Geena regina altoatesina delle drag queen, in lotta contro pregiudizi e omofobia

Geena regina altoatesina delle drag queen, in lotta contro pregiudizi e omofobia

 Geena Queenie si definisce una drag queen “sobria”. Quando la sua amica Kelly Minogue esce dal backstage — cresta viola, lenti a contatto bianche alla Marilyn Manson, completino in latex succinto e un profluvio di borchie — si capisce anche il perché. Geena ha enormi ciglia finte, indossa un vestito blue elettrico e porta stivali di pelle laccati in stile “domina”. Porta il tacco 18 con disinvoltura anche mentre scende dalla scala a chiocciola che porta al bar. “Ma ci sono donne che si vestono in modo meno sobrio”, commenta un avventore, divertito. Geena si sta per esibire al Lido di San Cristoforo. È una serata W@po, una “unconventional night”, dove per unconventional si intende dedicata a gay e lesbiche. Nel volantino lo si intuisce solo dal poliziotto a petto nudo con Ray-Ban modello Village People. “È la prima serata del genere in stagione, e si ripete ogni due settimane”, spiegano.

1Geena in realtà si chiama Andrea ed è l’unica drag queen della regione. Andrea è gay dichiarato, come la maggior parte delle drag, anche se non tutte. È “politicamente impegnato” nelle associazioni ed è responsabile promozione per il nord Italia dell’Acidqas, Associazione culturale italiana drag queen affini e sostenitori, che qualche settimana fa si è presentata ufficialmente all’assessore al sociale Mauro Randi, ha una trentina di iscritti ed è presieduta da Kelly Minogue.

14Durante il primo incontro, in borghese, si parla principalmente di diritti. Andrea continua a ripetere che quando “diventa Geena” si trasforma anche nel carattere ed in effetti, è vero. Cambiano la voce, la gestualità, il modo di parlare e quello porsi. “Perché fare un associazione? In tanti — spiega — facciamo questo lavoro che non è conosciuto ed è in realtà antichissimo. Oggi si chiama drag queen ma la forma teatrale del lavoro en travesti è nata tanto tempo fa. L’associazione è nata perché purtroppo in Italia non c’è un riconoscimento ufficiale. La nostra finalità è quella di promuovere il lavoro di tutto il mondo dei performer, in modo anche da tutelarci di fronte all’immagine spesso distorta che si dà di quello che facciamo”.

15Prima di darsi completamente allo spettacolo Andrea ha fatto l’apprendista idraulico, una scuola professionale di grafica, ha lavorato in una multinazionale per 13 anni, ricoprendo anche mansioni direttive, e poi ha deciso di mollare tutto, tornando a studiare per diventare ristoratore e aprendo una discoteca.

3Quando è “diventato” Geena?

Non ho avuto un’ispirazione, nella decisione c’è stata una forte componente di casualità. Lavoravo per una discoteca, il Sei come sei, che era anche un ristorante. Nel panorama regionale allora, parliamo del 2008, non c’era neppure una drag queen. Il mio superiore ad un certo punto mi chiese di provarci. Tutti mi hanno detto: “hai la faccia, hai la giusta spudoratezza e quindi fallo”. E io mi sono buttato facendo i primi esperimenti e le prime esibizioni. Prima di acquisire una certa bravura nel trucco, nei costumi, ci è voluto tempo. Riguardandomi ora riconosco che i primi esperimenti erano orrendi. In realtà per il pubblico lo spettacolo di una drag non è mai orrendo, è sempre in un qualche modo divertente, ma oggi, professionalmente parlando, posso dire che questi esperimenti non erano molto ortodossi. La nostra era una organizzazione no profit, volevamo offrire un punto di incontro per tutte le persone Lgbt (acronimo che sta per lesbiche, gay, bisessuali e trans gender, ndr) ma non solo, ovviamente, perché noi non vogliamo essere ghettizzate ma nemmeno ghettizzare. Proponevamo una serie di cose tra cui anche lo spettacolo drag fatto da me.

2Quali sono stati i modelli a cui si è ispirato?

Mi sono buttato su ciò che mi piaceva, soprattutto le grandi dive del cinema e della musica. Ho giocato facile prendendo come modelli Madonna e Marilyn Monroe. Qualche tempo fa a Milano ho fatto un vero spettacolo di cabaret in cui ho proposto Rita Hayworth con il pezzo Put the Blame on Mame, un pezzo sul terremoto di San Francisco del 1906. Fondamentalmente ho osservato gli originali femminili e li ho esasperati. La drag queen, in fondo, è questo. Non è la riproduzione fedele, ma l’esasperazione giocosa di un personaggio. Anche se in realtà oggi esistono drag che magari giocano con la somiglianza con gli originali e quindi cercano anche di replicare fedelmente.

4Bolzano è una città conservatrice, come hanno reagito le persone a lei care quando ha detto loro cosa avrebbe fatto?

