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July 27, 2017
Destinazione Supercontinent #01: Jacopo Jenna e “Come as you are”
Text Franz
Drodesera XXXVII ospita la performance “Come as you are” di Jacopo Jenna, un lavoro che vede la collaborazione del coreografo, performer e film-maker con l’artista visivo Jacopo Miliani. In questo progetto coreografico lo spazio semantico del testo della canzone viene decostruito e le parole riemergono scomposte, determinando nel movimento una trasformazione di relazioni con le liriche scritte da Cobain.
Entrambi gli artisti sono ex “alumni” di Live Works Performance Act Award: Jenna ha preso parte alla quarta edizione (2016) in cui ha sviluppato il progetto I wish I could dance like M.J., una performance sui processi di trasmissione della danza e l’incorporazione del movimento prendendo come riferimento iconografico le movenze di Michael Jackson; mentre Jacopo Miliani ha partecipato all’edizione del 2014 con il lavoro Maybe Not. Jenna è stato inoltre tra gli artisti che Centrale Fies ha presentato al Mart – museo di arte moderna e contemporanea di Trento e Rovereto, in occasione della Giornata del Contemporaneo 2016.
Cos’è, com’è il tuo SUPERCONTINENT?
Il mio SUPERCONTINENT è un luogo orizzontale, aperto, caldo, chiassoso e dai confini sfumati. È un luogo dove le differenze sono motore delle attività umane. È un luogo dove la diversità genera soltanto possibilità, dove lo scambio di conoscenze è fondamento di espansione culturale. È un luogo che riesce produrre cose ancora sconosciute, dove i codici si ibridano per diventare altro.
Tu e Jacopo Milani siete ex “alumni” Live Works, peraltro di due edizioni diverse: cosa avete imparato, cambiato, scoperto su di voi e il vostro lavoro, grazie a questa esperienza a Centrale Fies? In questo luogo sei anche stato in residenza, cosa rappresenta Centrale Fies per te, in tempi in cui le residenze d’artista si fanno ormai un pò ovunque?
Live Works ha rappresentato un’esperienza seminale nel mio percorso, mi ha permesso di realizzare un progetto che pensavo utopico scambiando giornalmente pratiche e visioni con altri artisti che lavorano con linguaggi diversi dal mio, attraverso un percorso di accompagnamento curatoriale che ha ampliato il discorso rispetto alla questione transdisciplinare delle arti performative e nello specifico anche del mio lavoro. Centrale Fies è un posto “più unico che raro”, non solo per gli spazi e le risorse che mette a disposizione agli artisti in residenza, ma principalmente perché riesce a donare il tempo per la ricerca attraverso un’attenzione ed una particolare cura riguardo ai diversi percorsi artistici che decide di incrociare e sostenere. Credo che Centrale Fies pensi sia gli spazi che le persone come luoghi sensibili di incontro e di trasmissione di visioni ed immaginari.
“Come as you are”: raccontaci qualcosa in più di questo lavoro.
Questo lavoro nasce dal titolo e dalla fascinazione per questa frase “Come as you are”, che doveva essere una sorta di dichiarazione d’intento riguardo la costruzione del progetto o, come adesso preferisco dichiarare, un invito sia per il pubblico che per il lavoro performativo che intendo sviluppare in termini coreografici. Non è una ricerca sull’autenticità di un certo sentire del corpo, ma piuttosto un percorso di trasfigurazione che avviene innescando una determinata grammatica di movimento. La referenza alla canzone di Cobain è solo la conseguenza della scelta di questo titolo, un assunzione di una memoria collettiva che viene decostruita ed infranta per lasciare spazio ad altro, per togliere ogni punto di riferimento allo spettatore e aprirsi liberamente alla visione di un sistema di relazioni tra oggetto, corpo e parola. Ho chiesto all’artista Jacopo Miliani, con cui collaboro da qualche anno, di pensare ad alcuni elementi visivi da associare al progetto e alla ricerca sul movimento che stavo portando avanti, lui ha deciso di dividere il testo di “Come as you are” in 20 grandi asciugamani rossi e bianchi, sui quali le liriche della canzone dei Nirvana riappaiono in una forma prettamente grafica. Questi oggetti, secondo un processo casuale, creano una grande scacchiera sul palco, definendo materialmente lo spazio sul quale il mio corpo inizia una prima sezione coreografia che cerca nel movimento una serie di trasformazioni plastiche fino a debordare ad un approccio quasi anarchico della scena, creando strutture fisiche in continua mutazione e determinando un territorio desolato dove le parole ormai non hanno più nessuna cornice.
Foto: Centrale Fies
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