People I Know. Michal Matejka:Praga –> Milano –> Castelrotto

05.03.2014
People I Know. Michal Matejka:Praga –> Milano –> Castelrotto

A me piacerebbe essere semplice, ma non ci riesco”. Si presenta così Michal Matejka “noto come Michele, Miki, Misha o Michl – spiega – a seconda della regione e della lingua”. Nato nel 1985 a Praga, vive a Castelrotto. I suoi genitori preparavano il trasloco per Milano prima che nascesse, e così appena è venuto al mondo era già in aereo. Dopo i primi 22 anni di vita Michal molla la metropoli per amore della montagna e dell’alpinismo e sbarca in Alto Adige. Cittadino Europeo, con un passaporto italiano e uno ceco in tasca. Una storia multiculturale, una serie di passioni, professioni e progetti diversificati, uno spiccato senso dell’umanità e della comunità. Questo è Michal e la sua vita a tanti strati.

Michal, un po’ di albero genealogico e di storia geografica di famiglia?

I mie genitori sono entrambi di Praga. I nonni, tutti dell’area di confine boemo/tedesca, hanno vissuto ogni non-sense del XX secolo Cecoslovacco tra migrazioni forzate, deportazioni, regimi (Nazista e Comunista), invasioni (due), vendette e capitalismo selvaggio. Uno è famoso scrittore in patria; l’altro è stato ambasciatore in Kuwait. Le nonne animi nobili. Nascevano 90 anni prima di me, in Austria-Ungheria, con documenti bilingui – io oggi vivo nella fu Austria-Ungheria, con documenti bilingui. Tanta fatica per tornare a un’Europa unita che già avevamo.

Quali i percorsi di studio e professionali per arrivare a oggi?

Dopo un anno di Agraria e 5 semestri di Economia e Commercio ho dovuto abbandonare Milano – il richiamo della montagna era troppo forte. Le aule della facoltà troppo piccole, troppo chiuse. 22 anni, ricomincio. Ho imparato il mestiere di rifugista, mi sono trasferito nel Südtirol senza sapere nulla di tedesco. Oggi ho il Patentino. Il merito è di Judith, che in 5 anni di lavoro insieme mi ha insegnato non solo i valori e la morale che oggi porto in me, ma anche il dialetto: qui mi prendono per einheimisch. In val Badia sono diventato Ski-man. Ho lavorato per anni al Roda di Vael in Val di Fassa, il rifugio meglio gestito che io abbia mai visto, con la Rifugista (R maiuscola) più “forte” e appassionata che ci sia. La Robi. Pure bella e simpatica. In Estate cercatemi lì…

Di cosa ti occupi esattamente oggi? Lavoro, passioni, hobby?

Ho lavorato molto, imparando mestieri e disciplina, ho ascoltato le persone. Oggi sto avviando una nuova attività imprenditoriale specializzata sull’import/export nel settore alpinismo/outdoor, e nell’outsourcing della produzione di abbigliamento tecnico. Dopo tre generazioni oggi ho contatti in tutta Europa, e parlando italiano, tedesco, ceco, inglese e francese e conoscendo il settore, questa attività è lo sbocco naturale per me. Commercio non solo come mestiere, ma come “carattere”. Poi scrivo racconti, romanzi, e filastrocche per bambini. Per me solo, o per gli editori. Erri de Luca ha scritto 40 anni senza che nessuno lo sapesse. Adoro la traduzione – racconti e guide. Un mosaico enorme e qualche piccola statua (una esposta al Circolo la Stanza di Bolzano) completano la mia attività. Quando avrò fatto tutto ciò che il mondo mi offre, mi ritirerò in rifugio, a godermi le cime e la calma. Cerco di farlo il più velocemente possibile.

Perché scrivere è così importante per te? Cosa ami/odi di questa disciplina?

La scrittura per me è ciò che per altri è la lettura: relax, sfogo, stacco, fantasia. La mia mente produce in continuazione idee, sempre e ovunque. Devo fermarle sulla carta, sennò mi perdo. Filastrocche mi escono dalle orecchie, mentre arrampico nascono personaggi nuovi. E scrivere di politica, e di attualità, equivale a vivere. Scrivo del nostro mondo, e il mondo siamo noi.

Dalla metropoli al paesino di montagna. Shock culturali?

Tanti mi chiedono, “da Milano a Castelrotto, come fai?”. Tutto è diverso, vero. Il mio focus però è sull’umanità del singolo, nulla mi affascina più delle persone. Le trovo stupende a Milano, e stupende, in modo del tutto diverso, a Castelrotto. Shock culturale per via del cibo diverso, per i vestiti? No, mi sento a casa ovunque ci siano persone con amore da dare, e da ricevere. Un canederlo al posto della polenta non mi cambia la vita.

Cose che “milanizzeresti” dell’Alto Adige e cose che “altoadigeresti” di Milano?

Verso Milano dobbiamo esportare l’approccio germanico: qui, come ovunque a Nord del Brennero, si discute di numeri, si prendono decisioni, se ne risponde. Milano è Mediterranea: parole grandi ma vuote, slogan urlati, zero responsabilità o scelte pratiche. Milano è stata capitale della Cultura in passato, merita di esserlo ancora di più. Bolzano da Milano? Non è solo un luogo comune, i lombardi lavorano davvero tanto. I milanesi mandano mail mentre fanno jogging all’alba. Forse si lavora troppo, e ci si perde un po’ il resto. Ma certo, il “fermarsi mai” Milano lo può insegnare a tutto il Mondo, anche all’Alto Adige.

Progetti per il futuro?
Non arrivare mai nella vita a sera e dire, “oggi guardo la tv, sono stanco”. Mai avuta una, mai avrei avuto tempo di guardarla. Le cose le faccio, non le guardo fare agli altri. La vita è una, perdere tempo è suicidio.

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