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October 8, 2012
A Trento, un Piccolo Festival dell’Arte Contemporanea. Che parte dall’Università
Anna Quinz
Un Piccolo Festival dedicato all’arte contemporanea, nato dentro i muri della Facoltà di Lettere e Filosofia di Trento. Un momento di scambio e incontro tra artisti, pensatori e studenti, per confrontarsi sull’arte, le sue regole, le sue forme. “II Significante e Significato. I protagonisti del Contemporaneo raccontano e si raccontano”, è il tema di questa seconda edizione, che si svolgerà da domani a giovedì 11 a Trento. Il programma del festival, oltre all’inaugurazione delle mostre (gli artisti presenti sono Stefano Cagol, Francesco Fonassi, Jacopo Mazzonelli, Valentina Miorandi, Nicola Ruben Montini, Iob+Pallaoro e Matteo Rosa selezionati da Alessandra Benacchio, Lucia Barison, Eva Fabbris e Roberto Pinto) domani e una serie di incontri con artisti e una performance, prevede un talk di Angela Vettese (mercoledì 10 alle 14.00, come gli altri incontri, in Facoltà di Lettere e Filosofia), professore associato di Teoria e Critica d’arte contemporanea all’Università IUAV di Venezia. Le ideatrici e curatrici del Piccolo Festival dell’Arte di Trento sono Alessandra Benacchio e Lucia Barison, che vedete nella foto, sotto l’opera “Novus Atlas” installata per l’Istituto Martino Martini di Mezzolombardo dall’artista Stefano Cagol. Le abbiamo intervistate, per capire genesi e sviluppi del progetto.
Alessandra, Lucia, siete le curatrici del festival, ma oltre a questo, chi siete, cosa fate?
Lucia: diplomata all’Istituto d’Arte Alessandro Vittoria di Trento mi sono laureata in Scienze dei Beni Culturali nel 2007. Laureanda per la classe magistrale Conservazione e Gestione dei Beni Culturali sto conducendo un progetto di ricerca basato sullo studio e la schedatura di una collezione privata di arte contemporanea trentina.
Alessandra: come Lucia sto concludendo il medesimo corso magistrale. Il mio ambito di interesse si concentra su alcuni aspetti comuni a tre importanti artisti contemporanei polacchi e quindi sul linguaggio artistico sviluppato nei paesi dell’ex blocco sovietico. Ho passato quattro mesi in Polonia dove oltre a far ricerca ho avuto l’opportunità di collaborare nel CoCA di Torun, un centro per l’arte contemporanea dove ho apprezzato le loro strategie per avvicinare il pubblico all’arte. A Trento invece sono da anni impegnata nella direzione artistica dei progetti dell’associazione Art to Art.
Perché un Piccolo Festival dell’Arte a Trento? Quando e come la genesi del progetto?
Durante i nostri studi è stato inevitabile avvertire la necessità di approfondire. L’università ha il compito di dare delle basi metodologiche e degli input, sta poi al singolo sviluppare un discorso a lungo termine. Nel nostro caso abbiamo inoltre deciso di perseguire questo obbiettivo percorrendo un doppio binario: fare approfondimento e allo stesso tempo divulgazione. Il nostro percorso di studi ci insegna anche questo, conservare memoria ma anche gestire la cultura. Quindi il Piccolo Festival dell’Arte è stato una genesi naturale insita nel nostro personale percorso che grazie all’esperienza maturata in seno all’associazione Art to Art ha potuto diventare programma a cadenza annuale. Questa infatti è la seconda edizione del Piccolo Festival dal titolo “Capitolo II: Significante e significato” che segue la prima dello scorso ottobre 2011 che fu incentrata sulle tematiche dell’illusione e l’indignazione.
Come si è svolto, nel concreto, il vostro lavoro per arrivare alla seconda edizione?
