
Tutto tace: il Figlio è in gita scolastica per cinque giorni all’estero. La casa non “vibra” più sotto i colpi del pesante metallo, ma è invasa solo dalla musica della …Figlia. E qui le cose si complicano, perché la Figlia è innamorata del Sol Levante.
Dimenticate che viviamo in un mondo globalizzato?!? Le nuove band arrivano dal Giappone e dalla Corea. I cd e i video dei concerti si ordinano su Internet e arrivano dopo un bel po’ di tempo (anche un paio di mesi) dall’Asia. E così la casa risuona oggi del pop dei KAT-TUN. La Figlia me li fa vedere anche sul portatile, mentre preparo il pranzo. Ballare ballano bene. Ma le boy band non erano un fenomeno sulla via del tramonto? Ok, non è il genere che sceglierei… intanto mentre ascolto questa musica posso girare anche la polenta istantanea… questa è la musica che piace a lei, però….
“Figlia, senti un po’…va bene ‘sta giapponeseria, ma non hai qualcosa di un po’ più … ROCK?”
“Rock giapponese? Certo! Senti qua!”
Inizia con gli One Ok Rock: un pop-rock giovane … Forse ancora un po’ troppo pop per i miei gusti. Mi fa vedere poi un video dei Maximum the Hormone. Roba dura, questa qui, però non riesco a mescolare la polenta e fare head banging contemporaneamente. Allora mi propone il genere “Visual Kei”: e così mi fa sentire The Gazette, poi The Versailles. Truccati come cartoni animati giapponesi, però interessanti… questi ultimi almeno per i vestiti. L’immagine è molto ricercata, le capigliature sono di tutti i colori e sfidano la forza di gravità. Mi ritornano in mente le mie serate new wave e dark anni ’80, quando ci si cotonava i capelli con lo zucchero per andare al Joy e quando qualcuno tardava, era solo perché si stava facendo “un trucco pazzesco”.
“Magari li ascolto con calma, adesso devo preparare il tavolo”, dico. Ma la Figlia è un fiume in piena e chi la ferma più? Magari prima o poi arriverà in Italia uno dei gruppi giapponesi che piacciono a lei e andremo insieme ad un live, a Milano o a Roma. Sarebbe bello.
“Ascolta Miyavi! Guarda che bravo! Senti che roba!”
“Eh, accidenti! Questo… mi piace!” rimango incollata al video, l’immagine è fissa sulle mani di Miyavi, che suona la chitarra, batte i piedi e canta mentre la polenta istantanea rischia ormai di bruciarsi sul fornello. Solo il suono di un sms mi fa togliere lo sguardo da quelle mani: magari è il Figlio!
Prima della partenza per la gita gli ho detto di telefonare a casa, ma in un eccesso di sicurezza ho aggiunto: “Non occorre comunque che telefoni ogni giorno!”. In fondo, noi genitori crediamo sempre erroneamente che siano loro, i figli, ad aver bisogno di noi. E così, dopo essere rimasta già la prima sera in attesa di un trillo, di un sms, di un segnale di fumo… lui mi ha preso in parola e non ha telefonato. “E che cavolo! Mica devo telefonare ogni giorno!” avrà pensato. E così per quattro giorni non ho ricevuto sue notizie, nonostante i messaggi vocali da me lasciati nella sua segreteria telefonica e gli sms inviati al suo numero “irraggiungibile”con l’imperativo: “Telefona!”.
Mentre Miyavi finisce di suonare sul tubo e un po’ di fumo di polenta bruciacchiata esce dalla pentola, apro il messaggio, è lui: “Guarda che sono vivo, GENIA”. Mi scappa da ridere.
“Ok, Figlia, rimetti su Miyavi, dai! È proprio bravo” e poi tiro fuori la polenta.