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November 28, 2012
People I Know. Marcello Fera: “non distinguo in classica e altra musica ma in buona e cattiva”
Anna Quinz
21 anni fa Marcello Fera, genovese classe 1966, è “sbarcato” in Alto Adige per un incarico come primo violino della Kurorchester, piccola orchestra meranese. Il contratto era di cinque mesi, ma Marcello, “colpito dall’assoluto esotismo del luogo”, dice, da allora non è più ripartito. Musicista poliedrico, che non ama le caselle in cui spesso la musica viene inserita (“Non distinguo in classica e altra musica ma in buona e cattiva, necessaria e inutile..”), Marcello ha per la prima volta suonato in pubblico ad appena 12 anni. Da allora il violino, la composizione, le orchestre, sono stati il suo pane quotidiano, qui in Alto Adige e in giro per il mondo. Sposato con l’artista Elisabeth Hölzl, è ormai considerato un talento locale, anche per il suo impegno “sul campo”, come l’ensemble Conductus da lui creato o la direzione musicale di Merano Arte. Marcello non possiede un ipod, racconta, perché “il mio problema è anche difendermi dai suoni più che cercarli”. Ma poi, in fondo, questi suoni un po’ sfuggiti e molto cercati, non sono altro che l’infinita e inseparabile colonna sonora di chi, come lui, con la musica, nella musica, della musica, vive ogni giorno.
Quali sono ragioni che da 5 mesi hanno trasformato la permanenza in anni? In cosa consiste l’esotismo di cui parli? È poi cambiata l’impressione iniziale?
In sintesi le ragioni sono state: un’idea un po’ romantica del luogo, l’essermi reso conto che qui potevo realizzare delle idee, grazie alla mano pubblica e a una burocrazia semplice, gli affetti. L’esotismo consisteva nel trovarmi improvvisamente catapultato in una fetta d’Austria misteriosamente italiana. La mia adolescenza s’era nutrita di letteratura austro-tedesca. Per non parlare della mia formazione musicale. Qui sentivo riverberare nella realtà tante cose. Oltre ad aver avuto bisogno, in quel momento, di un contrappeso alla dimensione urbana nella tranquillità e nell’isolamento un po’ dorato, ero incantato dalla conservazione paesaggistica e architettonica. Qui hanno capito, mi dicevo, mica come da noi. Su questo ho preso una solenne cantonata.
L’esordio musicale a 12 anni. Quali emozioni ricordi di quel momento? Quando è entrata la musica nella tua vita? Perché ci è sempre rimasta?
Ricordo il piacere di essere preso sul serio in un mondo di adulti, la scoperta di poter improvvisare come dato positivo (in casa era giudicata una scappatoia allo studio), la gioia di possedere “un dono e un potere”. La musica è entrata nella mia vita perché era presente in casa: mia nonna e i miei fratelli suonicchiavano il pianoforte e mio padre mi portava regolarmente ai concerti. Perché ci sia rimasta è difficile dirlo visto che delle mie istanze infantili rispetto alla musica ho più racconti di terzi che ricordi miei. Ma da quando ho dei ricordi, mi è sempre parso scontato che avrei fatto questo mestiere.
Merano, gioie e dolori?
Merano e la provincia di Bolzano in generale sono impagabili per i servizi. Crescere figli qui è di una semplicità inconfrontabile. Per il resto ha i pregi e i difetti di qualsiasi altro luogo di provincia con doti ambientali d’eccezione. I problemi nascono dalla notevole distanza fisica “dal resto del mondo”. Instaurare e coltivare rapporti professionali da qui è evidentemente problematico.
Come si fa, oggi, a essere e vivere da compositore di “classica”?
Posso rispondere per me: io credo sia necessario avere ben ferma la coscienza che ciò che facciamo è bene pubblico e d’altra parte accettare la resistenza come forma mentis ed esistenziale. L’impressione infatti, specialmente in Italia, è quella che chi fa questa attività non sia proprio previsto nel patto sociale. A questo bisogna rispondere con amore e determinazione. Ognuno di noi è infatti molto più autore del contesto sociale in cui vive di quanto non si sia portati a credere. Nella pratica io vivo di concerti e di commissioni che mi provengono da diverse istituzioni. In quanto alla parola musica classica credo che sia la fonte di una catena senza fine di malintesi. Sarebbe bello parlarne ma evidentemente qui non c’è lo spazio. Posso solo dire che è un concetto in crisi da parecchio tempo e probabilmente in fase di mutamento, qualcosa di cui ci si vorrebbe liberare che invece, per alcuni aspetti, si irrigidisce ulteriormente. Tutto questo credo abbia a che fare con la difficoltà generalizzata ad accettare e comprendere il policentrismo (anche culturale) che segna la nostra epoca. Personalmente rivendico il fatto che la mia musica non abbia genere di appartenenza, anche se per alcune ragioni di contingenza abita nella “casa” classica…
Sposato con un’artista. Come sono le vostre giornate, il vostro quotidiano?
Non credo sia molto dissimile da quella di altre coppie con figli. Sul piano della creatività c’è molta intesa e aiuto reciproco, sia in termini di critica che di condivisione di temi e passioni. Anche molta comprensione per le reciproche nevrosi professionali.
Se dovessi convincere un dodicenne – come eri tu agli esordi – a prendere uno strumento in mano, cosa gli diresti?
Il modo migliore per convincere un dodicenne a fare qualcosa è vietarglielo!
Pubblicato su Corriere dell’Alto Adige del 25 novembre 2012. Foto di Ivo Corrà
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