Diario semiserio del musicista fuori sede #3. La buona birra bolzanina e il delirio stagionale

Diario semiserio del musicista fuori sede #3. La buona birra bolzanina e il delirio stagionale

E’ Pasqua, le famiglie si riuniscono nel caldo focolare domestico, mentre fuori fiocca la neve.

No, piano questa è la descrizione del Natale. Ecco, in realtà oggi è il 24 dicembre! Tempo burlone, e io che pensavo fosse già aprile! Però effettivamente con la neve che scende a Padova dovevo capirlo che c’era qualcosa che non andava.
Meglio tornare a Bolzano, probabilmente il mio asse temporale è rimasto quello sudtirolese.

E dunque rieccomi nella mia cara conca, attorniato di montagne che ti guardano severe e bonarie, come quei nonni anziani con la lunga barba che sembrano sia spaventosi che dei sosia di Babbo Natale, per restare in tema. Trascorro le ore sul treno, leggendo e ascoltando musica, guardando fuori dal finestrino il paesaggio che cambia, il mondo che si trasforma. Finalmente di nuovo a Bolzano per una settimana, era dalle elezioni che non salivo. Appena arrivato a casa mi lancio sul mio migliore amico inanimato.

Era tanto che non ti suonavo, pianoforte! A passare il tempo a Padova, dove a casa ho solo una (ottima) tastiera, mi ero dimenticato di quanto fosse bello avere il proprio strumento in casa. Tuttavia anche se questo permetterebbe grandi risparmi di tempo ha i suoi lati negativi.
Non si dice mai abbastanza su quanto sia dispersivo lavorare in casa, in camera propria, con il pc a un metro dal pianoforte, con una videoteca in soggiorno e un morbido divano, con una dispensa sempre piena, con l’intera collezione di libri e fumetti. Inoltre andare in conservatorio ogni giorno permette di uscire un po’ dalla chiusura.

Lo studio della musica è una cosa estremamente solitaria ed individuale, soprattutto del pianoforte. Per fortuna esiste la musica da camera per darci l’opportunità di suonare insieme, e smuovere i più pigri, ma per il resto le nostre 7 e passa ore di studio al giorno le passiamo nella più completa solitudine. Se non potessi andare insieme ai miei sfortunati colleghi a sfamarmi dal panzerottaro (Panzerottaro: figura chiave della vita di un musicista fuorisede costretto a mangiare in giro ogni pranzo. Egli è una creatura divina che dispensa panzerotti a prezzi modici ad una distanza di massimo 10 minuti a piedi dal conservatorio), probabilmente impazzirei e inizierei a parlare agli oggetti inanimati. Sì, più di quanto non faccia già ora.

Dunque evviva le ore sprecate nell’auletta degli studenti in attesa che si liberi un’aula, evviva gli strumenti scordati e costruiti male, evviva le aule fredde e con luci degne di un film horror! Almeno socializzo con creature viventi, sebbene i musicisti non possano sempre essere definiti esseri umani a tutti gli effetti.

Sto iniziando un po’ a delirare, ma è inevitabile quando si ripensa alla fatica della costante lotta per lo studio.Già dobbiamo farci forza per metterci a studiare, e studiare uno strumento è faticoso sia mentalmente che fisicamente, per di più dobbiamo combattere per farlo; è una cosa ingrata. Dunque chiuderò  la divagazione e tornerò all’argomento di questa pagina di diario.

La birra? No, Bolzano! Attraverso una delle sue più degne rappresentanti, la birra.
Perché giù a Padova mi manca tanto la buona birra bolzanina. Tornare a casa e trovare le lattine in frigo. Non deve per forza essere fatta a Bozen, è solo che la birra bolzanina, ossia che qui si trova in ogni supermercato e bar, è infinitamente più buona. Nulla da dire.

D’altronde i motivi per cui tornare a bz ci sono, oltre alla birra. Ormai è aprile, il tempo della separazione c’è stato, ora posso finalmente concedermi un po’ di nostalgia, posso finalmente rendermi conto che non vedo da ottobre persone che prima vedevo ogni singolo giorno della mia vita, che una casa sempre pulita, calda e accogliente è bella, che non dover pensare a tutto è rilassante.

E’ verissimo che bisogna andare fuori dal proprio nido per imparare davvero a vivere, ma è verissimo che sia più faticoso. Inoltre a casa posso contare su intere giornate trascorse da solo e questo ti ridà una cosa che avevi da tempo dimenticato: l’intimità della solitudine.

ZumWohl! Levo la lattina alla salute della famiglia, della solitudine, dei pianoforti in camera e della lattina stessa, che merita la sua considerazione.

Che queste vacanze, che passeranno all’insegna dello studio e degli amici ritrovati, passino bene, alla riscoperta (serale, di giorno mica posso uscire anche di casa, devo studiare!) della propria città, che ti ammicca fin da quando ti vede di nuovo, attraverso il finestrino del treno su cui sei arrivato. Che possano essere davvero delle vacanze degne di essere vissute. Dopo tutto Natale arriva solo una volta l’anno.

fotografia di Chiara Esposito

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