend Max Mara, ampliandone l’immaginario e collaborando con realtà piccole e grandi, dentro e fuori dal coro, dal life style alla cultura, consolidando, così, la presenza del marchio nell’universo digitale al quale prima del suo arrivo non apparteneva ancora.  

Passa, poi, a Pinko, dove rimane un anno e mezzo, occupandosi anche lì del reparto digitale. Non molto tempo dopo, l’estro si infiamma, richiede la sua attenzione, pretende di essere guarito, liberato dalla morsa delle pinne; l’estro vuole poter funzionare per saltare non meno di un delfino. Per non sentirsi più un pesce fuor d’acqua, Silvia decide di lasciarsi i fondali alle spalle. Più sale, più l’estro è snodato, più accelera più si ossifica, più rallenta apprezzando l’ascesa più la sabbia della riva si fa vicina. Ed è subito calore una volta che, non più sola nonostante l’oceano di possibilità nel quale aveva fluttuato fino a poco prima, si concede ai raggi del sole. L’estro è verso l’alto.

Schermata 2020-11-11 alle 08.47.15 Moto ondoso
I mercatini sono l’habitat naturale di Silvia. L’acquisizione ossessivo compulsiva di oggetti di antiquariato è per lei una necessità. Al mercatino dei Frati, al mercatino del riuso, il bric a brac, a Modena, a Gonzaga, dovunque, sempre e comunque. Se non esistono i mercatini giusti o non ce ne sono abbastanza nei dintorni, Silvia coinvolge le sue amiche e ne dà vita a nuovi. Non si tratta di accumulo, ma di stimolo. Antico, nuovo, raro, rarefatto, artefatto, arraffato, arruffato, arricciato, arricchito, arrotolato, ruspante. Tutti questi modi di essere appartengono a Silvia in egual misura ed è così che la varietà delle sue collezioni popola le stanze del suo appartamento nel Palazzo dei Marchesi Specchia di Normandia a Reggio Emilia. 

Ora Silvia nuota in solitaria, anche se non è mai veramente sola in mezzo alla popolazione naturale e artificiale che la circonda nelle stanze di casa sua. Proprio dalla Wunderkammer domestica, si dedica alla realizzazione di contenuti digitali e analogici per aziende del settore moda. Silvia coordina da free lance la produzione di cataloghi, pubblicità, strategie e interi progetti per marchi di caratura internazionale.

Capitana del suo vascello anche durante l’alta marea, in tempo di quarantena Silvia ha cavalcato l’onda dando vita al primo progetto interamente suo: un marchio di bijoux, Jewelfizz. Piccoli animaletti in madreperla, miniature di occhi, soli e lune, divinità buddhiste, hindu e madonnine, fiorellini e perline colorate in pasta di vetro. Estensione del suo comodino altare nel mondo, Jewelfizz è il risultato di anni di sedimentazioni semantiche. I significati dei luoghi, veri o immaginari, che Silvia ha esplorato nel corso dei decenni, confluiscono ora nel suo eclettico universo fattosi gioiello. Ogni elemento un viatico ad un immaginario altro. Ogni piccolo monile un portale verso mondi lontani che Silvia ha saputo sondare perché non si è mai tirata indietro di fronte allo strano, all’indesiderato, al dimenticato, al gettato; dai mercatini agli alimentari alternativi. L’estetica alta di Silvia deriva dalla giocosa elevazione del suo opposto. L’estro è verso il basso.

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Migrazioni m-ittiche
Appassionata di moda già da bambina, iperaccessoriata fin da subito, Silvia sapeva vedere nei sacchetti accartocciati delle patatine degli accessori scintillanti. Abbonata a Vogue fin dalle elementari – perché più era grossa la rivista all’edicola più le piaceva – Silvia sfogliava per ore, dovunque. In soffitta dalla nonna repertava i vestiti della zia di Milano, piccola esploratrice dell’inedito. A Silvia è sempre piaciuto distinguersi e scovare. Il suo è un affare di costume, non uno stile. Riconoscersi in quello che si mette è d’obbligo perché essere eccentrici non significa non avere un baricentro! Silvia è affetta da horror vacui e in quanto riempitrice di spazi non compra per accumulare, ma per trasmettere a sé stessa nuovi stimoli attraverso l’incontro e lo scontro con l’insolito. 

Silvia ama cambiare spesso supermercato perché le piace scoprire nuovi packaging, imbattersi in nuovi ortaggi o frutti mai visti prima che anche se non cucinerà mai, apprezza per la loro esoticità. Viaggiare è importante per continuare a cibare la mente di stimoli, anche se il più delle volte Silvia ama la dimensione locale, quella che è talmente vicina da risultare invisibile agli occhi. Silvia che in Alto Adige ci veniva già da bambina; lei che, nata a Trento, trascorreva le estati nella casa delle vacanze della vicina Cavalese, si muove oggi con agilità tra Trodena, Fontane Fredde e i portici di Bolzano, avamposti della transumanza eclettica di Silvia alla costante ricerca di novità. Una passione forte quella per la montagna e lo stile tirolese in particolare, oltre che ad un legame di sangue perché la sua bisnonna era originaria della Val Badia. Le migrazioni m-ittiche di Silvia sono frutto del suo saper assecondare l’istinto di conoscere il diverso. L’estro è verso l’altro.

 

Foto: Silvia Benedetti

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