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May 8, 2013

People I Know. Simon Cazzanelli, plasmare parole e un futuro scritto nei baci

Anna Quinz
Curiosità onnivora, talenti vari e innati, parole e immagini che si incrociano e si scambiano di posto. Questo è Simon Cazzanelli, esplosivo designer e copywriter, che ha pure lavorato un po' con noi di Franz.

Trovare le parole giuste per raccontare Simon Cazzanelli, non è facile. Un po’ perché Simon – nato nel 1989 a Bolzano (o più precisamente, a Laives) sotto il segno del’ariete – è una di quelle personalità dalle mille sfaccettature, dai mille talenti, dalle mille idee. Un po’ perché le parole sono il suo mondo, ed è difficile trovarne di più azzeccate di quelle che usa lui stesso per parlare di sé. “Sono un plasmatore di parole” racconta, e ancora “scrivo, lettera per lettera, e progetto, pixel per pixel”. Simon, infatti, è designer e copywriter, vive a Graz, dove ha studiato Information Design, e nella vita racconta storie, con le immagini e con le parole. Capelli rosso carota, uno stile inconfondibile e sempre sopra le righe, simpatia e curiosità innate ed entusiasmo esplosivo, non si può non rimanere affascinati e travolti da questo giovane uomo pieno di qualità. Anche quando, sul palco di qualche serata di Poetry Slam (forma di poesia contemporanea, dove di fronte al pubblico si declamano i propri versi, con l’intento di catturarne l’attenzione e ‘schiaffeggiarlo’ – come dice il nome stesso – con le parole, con le immagini), Simon tira fuori le sue storie e ammalia la sua platea. Parole dunque, come fil rouge di una vita intera, parole dette e parole scritte, come quelle del testo teatrale “Blog und Backhendl” che Simon ha scritto e con il quale si è aggiudicato recentemente il primo posto ai “Bozner Autorentage”, concorso per giovani autori teatrali promosso dalle Vereinigten Bühnen Bozen. Questo lavoro, che racconta “la massiccia dicotomia tra vita e web che domina la generazione 2.0”, ha convinto la giuria perché “sviscera il tema dell’identità su Internet, in modo nuovo e audace”. E questo saper sviscerare l’oggi, in tutte le sue componenti – narrative, estetiche, quotidiane – con audacia e irriverenza, in modo mai banale ma sempre nuovo e inatteso, è proprio quello che fa di Simon un perfetto uomo del nostro tempo, aperto e vivace, attento e deciso. Il tutto, però, sempre condito dall’innata capacità di ridere delle cose, di regalare a tutti un sorriso e un abbraccio sincero, senza mai prendersi troppo sul serio.

Simon, quando hai lasciato l’Alto Adige e perché?

Mi sono trasferito quattro anni fa qui a Graz per studio ma non solo, mi sono detto che studiare a due passi da una realtà ben nota non mi avrebbe aiutato ad allegare le mie prospettive come avrei voluto.

Cosa ti manca, e cosa no, della tua terra?

Se penso a quello che più mi manca dell’Alto Adige mi vengono in mente i contrasti  di lingua, cultura e paesaggio propri della nostra realtà, le serate in Piazza delle Erbe e il CHINOTTO! Certo non sarebbe male se la mentalità mirata solo e sempre al turista, ammiccasse talvolta anche a chi la mia terra la abita quotidianamente.

Tu lavori con le parole, ma non è scontato arrivare alla scrittura di un testo teatrale. Perché l’hai fatto? E, in generale, cosa rappresenta per te scrivere storie?

Si tratta ovviamente del fine trascendentale che muove tutti gli spiriti artistici più nobili: la dea Mammona.  Scherzi a parte, dopo le varie esperienze fatte direttamente sotto i riflettori, volevo finalmente appartarmi nella penombra per creare un pezzo pensato, sudato, sofferto, ma composto da me. Per rispondere all’ultimo punto vorrei citare la frase trovata nel bacio che ho appena scartato e mangiato “la vera libertà sta nel riuscire a pensare oltre il banale quotidiano” e aggiungere che di fatto anche la suddetta pallina di cioccolato con punta di noce costituisce motivo di nostalgia.

Che altre storie vorresti raccontare?

La prossima storia che vorrei raccontare è quella del mio primo “bacio”. 

E il poetry slam, invece, cosa ti intriga di questo altro “metodo” di racconto?

È la forma più democratica di lettura che segue – in senso più ampio – le tre unità aristoteliche. Spazio: può avere luogo in un bar, chiostro o piazza ed è rivolto sempre a spettatori consenzienti; tempo: la performance deve avvenire nell’arco dei minuti prestabiliti riuscendo a risultare intensa e amena; azione: è sempre mirata a un pubblico ricettivo che ripaga il tuo contributo con un feedback fulmineo e spassionato. 

Tra le altre cose, sei un appassionato ed esperto di moda e design. Quanto conta l’estetica nella tua vita?

L’estetica è un impulso insito in tutti e dietro ad ogni scelta di pura apparenza ci sono sempre elucubrazioni più o meno coscienti o elaborate, è quindi un aspetto che ci influenza tutti.

Dunque, cosa è il bello per te?

La bellezza è quando il risultato di quel crogiolo di impulsi, considerazioni e scelte – di cui parlavo prima – riesce ad essere nutrimento per gli occhi riuscendo a spiccare dal grigiore.

Cosa vorresti fare da grande? 

Da grande vorrei, come il noto scrittore italiano, scrivere romanzi di enorme spessore e raggiungere il massimo apice della letteratura scrivendo… versi per i Baci Perugina.

In definitiva vorrei continuare a dare sfogo alla mia vena creativa.

Pubblicato su Corriere dell’Alto Adige del  5 maggio 2013

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