Music
September 10, 2013
Tre Allegri Ragazzi Morti a SotAlaZopa, l’intervista a Enrico Molteni
Marco Bassetti
Un festival in grande ascesa, SotAlaZopa. Una manifestazione capace di coniugare buona musica, free camping, cibo, sport ed ecologia in maniera sana, rispettosa e intelligente. Nella verdissima cornice della Valle di Primiero, alle pendici delle maestose Pale di San Martino, le band si alterneranno su due palchi – Palco Principale e Palco Aguaz – accontentando i gusti dei diversi pubblici: rock, punk, folk, reggae… Tra la band che saliranno sul palco venerdì 13 settembre ci sono i Tre Allegri Ragazzi Morti. Dall’ultima volta che ci siamo incontrati (passavano da queste parti per un concerto che ha lasciato il segno: intervista qui e qui), hanno fatto tante cose, tra cui un album nuovo, il settimo: Nel Giardino Dei Fantasmi (dicembre 2012). Ne abbiamo parlato con Enrico Molteni, bassista della band friulana.
Sono passati due anni da quando ci siamo incontrati l’ultima volta, due anni molto intensi per voi… Come li riassumeresti in un’istantanea?
Sono stati due anni bellissimi perché abbiamo gli occhi dell’esperienza spalancati sul presente. L’instabilità che viviamo è fonte di continua curiosità e impegno per dare una direzione al nostro lavoro.
Nel Giardino Dei Fantasmi: nuovo disco e nuova direzione, con una nuova attitudine “etnica” seppur sempre all’interno dei confini del mondo TARM. Come si fa a cambiare e a ricercare senza perdere la propria identità, senza smarrirsi, rimanendo sempre se stessi?
Si dice che a Venezia è bello perdersi perché è meravigliosa in ogni suo angolo e soprattutto perché non ci si perde mai davvero se si possiede un minimo di orientamento. In questo senso abbiamo capito che amiamo perderci, che è stimolante scoprire nuovi aspetti del proprio carattere, anche perché in fondo si finisce per mettere meglio a fuoco la propria essenza.
Parlami di “Bugiardo”. C’è chi vi ha letto un atto d’accusa contro la medicina occidentale e i suoi rimedi, è così?
Questa canzone parla proprio della leggerezza dietro la quale spesso si nasconde la classe medica di oggi. È chiaramente un argomento molto difficile da trattare, ma in fondo è servito da spunto per un testo che può essere traslato facilmente anche su altri argomenti. Amiamo quando le canzoni vengono interpretate diversamente, significa che non sono troppo esplicite e fungono da rampa verso la riflessione di chiunque le ascolti.
“Hai sentito il nuovo ordine, nessun ragazzo sulla strada. È arrivato il nuovo ordine, nessun ragazzo sulla strada” (Il nuovo ordine). Anche a Bolzano sembra, ogni tanto, di percepire questo nuovo ordine e infatti abbiamo pensato di organizzare un festival per cantautori di strada… Chi sono gli artefici del “nuovo ordine”?
Quella canzone si riferisce a come sono cambiate le abitudini della gente. Una volta si stava sulla strada per condividere la vita, oggi lo si fa dal computer. Siamo in tantissimi, ci conosciamo profondamente, ma non ci siamo mai visti. È un haiku semplice che, abbinato all’atmosfera claustrofobica del dub, prende nuove profondità.
Non posso non chiederti le tue impressioni a caldo, dopo il tour negli stadi con Jovanotti. Che esperienza è stata?
È stato bello vedere diverse realtà a confronto. Jovanotti, il suo staff, il suo pubblico, sono stati tutti molto dolci con noi. Ci hanno permesso di rivedere la nostra esperienza decennale con un’altra ottica e di esserne orgogliosi.
E agli intransigenti, quelli che nel mondo indie storcono il naso (e, purtroppo, ne conosco molti) davanti alla vostra scelta di andare in tour con una popstar, tu cosa dici?
Ognuno è libero di pensare quello che vuole!
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