Andrea Fenoglio e il suo “Sissi”: pancia piena e sorriso largo

13.05.2014
Andrea Fenoglio e il suo “Sissi”: pancia piena e sorriso largo


Siamo ad Aprile, il tempo è ladro (come il governo) e piove a dirotto. Mettermi a cucinare a pranzo potrebbe essere il colpo di grazia definitivo per passare una giornata pessima. No, non è il caso – vado a trovare Andrea Fenoglio, nel suo piccolo (davvero piccolo) regno di Sissi, ovviamente a Merano. Dove volete che sia Sissi, se non qui? Da un po’ di tempo sto progettando di andare a mangiare da lui, uno dei cuochi più famosi in terra sudtirolese: 1 stella Michelin, 17 Cappelli di Gault Millau, il 44 di piede e soprattutto una gran reputazione.
La MeBo è comoda e abbastanza vuota oggi, alle 12.30 sono nella città delle terme, già “parcheggiato”. L’idea era di arrivare un attimo prima per fare qualche bella foto, ma piove, appunto. Il ristorante è al margine della zona pedonale, in centro ma fuori dai flussi turistici di massa. Dall’esterno il Sissi è sobrio ed elegante, molto semplice, esattamente come la signorina che mi accoglie, vestita casual (o demodè?) che si adatta perfettamente all’ambiente Art Nouveau del locale.

Libero di scegliere il tavolo che più mi va, ne prendo uno centrale, bello illuminato. I tavoli sono una decina non di più, ambiente easy e non opprimente. Le posate solo quelle necessarie, una forchetta un coltello, poi un tovagliolo e un bicchiere, centrotavola minimal. Mi avvicino al tavolo, appoggio telefono e portafoglio senza dover fare attenzione a non tirar giù decorazioni o bicchieri in cristallo, mi siedo in totale relax senza sentirmi osservato, come accade invece in molti posti “VIP”. Bello poter mangiare bene in un posto che non ti costringa a mettere l’abito da matrimonio, fare la pappa senza camerieri in cravatta attaccati alle costole. Sul tavolo mi arriva presto del pane fatto in casa e acqua Panna – con questa torno bambino. Il pane viene appoggiato direttamente sulla tovaglia, cercando di creare così una particolarità: tentativo riuscito direi, visto che sono qui a scrivere del pane del Sissi.

1Chi ama il mangiar bene è tendenzialmente simpatico, e così vale pure per Andrea che arriva con le sue leggendarie (ormai sì) scarpe da ginnastica bianche a darmi il benvenuto e a spiegarmi il menù. Si tratta di un quadrato in cartone, che su una facciata riporta tutti i piatti, i menu fissi e i prezzi (chiari). Bello. Reduce da una cena col papà venuto ieri in visita a Bolzano, decido di non esagerare e salto il secondo. Naturalmente prima arriva la sorpresa di Fenoglio, che ovviamente sorpresa non lo è più, visto che il posto è famoso e ormai lo si sa… Ma rimane una cosa simpatica: ecco allora la pizza liquida, ovvero un boccale di birra in miniatura con dentro acqua di pomodori, olio d’oliva e mini (1,5mm³) crostini galleggianti sullo strano brodo. Sul bordo del bicchiere appoggiato c’è uno stuzzicadenti con infilzato un cubetto di mozzarella – mangio/bevo il tutto secondo le istruzioni datemi dalla cameriera, e l’effetto annunciato è quello di sentire poi il sapore di una pizza Margherita. Ci provo con la mia fantasia, ma non riesco ad arrivarci – in ogni caso è molto divertente, bello da osservare, e sicuramente chi non se lo aspetta rimarrà piacevolmente divertito – il sapore forse è secondario in questo caso. Il secondo scherzo mi piace di più, perchè è proprio bello dal punto di vista dell’estetica: un finto tuorlo di uovo in un cucchiaione bianco in ceramica. Bellissimo. Cos’è? Alla fine si tratta di un peperone ripieno di bagna cauda (Fenoglio nasce in Piemonte, prima di trasferirsi ad appena pochi mesi a Merano, a seguito della madre Austriaca e del papà Piemontese che lavorerà qui al Tribunale cittadino) in versione molecular. Gli scherzi sono scherzi, e così vanno presi, quindi mi sentirei un parruccone se dovessi descrivere il gusto di questi – la cucina vera di Fenoglio arriverà tra poco – e io mi limito quindi a dire che il primo è divertente, mentre il secondo è bello e buono. La consistenza sconosciuta poi mi costringe a chiedermi in continuo “ma cosa sto mangiando?”. Forte.

