Music

January 9, 2014

Marta Sui Tubi da Sanremo al Cristallo, l’intervista a Giovanni Gulino

Marco Bassetti
Ospiti della rassegna Racconti di Musica dopo Almamegretta e Mario Venuti, sbarcano al Cristallo di Bolzano i Marta Sui Tubi. Tra forme d’arte nascoste, Hai Paura Del Buio, Woodstock 5 Stelle, insidie e potenzialità della rete e la paura di “sentirsi dispari”, l’intervista a Giovanni Gulino.

Cinque è un numero ricorrente nella storia dei Marta Sui Tubi: la band siciliana, trapiantata a Milano, ha pubblicato cinque album e, da ormai cinque anni, è formata da cinque elementi. Ecco allora che il quinto lavoro in studio del combo folk punk più scatenato della penisola celebra nel titolo proprio questa ascendenza numerologica: Cinque, la luna e le spine. L’album, uscito nel 2013, è quello della consacrazione al cospetto del grande pubblico, quello che contiene i due pezzi lanciati nella kermesse sanremese dello scorso anno: Vorrei e Dispari. È l’album che ha collocato definitivamente la band guidata dal duo Giovanni GulinoCarmelo Pipitone nella terra di mezzo tra ricerca underground e popolarità mainstream. Un’area non facile da occupare, abitata da rinomati colleghi (Afterhours, Subsonica, Negramaro, Baustelle…), ma che i Marta Sui Tubi hanno conquistato a modo loro, levigando alcune asperità del loro sound storico senza, tuttavia, dimenticare la spericolata inventiva ritmica e lirica delle origini. In vista del loro concerto al Teatro Cristallo di Bolzano del 14 gennaio, abbiamo scambiato due chiacchiere con Giovanni Gulino.

Volevo chiederti un tuo parere sull’esperienza Hai Paura Del Buio, festival itinerante curato da Manuel Agnelli che vi ha visto tra i protagonisti in due delle tre date programmate per il 2013.

Esperienza molto divertente e significativa. Dietro il progetto c’è un messaggio molto forte e spero sia arrivato a tante persone: esistono molte forme d’arte che non trovano molto riscontro nel nostro sistema massmediale e che comunque costituiscono l’ossatura culturale del paese, è arrivato il tempo per accorgersene. Non sto parlando solo di musica, ma anche di tutte quelle forme di arte che nel festival sono state rappresentate molto bene.

Il manifesto del festival recita “Noi vogliamo uscire, confrontarci, mischiarci, sporcarci e contaminarci. Diventare dei bastardi e dei meticci.  Superare gli steccati che ci hanno diviso e ci hanno spento. Perché nasca qualcosa di nuovo”. Pensi si siano raccolti risultati concreti?

La mia speranza è che si sia riusciti un po’ a fare breccia nel cuore delle persone, spero si sia riusciti a far cadere il velo dell’ignoranza che spesso tiene lontane la musica e le arti alternative dalla gente. Noi siamo contenti di aver dato il nostro piccolo contributo.

Nel 2010 invece partecipaste ad un altro tipo di progetto, ovvero Woodstock 5 Stelle, promosso dall’ormai ex-comico Beppe Grillo. Se un nuovo invito a partecipare al festival vi arrivasse oggi, accettereste?

Abbiamo suonato per il Movimento 5 Stelle come abbiamo fatto in altre occasioni per il PD e per Sel, ovvero per quelle forze politiche che esprimono, a nostro parere, una giusta causa. Noi non siamo schierati politicamente e scendere in un discorso politico ora non ha molto senso: dobbiamo aspettare la prossime elezioni politiche e vedere come i partiti si riorganizzeranno. Se allora ci sarà qualcuno che rappresenterà i nostri punti di vista, non avremo difficoltà ad appoggiarlo suonando nei contesti che saprà organizzare.

In riferimento al Movimento 5 Stelle mi viene spontaneo parlare di “Dispari”, il secondo brano che avete presentato a Sanremo lo scorso anno. Un pezzo in cui si riflette sull’illusione della vita allestita in rete, dello scarto che separa il virtuale “social” dal reale “sociale”…

Quel pezzo parla dei rapporti umani che nascono tra persone che si relazionano sui social network. Oggi sulla rete ci si costruisce una rappresentazione di sé, si fa la corte alle ragazze e si cerca di fare bella figura sugli altri mostrando un campionario multimediale di se stessi. Ognuno diventa una piccola star, ognuno in qualche modo è un piccolo ufficio stampa. Milioni di informazioni, discussioni, commenti, condivisioni… ma poi quando spegni quell’apparecchio maledetto che hai davanti, il volto che si riflette sullo schermo ti mostra in tutta la tua solitudine. La realtà è che non ti sei abbinato a nulla, sei rimasto dispari.

Dall’altra parte, però, è innegabile che la rete offra possibilità – anche in campo musicale – una volta semplicemente impensabili. Penso ad esempio alla piattaforma Musicraiser.com da te ideata e gestita.

Si tratta di una piattaforma di crowdfunding, in cui ognuno ha la possibilità di supportare un progetto e in cambio ricevere una “reward”: l’artista raccoglie i fondi per finanziare il proprio progetto (un disco, un videoclip, un tour…), i fan ricevano in cambio dall’artista una ricompensa in esclusiva.

Un bilancio di questi primi mesi di attività?

In quattordici mesi di lavoro abbiamo finanziato più di 200 progetti e distribuito agli artisti quasi 700mila euro. Abbiamo inoltre ricevuto il riconoscimento da parte del Mei, in quanto piattaforma innovativa al servizio della discografia, e la rivista Wired ci inserito nella classifica dei primi 100 innovatori del 2013. Piccole belle soddisfazioni, la risposta in questi messi è stata molto incoraggiante. Adesso cerchiamo di farci conoscere anche all’estero.

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