Josef
December 19, 2019
Livre d’Or 04. Schgaguler
Anna Quinz
La prima cosa il bianco. Esploso in un trittico formale che si impadronisce dello spazio e che fa rimbalzare nello sguardo e nella memoria le piramidali cime dolomitiche poco distanti.
È tutta natura, eppure è tutta architettura. Le linee della montagna, le punte archetipiche delle case che sempre l’hanno abitata. Due parti di un solo pensiero, due lati di una stessa visione. Un dibattito silenzioso e perfetto tra due interlocutori che qui parlano la medesima lingua, fatta di mura slanciate e pareti svettanti. Da scalare in natura, da vivere in architettura.
E anche se siamo proprio dentro l’inverno più cristallino, non è solo la neve a specchiarsi nel sole. La trasparenza del vetro che risale verso le tre vette. La sostanza liscia e lineare di cemento e gesso immacolato fusi e mescolati a farsi struttura portante. Il dentro che guarda fuori, il fuori che rivive dentro. Entriamo, allora.
La seconda cosa è il senso esteriore del ghiaccio –più limpidezza che freddezza – che lascia il passo alla porosità interiore del legno: pareti come pelle da accarezzare, calore epidermico nel quale lasciarsi avviluppare.
Ma la sontuosa architettura della montagna – così opportunamente invadente a queste latitudini – non vuol mai essere dimenticata. A questo scopo, le pietre ondulate e le crode convulse che confinano solo con il cielo, si vantano altere dalle pareti della casa, in enormi e immersive immagini fotografiche. Infinite sfumature di bianco, di grigio, di rosa si contendono lo scenario: ed è come entrarci dentro, in queste montagne immortalate nell’attimo esatto della loro magnifica immortalità.
Circondati dal legno verticale, dalle rocce fotografiche e dal vetro infinito ci fermiamo un momento nell’ampio salotto, di fronte alle geometrie del camino, infrante solo dalla scomposta coreografia del fuoco acceso. Sulle lineari poltrone – dal cuore caldo di loden, verde come il bosco altoatesino – affondiamo la mente nella lettura, scaldiamo le mani con un the, chiacchieriamo amabilmente con i padroni di casa.
Intanto il bianco continua a fremere. È lì, all’esterno, ma arriva forte anche all’interno. Più che un colore, una sensazione. È quiete che si sparge come neve. È silenzio che si infila negli interstizi del pensiero. È bellezza disposta con sapienza per accompagnarci lungo i corridoi, fino alla nostra stanza.
Qui, la calma piena e tanto cercata, è pienamente raggiunta. Il nostro caldo bivacco per questa notte sarà questa stanza chiara e luminosa, dove ogni oggetto d’arredo si impone nello spazio come un’attenta sentinella pronta ad accudire il nostro riposo. Dalla grande vasca – sospesi nel vapore bollente – restituiamo torpore ad ogni arto. Dalla lineare poltrona – avvolti dalla materia del legno e della pelle – lasciamo riposare gli occhi sul bianco e nero di un buon libro. Dall’ampio letto – arrotolati nelle piume e nelle trame della lana più calda – guardiamo le montagne fuori dalla vetrata e poi, lenti, ci lasciamo dormire.
Al risveglio, ritroviamo il familiare buongiorno chiaro e luminoso del nostro rifugio. I merletti delle cime innevate ci sorridono, il sole apre le tende su una nuova giornata, il bianco torna chiamarci la fuori, per lasciarsi ammirare ancora.
L’inverno è indulgente, il freddo non morde, il cielo così grande è troppo invitante. Scendiamo in terrazza. Il trittico della casa dietro di noi rende il suo umano tributo alla sovrumana bellezza delle montagne davanti a noi. Dentro e fuori tornano a dialogare tra loro, col lessico familiare del bianco. E noi, pienamente sedotti, li ascoltiamo con discrezione, per non disturbare il silente colloquio tra natura e architettura. Grazie. Siamo stati bene qui.
Schgaguler Hotel
Via Dolomiti 2
39040 Castelrotto
schgaguler.com
Foto: Martin Schgaguler
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