Music
March 17, 2014
Berserk! @ Sudwerk, jazz viscerale di un film visionario
Marco Bassetti
Nati dall’incontro tra Lorenzo Esposito Fornasari e Lorenzo Feliciati, i Berserk! sono una delle oscure creature che si agitano nella brulicante scuderia RareNoise Records. Reduci dell’ultima edizione del London Jazz Festival, una delle rassegne più rinomate a livello mondiale in ambito jazz, portano a Bolzano uno spettacolo multimediale che si avvale, a livello visivo, delle oniriche visioni della regista Alessandra Pescetta. Il risultato è un’esperienza estetica totale che “nell’attraversare senza ritegno i diversi generi musicali” conduce nella zona più oscura ed enigmatica della mente umana. Là dove solo David Lynch è già giunto prima. Sul palco accanto a Lorenzo Esposito Fornasari (cantante, multistrumentista e collaboratore di Giovanni Lindo Ferretti, Bill Laswell e Trevor Dunn tra gli altri) e Lorenzo Feliciati (bassista che vanta collaborazioni con Bill Laswell e Colin Edwin dei Porcupine Tree, e che ricordiamo a Bolzano lo scorso ottobre, accanto a Pat Mastelotto, a capitanare i Naked Truth), il leggendario chitarrista in ambito nu-jazz Eivind Aarset, già collaboratore di Nils Petter Molvær, Bill Laswell, Jon Hassell, Jan Garbarek e David Sylvian. Cosa voler di più dalla vita? La parola a Lorenzo Esposito Fornasari.
Il progetto Berserk! si fonda sull’incontro tra Lorenzo Feliciati e te. Come è nato questo sodalizio?
Io e Feliciati ci siamo conosciuti tramite la RareNoise Records, etichetta che ha fatto uscire molti degli ultimi nostri lavori come solisti (“Frequent Flyer” di Feliciati) e i lavori di molti progetti che ci vedono coinvolti (Naked Truth di Feliciati, Obake, Somma, Owls per quanto mi riguarda ). Ci stimavamo ed era forte la volontà di creare qualcosa insieme, così è nato Berserk!. Un po’ alla volta abbiamo coinvolto altri musicisti, menti formidabili come nel caso di Eivind Aarset e Gianluca Petrella che, oltre ad avere impreziosito il disco con pennellate importantissime, si avvicendano ora nell’accompagnarci in queste performance audio-video.
Qual è l’idea di musica che vi unisce?
Deve essere viscerale e affondare le radici nel profondo. Deve esserci una visione di partenza. Nello scrivere Berserk! non abbiamo mai parlato di generi musicali, di tonalità, di tempi. Tuttavia i bozzetti sonori che ci scambiavamo avevano una caratteristica comune, sembrava stessimo scrivendo la colonna sonora di un film visionario. Questo si traduce in una forte propensione all’attraversare, senza ritegno, i diversi generi musicali. Personalmente poi trovo che una certa schizofrenia musicale, praticata con consapevolezza, attenzione e serietà, alleni la mente e renda più interessante e ricco il rapporto con il tuo strumento musicale. Nel mio caso la voce, e non potrei mai immaginarmi se non in questo vertigo tra jazz, opera, metal, canto difonico, ecc.
Immagino che il nome della band rimandi al manga di Kentaro Miura. Che rapporto avete con le storie del “guerriero nero” nato dal corpo di una donna impiccata ad un albero?
In realtà no. Berserk in inglese traduce quello stato di furia cieca che annebbia il cervello e porta ad agire irrazionalmente e violentemente. I berserker erano norse warriors che combattevano in uno stato di trance d’ira: da lì la parola inglese berserk. Non conosciamo il fumetto ma la tua descrizione ha sicuramente mosso la nostra curiosità.
La vostra musica farà da colonna sonora alle composizioni visive della regista Alessandra Pescetta. Avete lavorato alla scrittura dei pezzi a partire dalle immagini?
Più o meno l’esatto contrario. Alessandra Pescetta, regista meravigliosa, sentito il nostro disco ha deciso che voleva farci un film. Così ha fatto. Ora sta chiudendo la post produzione e nei nostri piani ci sarà la sonorizzazione live di questo lungometraggio. Parallelamente Alessandra ha creato per noi un collage di suoi video da portare in esclusiva al London Jazz Festival. L’unione tra quelle immagini e la nostra musica è risultata tanto potente da spingerci a riproporre lo stesso show anche dopo il festival.
Per descrivere questo intreccio di musica e parole viene tirato in ballo David Lynch. Cosa vi interessa di quel tipo di estetica?
La complessità psichedelica della sua visione. Non è un riferimento dichiarato o espresso, sicuramente ci sentiamo vicini al mondo di Lynch così come alle cose più oniriche di Kurosawa.
Il vostro spettacolo audiovisivo ha riscosso enorme successo al recente London Jazz Festival, raccontaci questa esperienza.
A Londra questo spettacolo ha debuttato, dunque il successo è stato doppiamente importante. Il pubblico non ha fiatato dall’inizio alla fine e non parlo di assenza di quel sottofondo di chiacchiericcio tipico dei concerti, ma di quel silenzio totale, magico e teso che si crea, ad esempio, in teatro durante certe rappresentazioni. Abbiamo persino dimenticato di essere all’interno di un club, quella stanza è diventata altro per un’ora. Una serata splendida, era anche il mio compleanno…
La vostra musica va al di là delle tradizionali classificazioni eppure avete trovato spazio in uno dei templi internazionali della musica jazz. Qual è la vostra definizione di jazz anno 2014?
Evidentemente una delle chiavi è la contaminazione, non solo fra generi musicali ma fra diversi linguaggi artistici.
Photo Emilia Orving: Berserk! feat. Eivind Aarset @ London Jazz
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