Una casa chiamata museo: il Museo della Città di Rovereto

Provate ad immaginare uno spazio accogliente, dove sedersi, leggere, incontrarsi, bere una bibita. Un luogo familiare, dove praticare bellezza e vivere esperienze. Un ambiente dove sentirsi a casa e ritrovarsi.
E se questa casa fosse un museo?
Il Museo della Città di Rovereto nasce dalla progettualità di una visionaria, una donna dalla mente brillante e sopraffina: quella di Francesca Bacci. Curatrice e professoressa di Storia dellʼArte presso lʼUniversità di Tampa, Bacci ha portato freschezza e novità nel territorio trentino dando di fatto vita ad una realtà museale così originale da lasciare tutti i visitatori a bocca aperta: chiunque passi di qui non può che essere colto da una sensazione di meraviglia e di stupore.
Ma lasciamo la parola alla professoressa Bacci e percorriamo insieme le tappe che hanno portato alla realizzazione di questo museo straordinario.
Come nasce il Museo della Città?
Il Museo della Città nasce da un dibattito: cʼera infatti da un lato la necessità di trovare un luogo stabile dove esporre la collezione civica della Quadreria Comunale che non aveva unʼesposizione regolare, mentre dallʼaltro si avvertiva il bisogno di creare uno spazio di promozione di Rovereto intesa come polo culturale. Da qui lʼidea di dar vita ad un museo della città, curato con la città e per la città: un museo che parlasse di Rovereto e che le appartenesse. Questo progetto è stato possibile grazie alla cultura del dono, perché tutti gli oggetti (circa 200) che oggi ospita il museo sono oggetti regalati e radunati da varie persone importanti: potremmo dire che questo museo è frutto di un atto di gentilezza e generosità – quella dei Roveretani – e che è un dono che la città ha fatto a sé stessa. Ma ciò che lo rende unico rispetto al contesto in cui risiede è lʼessere stato concepito come uno spazio domestico e familiare. Il Museo della Città è la casa di tutti: è un luogo dove trovare la storia del proprio passato, ma anche dove vivere il presente ed immaginare il futuro.
La prima volta che ho messo piede al Museo sono rimasta molto affascinata dalla disposizione degli spazi che rimandano a dei concetti. Potresti spiegarmi in che modo hai pensato e organizzato questo ambiente?
Come ti accennavo, il Museo è pensato come una casa. Per che cosa si distinguono le mura domestiche? Innanzitutto per la loro capacità di essere accoglienti: come una dimora, anche il Museo della Città pone le sue fondamenta nellʼAccoglienza. Il suo primo piano è interamente pensato allʼospitalità ed è quindi inteso come spazio di ristoro, incontro, informazione. Seconda questione: che cosa costituisce una città? I luoghi e le persone. Per questo salendo arriviamo al piano dedicato alla Bellezza dellʼambiente e del territorio della città: qui troviamo diverse bellezze naturali e costruite, la sala geopolitica e quella delle acque. Continuando il nostro percorso di ascesi, arriviamo al piano del Talento: interamente espositivo, si tratta di un omaggio ai personaggi della città (musicisti, artisti, letterati, scienziati, farmacisti, dottori, accademici, insegnanti) e ai loro talenti. Non a caso, appena si salgono le scale principali, si giunge alla “piazza principale della città”, dove si possono scrutare i busti di personaggi illustri che sembrano intrattenere una conversazione tra loro. Al termine della visita si trova invece la sezione dedicata alla Dedizione: qui ci si occupa dello studio, della ricerca e del restauro di tutti gli oggetti del Museo, perché la dedizione è un gesto di devozione, attenzione e cura. Potremmo a questo punto dire che il Museo della Città è pensato come una sorta di viaggio: un cammino che parte dalla pancia per arrivare al cervello.
Quale è il motore che anima il museo?
Il Museo della Città è un museo partecipato e relazionale: qui si mette il visitatore al centro, fornendogli un luogo dove egli possa creare conoscenza, condividere informazioni e connettersi alla comunità di appartenenza. È ampiamente dimostrato come la creazione di un sistema-museo che permetta al visitatore di scegliere il proprio percorso e la propria interpretazione, di decidere dove investire le proprie risorse attentive e lasciarsi guidare dai propri interessi risulti un’esperienza di visita significativa, che fa sorgere il desiderio di tornare in museo periodicamente. Altro aspetto fondamentale che anima il museo è la dinamicità: la nostra idea è quella di spostare ogni 3/4 mesi la posizione e disposizione degli oggetti che esso contiene, così da creare una rotazione ed evoluzione permanente che dà forma a storie sempre nuove del Museo. Credo infatti che da un punto di vista artistico-museale ci stiamo muovendo da un modello di museo anni ’90 che promuove mostre di enorme portata (molto dispendiose a livello di progettazione e pecuniario) ad un museo inteso come casa, dove il cittadino può tornare: per far sì che questo obiettivo si raggiunga, il fruitore deve essere fidelizzato. Deve essere portato a ritornare più volte nello stesso spazio, così da accorgersi dei lievi cambiamenti e delle nuove storie narrate dalla disposizione degli oggetti ogni volta differente. Si pensi alla mostra “Magnifica ossessione” del Mart dove Cristiana Collu faceva ogni tanto cambiare la disposizione delle opere. Ovviamente anche il turista è pensato come possibile fruitore del Museo della Città, dal momento che qui verrebbe a conoscenza della storia di Rovereto e di che cosa questa città ha da offrirgli.
Quali sono due aspetti che ritieni fondamentali e innovativi del Museo?
Lo storytelling e la sua multisensorialità. I doni del Museo sono racconti: i visitatori che osservano i vari oggetti vengono immersi nel potere immaginifico delle storie di ieri, di oggi e di domani, storie che si intrecciano tra loro e che sanno sempre rinnovarsi. La narrazione è uno strumento pedagogico ed educativo potentissimo che è in grado di catturarci in maniera immediata: comunicando attraverso lo storytelling diventa così possibile carpire lʼinteresse di un pubblico di non-specialista. Il museo è stato pensato, attraverso l’utilizzo di tecnologie digitali avanzate, come un organismo sia reale che virtuale, che custodisce e interpreta il patrimonio del passato in dialogo con il presente, in percorsi determinati dall’interesse e dalla curiosità del visitatore, che offrono informazioni parziali ma accurate sui luoghi, sulla storia, sulla natura, sulle persone, sugli eventi (sia contemporanei che storici) in un gioco di rimandi ed evocazioni. È quindi uno spazio dove immergerci innanzitutto a livello sensoriale: non dovremmo mai dimenticare che i sensi sono le chiavi per aprire le porte del cuore.
Foto Museo della Città di Rovereto