Diario semiserio di un musicista fuori sede #06. L’indipendenza in un carrello

Diario semiserio di un musicista fuori sede #06. L’indipendenza in un carrello

Innanzi tutto, due parole sul nuovo sito di Franz: che figata. Sono effetivamente due.

Poi proseguiamo con la nostra regolare pagina di diario. La pagina di oggi sorge da una domanda, che mi è comparsa da sè mentre facevo la spesa: cosa vuol dire essere indipendenti?

Certo io non posso che assaporare un frammento di quell’indipendenza che tanto bramo, essendo vincolato al sostentamento monetario da parte dei miei. Eppure mi sono reso conto che quel fare la spesa era già in sè l’indipendenza.
Se me l’avessero detto manco un anno fa, che l’indipendenza di una persona si nasconde nel carrello spinto pigramente fra gli scaffali del supermercato non c’avrei creduto. E invece! Ma lasciatemi spiegare.
Si spinge spesso nella propria infanzia un carrello, quando tua madre ti costringe a darle una mano al supermercato, per dire! Ma è molto diverso spingere un carrello passivamente mentre un’altra persona pensa a cosa effettivamente servirà a casa e a cosa mangiare e scaraventa cose a caso nel carrello, rispetto al dover svolgere un ruolo attivo nel complesso progetto di spesizzazione e carrellizzazione universitaria.
Ora sei tu che oltre a spingere il carrello o trainare il carrellino devi concentrarti su tutta quella moltitudine di prezzi, prezzini, microprezzi, cartellini delle offerte che sbucano da ogni dove spesso sotto al prodotto sbagliato perchè ovviamente i prodotti sopra al cartellino NON sono quelli cui il cartellino si riferisce.
Ma è bello, dopo tutto ti fa sentire adulto. È prerogativa degli adulti quella di poter decidere, di poter scegliere cosa mangiare, cosa comprare, la responsabilità di tenere i conti e gestire le finanze.
Dopo un po’ inoltre ti abitui, inizi a guardare subito il prezzo al chilo, inizi a scoprire che i prodotti di marca vengono fatti spesso negli stessi stabilimenti in cui producono quelli minori e che, anzi, sono spesso pure meno buoni dei loro cugini meno famosi.
Penso di essermi sentito adulto quando ho scoperto che i fagottini del pam mi piacevano più dei saccottini della mulino bianco e costavano la metà (questa non è pubblicità occulta, anzi è piuttosto chiara), penso di essermi sentito adulto quando ho iniziato a prendere determinati prodotti ad un supermercato e altri ad un altro, di essermi sentito adulto quando ho iniziato a fare il giro del mercato in piazza alla ricerca di frutta e verdura, quando ho scoperto il giusto compromesso fra costo e qualità.
È stato gratificante rendersi conto di essere capace, alla fine, rendersi conto di potercela fare con le proprie forze, di contare su se stessi ma anche sulla collaborazione dei coinquilini. È là che ho assaporato quell’istante di indipendenza che mi ha fatto sentire tutto d’un tratto molto più grande, molto più maturo, anche se poi ti rendi conto che non è per nulla vero, però dai, la sensaIone è buona.
Dopo tutto l’esperienza dell’uscire di casa, dell’abbandonare il nido familiare in cui, per tutti i problemi che tu possa avere, almeno c’è qualcuno che ti segue, che ti cura e che ti pensa, è mirato proprio a questo.
Essere capaci di farcela, imparare a vivere da soli, prepararsi perchè un giorno ti troverai a dover affrontare tutte quelle sfide, magari anche senza il sostegno economico della tua famiglia, magari da solo senza nemmeno coinquilini. E là sarò felice di aver potuto godere di questa esperienza, di aver potuto imparare, di aver potuto essere indipendente, di aver spinto quel carrello solo per me.

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