Diario semiserio di un musicista fuori sede #8. Pensieri notturni ad un anno dagli esami

Diario semiserio di un musicista fuori sede chiara esposito 08

E’ passato un anno dalla nostra maturità.

E’ passato un anno dai giorni che hanno segnato la fine di un intero mondo, che hanno rivoluzionato le nostre vite, che hanno cambiato tutto.
Passata la maturità ti sentivi un uomo libero, fine della scuola!

Oddio sapevo ben cosa mi aspettava, fra sorella all’università e vari amici avevo un’idea piuttosto precisa di cosa mi si stava ponendo davanti, ma al diavolo, quando si finisce la maturità ci si toglie un peso che va festeggiato con una sufficiente dose di cazzeggio e festeggiamenti.

Al problema del dopo ci si pensa, per l’appunto, dopo. In realtà è un misto di eccitazione e angoscia.
L’ansia del lasciarsi l’adolescenza alle spalle, il brivido dell’ignoto, la paura del mondo che verrà, il desiderio di mettersi alla prova e di potersi specializzare in qualcosa che si ama, se davvero si ha capito cosa si vuole fare.

Un po’ rimaniamo anche convinti che in fondo nulla cambierà, che manterremo tutte le nostre amicizie e le nostre conoscenze. In realtà spesso si sottovaluta la necessità indispensabile della presenza fisica perchè si possa davvero far parte di un mondo. Se non si è là, se non si è presenti, si diventa come un’eco, che più o meno lentamente si spegne.

Detta così è terribilmente angosciante.
E in effetti un po’ lo è anche, però c’è qualcosa che mitiga la cancellazione dal proprio mondo, ed è l’inserimento in uno nuovo. Come se non si potesse stare a tutti in due mondi distinti, più si vive nel presente più ci si cancella dal passato. Le eco piano piano scompaiono, ciò che eri rimane una piacevole o spiacevole ombra e tutto viene assorbito dall’esistenza in corso.
Ma, beh, così deve accadere. Fra le due, convinto com’ero che avrei terminato il conservatorio a Bolzano, ero molto più angosciato dal pensiero di restare per altri 4 anni a casa, in una città che dopo 19 anni puzza di stantio, in cui conosci già quasi tutto e tutti e che ben poco ti può offrire.
Angoscia per un’esperienza di vita così indispensabile? Nah, tanta tanta tanta smania di partire piuttosto!

Sembra terribile l’idea di perdere e vedere sconvolta tutta la propria vita, in realtà capita addirittura di non accorgersene. Il presente fa così, ti distoglie da tutto, ti tiene troppo attaccato a sé, non lasciandoti nemmeno il tempo di guardarti davvero indietro, spesso, troppo concentrato sulla contingenza, sul latte per domani mattina e l’esame della settimana prossima.

Quando passano i mesi però, e ormai ti abitui alla nuova vita, ti capita di guardarti indietro più a lungo. A me era capitato molto spesso, ma mai come quando mi sono ritrovato a vedere le foto della festa d’istituto, cui ho sempre partecipato per cinque lunghi anni.
Cinque anni vissuti e ora di colpo nulla. Non compaio in quelle foto, non ci sono più!
Straniante a dir poco. Mi sono reso del tutto conto che quest’estate quel mondo dovrò riscoprirlo, quasi da zero, come se fossi un estraneo, un estraneo a casa mia!

Non si può essere estranei nella propria casa, e se ci si rende conto di esserlo è perchè quel luogo non è più casa tua. Adottato da Padova, che mi ha poco gentilmente donato istanti di cadenza veneta particolarmente imbarazzanti, ora mi trovo a ritenermi qui “a casa”. Inspiro la salubrissima (?) aria patavina e riconosco l’odore di uova marce (“Qualcuno si è laureato”), gli immancabili cori (“Sìsì, si è proprio laureato”), le decine di promoter che tentano infruttuosamente di farti firmare qualcosa, il dribbling di turisti e gente a caso, l’odore della nebbia in inverno e dell’umidità in estate, quell’insieme di sentimenti e sensazioni che ti fanno riconoscere che sì, quello è l’unico posto che potresti chiamare casa. Non puoi davvero essere certo che sia così. La vita fuori casa ha sempre quel sapore di transitorietà, di temporaneo.

E così ti ritrovi, sospeso, lentamente svanendo da quello che ormai non è più il tuo mondo e materializzandoti sempre più in quello nuovo. Per alcuni è rapido, per altri molto graduale. Per me è stato netto, secco, un brutto strappo con cui togliersi da un mondo che ti sta stretto per entrare in uno nuovo di cui ancora non sai la misura, per altri invece è meglio un atteggiamento più morbido, con l’illusione di far parte a tutti gli effetti di entrambi finchè non si viene tanto assorbiti non rendersene neanche conto.

Ma c’è tanto da imparare da questa lezione, tanto da scoprire, per cui ben venga il cambiamento.
Tanto non ci sarà nemmeno il tempo di adattarsi a questo nuovo mondo che già si vagherà instancabili verso un altro, magari completamente diverso.
Ben venga il cambiamento, ben venga la rivoluzione copernicana, ben venga uno sconquassamento totale! Non si sa mai che a furia di capovolgimenti non trovi davvero la tua maniera di stare dritto.
Allora forse potrai trovare un mondo in cui stare senza bisogno di fuggire.

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