Music

February 5, 2014

Glauco Salvo (Comaneci) @ Live at The Hub: “I fiumi e i treni mi portano altrove”

Marco Bassetti
Per il secondo appuntamento della stagione 2014 di Live at The Hub – No Music in The Office, doppio live set con Of Rivers And Trains e Giovanni Lami. Appuntamento questa sera @ Impact Hub, Rovereto.

Con il doppio live di questa sera, la rassegna Live at The Hub – No Music in The Office prosegue il suo originale viaggio nell’ambito della musica di ricerca. Giovanni Lami è un field recordist e musicista che lavora all’interno del soundscape, della ricerca elettroacustica e della sound-ecology, all’esplorazione dell’universo infinito di suoni che ci circonda. Of Rivers And Trains è il progetto solista di Glauco Salvo, in cui confluiscono minimalismo, psichedelia, drone music, in un’affascinante tensione tra primitivismo “roots” e ricerca contemporanea: banjo, zither, ebows e trasduttori sono gli strumenti utilizzati per creare atmosfere delicate e dolcemente ipnotiche, mantra acustici e melodie appena accennate. Il primo lavoro in studio, realizzato con l’aiuto di Simone Marzocchi alla tromba, Matteo Ricci al trombone e registrato da Mattia Coletti, è uscito a novembre 2013 in musicassetta a tiratura limitata ed è disponibile gratuitamente e in copyleft in versione digitale. L’abbiamo intervistato.

Glauco, partiamo dalla tua storia musicale.

Ho cominciato a suonare a dieci anni, trovando una chitarra appoggiata ad un muro in casa, la suonavo senza neanche prenderla in mano, sfioravo solo le corde per ore. poi ho avuto un maestro, ascoltato tanti dischi, suonato con più persone che potevo. ma il modo di fare la musica rimane sempre quello, far vibrare le corde per ore, aspettando che succeda qualcosa.

Sei noto nella scena indie come metà del duo Comaneci. Se il ruolo di Francesca nel progetto è a tutti evidente, meno evidente – ma non meno importante – è il tuo di ruolo. Come lo descriveresti?

Io e Francesca siamo due opposti, lei è impulsiva e diretta, io riflessivo e controllato. le canzoni di Francesca sono sempre molto semplici e scarne, io le avvolgo nei suoni, a volte le spingo fino a che non arrivano altrove, a volte le distruggo per poi ricomporle trasfigurate. e poi dal vivo sono metà di una cosa che diventa inscindibile, in cui le due parti si uniscono in un equilibrio delicato ma anche molto solido. Da dove nasce l’esigenza di un tuo progetto solista?

Ho sempre suonato con tante persone diverse e quasi sempre erano altri a proporre le canzoni, e in ogni progetto emergeva una parte diversa del mio modo di vedere la musica, ma comunque sempre in relazione alle idee di altri. Decidere di confrontarmi con un progetto musicale da solo era una cosa che mi incuriosiva molto, e che mi ha permesso di concentrarmi su aspetti della musica che non avevo mai approfondito, e di farlo senza mediazioni. 

Già solo il titolo del progetto “Of Rivers And Trains” evoca un paesaggio ben preciso. Dove ci troviamo?

I fiumi e i treni sono prima di tutto suoni, che si ripetono apparentemente invariati all’infinito ma che creano una tessitura irregolare e piena di piccole variazioni. E poi sono cose che portano altrove, non so dove, ma altrove.

La centralità del banjo richiama subito alla memoria la grande tradizione del folk americano. È lì che, musicalmente, affondi le tue radici?

In parte sì, da bambino ho avuto la fortuna di avere un maestro che mi faceva suonare i brani di Elizabeth Cotten e dei tradizionali americani e non, per dire, le canzoni dei Guns’n'Roses. In questo caso, però, il banjo non vuole necessariamente richiamare la tradizione americana, anzi, non ne conosco le tecniche tradizionali e lo utilizzo proprio per questo, per essere il più libero possibile da stilemi e generi.

Ma la tua ricerca non è solo “roots”, perché le radici vengono spesso disturbate dall’elettronica. Una metafora dei nostri tempi incapaci di trovare una sintesi adeguata tra passato e presente?

Sono due mondi che nella mia musica si confondono, si rincorrono e si contraddicono continuamente. Anche l’utilizzo che faccio degli strumenti è sempre in bilico tra acustica ed elettronica, tra antico e contemporaneo. Ma non so se me la sento di fare metafore: in fondo, come ha scritto una volta John Cage, “sono solo suoni”.

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