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January 28, 2014

People I Know. Gloria Rivera, stilista colombiana innamorata dell’Alto Adige

Anna Quinz


Che Gloria non sia nata in Alto Adige è evidente dal suo modo di parlare, caldo e avvolgente, dall’accento chiaramente latino. Gloria Esperanza Rivera infatti è nata in Colombia, nella capitale Bogotà, 41 anni fa. Ma da 15 anni ormai vive in Italia, più precisamente a Ora. A portarla da laggiù fino a qui, come spesso succede, è stato l’amore. Gloria è stilista e nella sua città aveva con un’amica un atelier di sartoria. Durante una fiera di tessuti ha conosciuto un italiano. Prima un anno di lunghe telefonate, poi un biglietto aereo solo andata per l’Italia e una nuova vita tutta da iniziare. La prima tappa è stato il Piemonte, poi il Veneto e infine l’Alto Adige, dove Gloria ha lavorato per un’azienda di moda locale. Oggi Gloria esegue lavori di sartoria e crea abiti su misura, non escludendo l’idea di tornare a lavorare per aziende del settore, ma rigorosamente in Alto Adige, terra nella quale ama vivere, in compagnia anche della sua cagnolina, compagna fidata di vita e di avventure.    

Gloria, come e quali sono stati i primi passi in Italia?

Quando sono arrivata avevo ben chiari i miei obiettivi professionali. Anche perché per me il lavoro è un elemento centrale, un punto di riferimento irrinunciabile. Bisogna sempre continuare a inseguire il proprio sogno. All’inizio è stata dura – anche perché non parlavo per nulla l’italiano – ma non ho mai smesso di crederci. Cercavo lavoro chiamando tutti i numeri che trovavo sulle Pagine Gialle alla voce “abbigliamento”. E mi è andata bene: ho trovato il primo impiego in una piccola azienda in Veneto, che produceva tessuti per grandi marchi come Armani, Ferrè, Dior. Ma tutto in pelle. Io sono animalista, ero contraria, ed è stato un po’ difficile, però sono riuscita a convincere il mio titolare a non mettere il collo di pelliccia sui capi e devo dire che questa è stata per me una piccola conquista personale.

Non hai mai pensato di andartene dall’Alto Adige?

No, ho sempre voluto rimanere qui, perché questo è un posto fantastico. Anche se l’integrazione non è facile, io non avuto grande difficoltà, per il fatto di essere donna. Non ho mai sentito una grande discriminazione nei miei confronti e credo che se vuoi, ti puoi integrare benissimo. Per me questa terra è stupenda, piena di cose che amo. Prima di tutto la natura: qui sono libera di godermi lunghe passeggiate in luoghi bellissimi, anche a pochi minuti da casa. Ora è un paesino, ma è bello perché è vicino sia a Trento che a Bolzano. Così se voglio un’aria “più italiana”, scendo a Trento altrimenti salgo a Bolzano, dove c’è atmosfera diversa, cibo diverso… di qui apprezzo il fatto che è un luogo organizzato,dove ci sono rispetto e civiltà. Studio anche tedesco, è difficile, ma pian piano sto imparando.

Che rapporti hai con la sua terra d’origine?

Con mia mamma facciamo lunghe chiacchierate telefoniche tutte le settimane. La famiglia resta un riferimento importante e oggi la tecnologia ti permette di sentirti più vicino, di restare in contatto, vocale ma anche visivo.  Quando sei emigrante da 15 anni vivi una situazione particolare. Io non potrei mai dire di essere italiana, ma quando torno in Colombia non mi sento nemmeno più colombiana, è tutto diverso. E quando sono lì mi viene voglia di tornare a casa, qui. Però se mi chiedono di dove sono rispondo inevitabilmente colombiana, anche se ho la cittadinanza italiana. Le mie origini rimangono quelle, ma è come se avessi un passaporto del mondo. Non appartengo più a quella terra, non ho più radici, sono semplicemente cresciuta lì e poi partita. E non ho mai pensato di tornarci a vivere.

Della Colombia conosciamo quel che ci raccontano i media, e non sembra propriamente un posto tranquillo…

Devo dire che non ho mai conosciuto tanta gente che è stata in Colombia come qui. Ho incontrato persone che conoscono la Colombia meglio di me. Certo, è un posto sul quale in internet o nei media ti dicono “se ci vai, è a tuo rischio e pericolo”. Ci sono ovviamente tanti problemi civili, da tantissimi anni. È una realtà latinoamericana dura: c’è la guerriglia e il narcotraffico, e gruppi armati che causano grosso disagio. Non è un paese turistico al 100% ma ci sono tanti posti stupendi, dove si può andare, informandosi un po’. Dipende anche dal momento, dal presidente che c’è: se magari è in carica uno che ha fatto un certo tipo di accordi internazionali, la situazione può essere più tranquilla; mentre ci sono altri momenti in cui meglio evitare di andarci. Io quando vivevo lì non ho mai avuto paura, né mi è successo nulla. E gli amici che ci sono andati mi raccontano che si sono trovati bene e divertiti molto.

Cosa ti sei portata qui in Alto Adige del tuo essere colombiana?

Credo la mia maniera estroversa di socializzare. Non vedo nessun problema nell’essere ospitale, amo convivere con le persone. Ma mi rendo conto che qui non è proprio sempre così, ci si mette di più ad aprire agli altri casa propria. Noi siamo di natura più conviviali, socievoli, e penso che questo approccio me lo sono portata come bagaglio dalla Colombia. E forse anche il fatto di sorridere tanto e spesso.

 

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