Arriva il calice di vino – sono in auto, è mezzogiorno, e lascio perdere le bottiglie perchè vorrei ancora fare qualcosa di costruttivo in questa giornata, e su consiglio della cameriera prendo un bicchiere di “Reserve della Contessa” di Manincor: mi ha consigliato bene, visto che Manincor è tra i miei preferiti da quando il Conte Michael Goëss-Enzenberg mi ha regalato una bottiglia di Sophie lo scorso Inverno sulle piste da sci. Vino ottimo, leggero e non violento, ma per nulla anonimo. Questo vino è necessario per la variazione di antipasti che arriva puntuale su un sottopiatto quadrato nero, con sopra quattro piatti agli angoli. Stupendo, e soprattutto MOLTO! Altro che porzioni da stellato Michelin, qui se magna… Abbiamo il tonno di gallina, con pollo marinato per giorni in olio d’oliva e poi servito sotto forma di scatoletta di tonno, con la sua gelatina a fargli da coperchio. All’angolo opposto baccalà in diverse forme: trippa di baccalà e zucchine e una mousse ad accompagnare. Agli altri due angoli abbiamo due piatti dove a fare la differenza è la qualità della materia prima, semplici nella loro pur attenta preparazione: salmone (1 chilo?!) con caviale e bottarga, e poi il mio amore, Tataki di cinghiale con vinaigrette e funghi, incredibile. La carne si scioglie in bocca, e io mi ritrovo a centellinare questa carnina per avercene il più a lungo possibile. La vita continua e pure il Tataki prima o poi finisce – la fame, quella non c’è più, il salmone se l’è portata via.

2Fortuna che mi attende un primo e non un secondo di carne – arrivano ora i miei gnocchi di patate all’aglio orsino e spinaci, che ho ordinato su consiglio dello chef stesso. Piatto pieno, meno innovativo rispetto a tutto ciò che ho visto fin’ora, estremamente morbido come sapori, con un “chip” di formaggio fritto nel mezzo (che mi fa tornare in mente il frico Friulano che non mangio da una vita) – un piatto che soddisfa per sapore, per calorie e per i colori da festa. In questo come negli altri si nota la caratteristica principale di Fenoglio, il costante gioco di equilibri tra diversi sapori: il tonno di gallina che resiste alle olive, il Tataki al fungo, lo gnocco al formaggio, e la stessa bagna cauda che sfida il peperone, in un continuo lottare tra sapori che però, e qui sta il lavoro di Andrea, non si annientano mai. Il vino continua ad accompagnarmi piacevolmente fino a che il pranzo finisce, quando la brava e silenziosa cameriera mi costringe (sotto tortura) a prendere pure il dolce, cosa che mi costerà una sessione extra di palestra. Prima del dolce mi arriva però anche il pre-dolce, sempre per restare in forma insomma: uno Strudel di mele molecolare molto estetico, dove nella forma del falso uovo mi arriva un “falso” ripieno di Strudel, mentre la pasta del dolce è servita sotto forma di biscotto allungato. Arriva quindi il dessert vero (che per fortuna ho accettato!), una delle creazioni più matte di Fenoglio, probabilmente: gelato di ricotta di capra con limoni e fortunelle candite, il tutto sotto un filo d’olio d’oliva. Qui si capisce cosa si intenda per gioco di equilibri – il gelato, chiaramente non dolce come siamo abituati, lascia un piacevole fresco a fine pranzo. Risultando estremamente magro, Andrea ha deciso di accompagnarlo con dell’olio d’oliva per renderlo un pochino grasso. Risultato? Godurioso. Probabilmente vogliono tenermi qui per la siesta, e così con il caffè mi arrivano altri tre mini-dolcetti/cioccolatini. Il caffè è ottimo, cosa che sembra banale quando si parla di ristoranti stellati, ma non da trascurare per un fanatico del caffè come sono io: torrefazione Schreyögg di Merano, per rimanere in zona.

