Diario semiserio di un musicista fuorisede #13. Pancia piena, giornate uggiose e malinconia selvaggia

Diario semiserio di un musicista fuorisede #13. Pancia piena, giornate uggiose e malinconia selvaggia

Scrivo questa pagina di diario dopo una considerevole pennichella. Sono le sette e ho dormito qualcosa come tre ore questo pomeriggio. Good job Alessandro.

Diligenza è il mio secondo nome.

Nel senso che trasporto persone trainato da cavalli.

Dopo queste perle di umorismo da tastiera (non dovrei fare il simpatico dopo aver dormito [ma anche in qualsiasi altra situazione]) ritorno alla pagina di diario.
E’ una giornata fastidiosa. Piove in uno splendido stile veneto anche a Bolzano, e io che speravo di vedere la condizione climatica cambiare tornando per pasqua, fa freddo, sono tre giorni che mangio da sfondarmi e i problemi dei progetti vicini mi assillano tormentandomi senza requie.

Devo annotarmi di non organizzare mai nulla nella vita, annotarmelo in maniera indelebile, sulla carne proprio (n.d.a sarà tipo il mio lavoro se ci riesco, quindi me lo annoterò di nascosto, tipo su una chiappa).

E dunque quale migliore scelta durante un malumore piuttosto brillante se non lasciarsi andare ancora di più al malumore? 

Si è concluso il festival studentesco e io non sono andato a vedere nessuna serata in quanto ero a Padova a badare a mille altre faccende. I meno festivalosi di voi lettori (insomma uno di voi tre che senza speranza e annoiati come non mai decidete di passare per queste lande virtuali) potranno guardarmi con sufficienza, anche ridacchiare!, ma è innegabile il cambio di un’epoca per me.

Ho sempre partecipato. L’anno scorso è stato straniante trovarsi a sentire il richiamo del festival studentesco e non partecipare. Quest’anno è stato straniante trovarsi a sentire il richiamo del festival e sentirsi esterni. Fuori. Ormai io sono a Padova, le faccende di Bolzano sembrano essere parte di un passato lontanissimo, echi di quando ancora ero alle superiori. Quasi non mi ricordo più come fosse. Il festival a Bolzano e per la prima volta dopo sei anni io lontano a pensarci ogni tanto, ma in fondo in fondo a fregarmene abbastanza.

Chiunque di voi tre lettori, forse tu sulla sinistra, è emigrato in qualche altra terra, che fosse un’altra regione o un altro stato, lontano da casa, tornando solo per le vacanze e a volte neanche per quelle, forse capirà meglio le mie parole: il mondo che avevi svanisce.
E’ come guardare una vecchia foto che piano piano sbiadisce. I volti magari li riconosci un po’, ma i nomi iniziano ad andarsene. La mia vita a Bolzano era un grande affresco pieno di persone, anche troppe persone visto che non si poteva scegliere un granché in questa città, ma era pieno di persone che ora non ci sono più.

Oddio detto così sembra che sian morte, per carità. Solo che non fanno più parte del tuo mondo. La distanza ti ha separato da tutti e ha lasciato solo i rapporti degni di essere lasciati. Quelle cinque-sei amicizie importanti perdurano, nonostante il vivere ormai in mondi diversi, le altre sbiadiscono.
Ci credereste mai? Persone che potevo ritenere importantissime, persone che facevano parte dei miei pensieri, delle mie risate, della mia quotidianità, ormai sono solo vecchi volti su una foto che inizia a sbiadire. Non che abbia fatto qualcosa di particolare per impedirlo, anzi, io stesso mi sono trovato completamente immerso in un universo completamente nuovo, che ormai con prepotenza si prende tutti gli spazi e spesso ti farebbe anche rifiutare di pensarci a quel vecchio piccolo mondo. E invece ogni tanto non posso che fermarmi e contemplare qualche minuto il mio breve passato. Guardo fuori dalla mia finestra a Padova così come guardo fuori dalla mia finestra a Bolzano, lascio i pensieri vagare, far riemergere tutte le storie accumulate in vent’anni di vita a Bolzano.

La cosa buffa è che Bolzano è un po’ come una serie televisiva, tutti i personaggi prima o poi ritornano. E’ talmente piccola che le persone conosciute una volta quando avevi cinque anni, prima o poi torneranno a comparire, magari anche solo come nome che senti da qualcuno, magari gli vedi fare qualcosa, magari lo becchi al lido, ma ricompaiono.
Solo ora che ho spostato il set della mia serie a Padova, le persone non ricompaiono più. Tutti quegli attori che appartenevano alle prime stagioni di questa grande serie televisiva ormai non sono più scritturati. Al massimo fanno una comparsata un episodio ogni mille, in un flashback, in una visita inaspettata, in una coincidenza improbabile, in un ritorno al passato. Ora ci sono nuovi attori. Attori che si susseguono molto più rapidamente e senza più comparire, in una città in cui il ricambio è molto più feroce e non lascia troppi ruoli fissi.

E dopo quasi due anni mi ritrovo qui, a pasqua,  col singhiozzo che non passa, la pancia troppo piena per considerare l’idea di introdurre altro cibo per i prossimi due giorni (tutte balle stasera ceno), e un po’ di malinconia nelle vene, a pensare che tutti scompaiono e sbiadiscono dopo un po’. L’importante alla fine credo sia tenersi strette le amicizie che restano, per quanto distanti possano essere fisicamente, e lasciare che tutti i personaggi secondari cambino da stagione a stagione e portino nella tua piccola serie personale un costante flusso di nuove storie.

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