Prima di tutto va detto, anche se ormai è un luogo comune, che la gente comune è molto più avanti della classe dirigente, timorosa di queste manifestazioni d’arte e di tutte le manifestazioni della sessualità. Io ho fatto il mio coming out nel 2009 con un’intervista a un giornale. Tutti i miei cari hanno saputo che ero gay e che facevo la drag queen così, all’improvviso. Nell’ambiente ero già un personaggio, ma avevo, per così dire, una doppia vita. Di giorno lavoravo in un’azienda con un incarico di tipo manageriale e la notte facevo la drag queen. In famiglia c’è stato uno shock di qualche mese e poi tutto è tornato a posto. Sul lavoro ho avuto tanti complimenti ma qualcuno ha anche storto il naso. Oggi forse il coming out non lo rifarei così. Credo che sia giusto che il personaggio, al contrario di quanto fatto ad esempio da Platinette, abbia sempre un alone di mistero (di qui la scelta di non rendere noto il vero nome in questa intervista, ndr). Ma all’epoca non potevo che farlo così. Se oggi sono qui è per parlare del mio personaggio e per spiegare alcune cose che mi stanno a cuore. La più grossa confusione che viene fatta, ad esempio, è scambiare quello che noi facciamo con il travestitismo o la transessualità alla cui base c’è un sentimento di incompiutezza del proprio essere, che nel mio caso non c’è. Ho semplicemente una maschera e grazie ad essa posso dire cose che altrimenti non riuscirei a dire. Sono Andrea e sono felice di esserlo, ma mi piace interpretare questa forma d’arte.

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Ma come è riuscito a farne un lavoro?

In Italia saranno in 5 a campare solo di questo mestiere. Per farlo bisogna vivere in altre realtà. Quando cominciai si era agli albori, almeno qui da noi e in regioni simili come il Friuli. Ora in certe realtà c’è una proliferazione e non è facile “resistere” come personaggio. Faccio diversi spettacoli, ma non ci campo. In questi anni ho condotto una discoteca e ora ho una agenzia di spettacolo. Oggi fare impresa in Italia è un problema sia per la burocrazia sia le tasse. Non so quanto a lungo continuerò a portare avanti l’attività imprenditoriale, ma il mio personaggio andrà avanti.

 8Che differenza c’è tra esibirsi in un contesto «gay» e in ambienti non connotati?

A Milano, ad esempio, ho fatto una serata davanti a un pubblico selezionato di imprenditori, istituzioni, forze dell’ordine. E ho avuto un riscontro molto positivo. Avevo in scaletta Rita Hayworth, Marilyn Monroe, Patti Pravo, Dalida. L’unica differenza è che nelle serate gay magari sono un po’ più esplicito con il linguaggio.

11Cosa propone nei suoi spettacoli, qual è il suo pezzo forte?

Per anni ho fatto spettacoli miei, ora faccio l’ospite nelle discoteche e conduco da tre anni Miss Drag Queen Trentino Alto Adige. Sono un grande estimatore di Madonna, credo che sia lei il mio cavallo di battaglia. In questo ambiente c’è la drag che fa la presenza, quella che fa la vocalist, quella che canta in playback o dal vivo. Può piacere di più un campo ma credo che alla fine sia giusto indossare tutte le vesti. Questo distingue un professionista da uno che non lo è.

12Per qualche mese è stata ipotizzata la realizzazione del Gay Pride a Bolzano. Poi tutto è naufragato. La città, secondo lei, è pronta?

Ho partecipato a diversi Pride e credo che Bolzano si stia svegliando. Nel 2014 non si farà, ma come Associazione Drag e come Centaurus stiamo gia lavorando ad un progetto per il 2015. In italia c’è un grande problema che si chiama omofobia. Anni fa era relegato a una piccola fetta della società, ora sta aumentando. La popolazione insofferente ai gay è in aumento. Quindi non so per quanto continuerò a fare quello che faccio. Girando un po’ ti rendi conto che dove la donna è più libera sono più liberi anche i gay. Nei Paesi del Nord, ad esempio. Ma anche la mediterranea e cattolica Spagna ci ha dato la birra. Quello che non si capisce è come mai quando Papa Francesco dice “chi sono io per giudicare un gay”, anche se così nulla toglie al vero pensiero della Chiesa, non venga recepito dalla politica. Per tutto il resto il Papa viene ascoltato, ma per questo no. Ciò fa capire quanta pochezza e quanta poca onestà intellettuale ci sia nella politica. In realtà, per dire, ho anche ricevuto proposte da gay repressi, che in politica magari sono apertamente omofobi pur di difendere la faccia. Non sopporto di continuare a sentir parlare di “natura” e “contro natura”. Che tutti si leggano ciò che dice l’Oms e la federazione degli psicologi. I media potrebbero fare molto a riguardo. Quando due ragazzi gay vengono impiccati in Iran che spazio trova questa notizia sui nostri giornali? Quando in Russia si approvano le leggi omofobe volute da Putin chi si indigna da noi? Con la Russia si pensa solo a fare affari.

13Ha mai pensato di andarsene?

Qui ci sono mille pregiudizi da abbattere. Ovunque c’è lo stereotipo sulla sessualità gay “promiscua”. Ma io mi chiedo: se non esistono le unioni civili, se non c’è certezza del diritto, se non si può chiedere insieme la casa popolare, come si fa? La voglia di andarmene da questo Paese è legata alla mancanza di diritti. Se facessero legge sulle unioni civili già sarebbe un passo. E ne trarrebbero vantaggio tutti, non solo i gay. Deve cambiare il clima, in Italia oggi si ha paura di andare mano nella mano. Il risultato alle volte qual è? Che il gay o la lesbica magari si sposa fingendosi etero. E in questo modo possono ingenerare infelicità per se stessi e per gli altri.

Pubblicato su Corriere dell’Alto Adige del 1.10.13

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