Felice e con il primo bottone ormai allo scoppio mi fa piacere che Fenoglio si sieda al mio tavolo per due chiacchiere – scopro che non solo è bravo a cucinare, ma anche una persona molto piacevole per scambiare due chiacchiere. Mi racconta della sua storia, di come parli entrambe le lingue della nostra Provincia e di come gli sembri idiota (no, non solo a lui) che si debba ancora oggi, nel 2014, fare una dichiarazione di appartenenza linguistica in cui ci si dichiari dell’uno o dell’altro gruppo, pur parlando molti di noi due, tre o anche più lingue in casa propria. Non vorrei divagare, e allora torniamo alla cucina, a come il piccolo Andrea già a sei anni abbia detto alla mamma “io voglio fare il cuoco”, e in effetti da allora non abbia fatto altro. Uscito dalla scuola alberghiera di Merano (oggi  Ritz), ha cucinato con Hellrigl, istituzione della cucina made in Alto-Adige. Quindi nel ’91 nasce il suo Sissi, in quello che prima era un negozio: ambiente tranquillo, casalingo, perchè per mangiare bene ci si deve sentire in pace. A questo punto, giovane e autonomo, lavora molto e anche bene, avendo imparato a scuola a dal suo maestro le tecniche e il come gestire un locale. Ma qualcosa manca, e così Fenoglio viaggia, seguendo il principio secondo cui “se sento parlare bene di un ristorante ci vado”. Così fa, fino ad arrivare lontano da casa, Londra, Francia, e poi soprattutto Spagna.

3Qui nascono le novità negli anni ’90, qui la cucina è più libera rispetto ad un’Italia dove i piatti ricchissimi di tradizione sono tanti, troppi, dove non ci si può permettere di inventare. In Spagna invece si può, e qui si sviluppa tutto ciò che poi sarà chiamato cucina molecolare. Così Fenoglio passa molto tempo in Spagna, si ispira a Ferran Adrià, e poi soprattutto a quello che diventerà suo amico, Jordi Vila (Alkimia, Barcellona). Da lui passerà una settimana, standoci insieme in cucina, per vedere, sperimentare e ovviamente per imparare nuove tecniche: perchè chi rimane fermo a casa, chi non prova, non impara nulla di nuovo. Dopo qualche anno di lavoro e di esperimenti, tutte le novità viste in Spagna vengono in qualche modo rielaborate da Andrea, fino ad arrivare alla cucina che presenta oggi, e che gli è valsa un serie (parecchio lunga) di riconoscimenti. L’apprendimento continua, e guai a chi pensa che cucinare sia una cosa molto di mano e poco di cervello – è un continuo viaggiare, tra Europa (spesso Londra) e resto del Mondo per vedere le continue novità, idee e sperimentazioni, perchè si sa, mantenere le stelle non è semplice. Lo chef mi spiega anche come scelga i suoi numerosi vini – vengono inseriti nella carta solo vini di produttori che lui conosce direttamente, gente che ha un rapporto umano col vitigno, che non gestisce le cantine in modo puramente aziendale, bensì  anche con amore.

Così il cliente si trova al Sissi vini di grande qualità, senza dover per forza pagare prezzi “stellati”.  È proprio un tipo simpatico, che ha studiato molto l’estetica e l’”esperienza” del pranzo, giocando con i dettagli. Da lui tutto è un gioco, dalla pizza liquida al pane senza cestello (questo costringe le cameriere a passare tra i tavoli a raccogliere, con gesti elegantissimi, tutte le briciole) dal tonno di gallina alle scarpe da ginnastica. Tutto a fare come da contorno al cibo, dove si nota la cucina Fusion (tradizionale bagna cauda con innovativa tecnica di cucina molecolare, ad esempio) e grandissimi ingredienti, basti pensare al Tataki o al salmone dove le carni non vengono attaccate frontalmente dallo chef, ma piuttosto esaltate.  Interrompiamo un attimo il racconto perchè il padrone di casa deve salutare due simpatici anziani oggi venuti qui a pranzo dall’Austria, chiacchieroni divertiti dal buon Rum Sudtirolese qui servito. Mi piace come un cuoco sappia benissimo come sia necessario viaggiare per il mondo ed aggiornarsi in continuo, per poter creare, e non capisco come mai da molti altri, in altri campi, questo non venga ancora nemmeno intuito. Grazie per i sapori e per gli “scherzi” Andrea & team, ora è tempo di una pennichella!

 

 

 

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