L’idea di partire sottovoce con un progetto chiamato responsabilmente “Piccolo” per evitare qualsiasi fittizia pretesa insita nella definizione stessa dell’aggettivo opposto, ci ha portate quest’anno ad ampliare i contenuti e rinnovare appuntamenti con artisti e storici dell’arte chiamati ad argomentare e manifestare la propria opinione attorno al tema della comunicazione dell’arte contemporanea. Gli inviti sono nati dalla nostra curiosità e dal confronto con altri attori – vedi l’esempio della selezione degli artisti in mostra – in quanto reputiamo che il dialogo fra gli addetti ai lavori sia il modo migliore per dare qualità ad un progetto. Ci è sembrato interessante inoltre avere la possibilità di conoscere meglio e soprattutto far conoscere le dinamiche che legano sia gli autori alle loro opere, sotto il profilo del significante, sia invitare dei teorici che spesse volte sono implicati nel processo di parafrasi dell’azione di un artista o del sistema dell’arte contemporanea in generale. Tutto ciò ci è sembrato poter essere un argomento di richiamo e interesse sia per il pubblico universitario che per quello cittadino idea che è stata premiata dal sostegno delle Politiche Giovanili della Provincia Autonoma di Trento, dall’Università e dall’Opera Universitaria, dalla collaborazione del Comune di Trento e dai patrocini della Facoltà di Lettere e Filosofia e del MART.
In che modo è coinvolta l’università e perché è importante secondo voi la sensibilizzazione degli studenti nei confronti del tema dell’arte?
Come l’anno scorso la Facoltà di Lettere e Filosofia è stata coinvolta in quanto sede ospitante sia degli interventi che del percorso espositivo del Piccolo Festival dell’Arte. Il progetto è stato patrocinato e dunque sostenuto dalla facoltà ma con la volontà di sollecitare la partecipazione e il coinvolgimento del pubblico studentesco di ogni percorso di studi sia esso umanistico che scientifico. L’arte parla di noi e sarà la memoria che daremo ai posteri ed inoltre è una delle chiavi di lettura della nostra contemporaneità. In questi anni abbiamo assistito con piacere ad una evoluzione del più maturo e affermato Festival dell’Economia che ci ha dato anno dopo anno nuovi strumenti per interpretare il panorama economico-finanziario. Nel nostro caso vogliamo agire allo stesso modo ma offrendo strumenti per leggere l’arte e quindi di riflesso la società e metter in mano questi “attrezzi” agli studenti significa anche amplificarne l’incisività grazie ai diversi modi di pensare che nascono in ogni diverso percorso di studi. Un approccio all’arte che in futuro auspichiamo diventi sempre più interdisciplinare. Quest’anno inoltre siamo riuscite a far partecipare attivamente altri studenti e sicuramente mettere in pratica le proprie conoscenze apprese nello studio accademico è la miglior palestra per gli operatori culturali di domani.
Quanto è importante che gli studenti si attivino, in prima persona in progettualità come questa, per il bene non solo dell’ateneo ma di tutta la comunità?
Come detto, è fondamentale l’attivazione dello studente nella partecipazione all’iniziativa o nella progettualità di nuovi eventi soprattutto perché la transizione all’età adulta passa anche attraverso l’impegno verso la comunità. Nel caso specifico di un lavoro di questo tipo, volto alla divulgazione dell’arte, è da sottolineare la ricerca di un confronto intergenerazionale, presupposto per sollecitare non solo un dibattito più vasto ma per stimolare nuove soluzioni operative che siano più incisive.
Una vostra personale opinione sul sistema arte in Trentino e sulla Facoltà di Lettere e Filosofia, appena rinnovata nella sua sede.
Molto si è fatto in questi anni e il Trentino ha prodotto nel tempo eccellenza e qualità sia nel settore cultura che nel mondo dell’istruzione. La Facoltà di Lettere e Filosofia grazie al suo alto livello didattico ci ha permesso di poter avere una formazione storico-artistica molto vasta e soprattutto approfondita durante il corso magistrale. Dobbiamo inoltre dare atto che l’Università ma soprattutto l’Opera Universitaria hanno la specificità di far sentire lo studente parte importante dell’intero organismo. Un rapporto quindi che potremmo definire assolutamente positivo.
Sul fronte del sistema dell’arte invece è naturale fare in questo momento di incertezza determinate riflessioni soprattutto visto che anche in Trentino i tagli più dolorosi sono stati fatti nel settore culturale. A Trento poi la chiusura della Fondazione Galleria Civica ha lasciato un vuoto che pesa molto ma dalle cui ceneri siamo convinte rinascerà come l’Araba fenice a patto che tutto ciò avvenga grazie ad un processo di concertazione e trasparenza, con un reale spirito di civis ma senza abbandonare un’apertura oltre i confini provinciali. Sarebbe riduttivo e alla lunga controproducente guardare solo all’interno usando vecchi strumenti operativi e metodologie del passato per proiettarsi nel futuro. Il monumento a Dante di Trento ci invita a guardare lontano, cerchiamo di continuare a seguire il consiglio di un umanista.
Il programma completo qui
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