Chiuso l’Innovation Festival. Siamo o non siamo innovativi?

Ormai, l’Innovation Festival è alle nostre spalle. La tre giorni intensiva dedicata a innovazione e nuove energie si è conclusa, con numeri, a detta degli organizzatori, al di là delle aspettative. 25.000 infatti le presenze dichiarate (13.000 però, solo nella ormai rodata Lunga Notte della Ricerca di venerdì). Va bene, il pubblico si è presentato, i relatori hanno detto la loro (ma con qualche importante defezione, come quelle di Lucia Annunziata e Emma Marcegaglia), le volpi blu hanno invaso la città, la stampa locale ha sfornato parole e immagini a ritmo frenetico.
Anche io ho in questi tre giorni ho corso da un incontro all’altro, da una location all’altra, da un tema all’altro. Però, alcune cose, anche rispetto ai numeri sopra citati, mi sono mancate.
Prima di tutto i giovani. Ho visto tante cravatte e frasi formali ma poche scarpe da ginnastica e idee. Possibile che l’innovazione in Alto Adige passi solo per imprenditori, politici, pensatori over 45? Io non credo, ma allora mi chiedo le idee nuove, le energie nuove portate – magari con un po’ di leggerezza e spontaneità e meno formalità – dalle giovani teste altoatesine e non dove stavano? Mi sono mancati i coetanei tra il pubblico, tra i relatori, tra le proposte fatte. È vero che era un festival e non una fiera, ma allora perché tanta formalità e poca creatività a far girare i meccanismi della grande macchina? Questo credo sia il primo punto da tenere fortemente in conto se si vuole un’edizione 2 meno incravattata e più realmente con lo sguardo puntato sull’innovazione. Anche quella nascosta, che nelle vene della nostra terra, scorre eccome.
Seconda mancanza, internet. È vero che da ora e per un anno Bolzano sarà dotata di hotspot che garantiranno la connessione gratuita a tutti. Bello, però in 3 giorni di festival, quando cercavo di mandare online un articolo, di trasmettere in streaming un incontro o semplicemente di twittare un pensiero, non sono mai riuscita ad usare il wifi pubblico. No problem, siamo tutti ormai portatori sani di connessione internet, e ciò che si doveva fare si è fatto, però in un festival dedicato all’innovazione…
Terza cosa, l’atmosfera internazionale. Non che non ci fossero ospiti e relatori dal mondo, Rifkin e Menchù su tutti, ma io ho sentito la mancanza di quel clima di scambio e dialogo nei backstage, fatto di giornalisti “da fuori”, di pubblico “da fuori”, di facce “da fuori”. A parte i personaggi sui podi, eravamo sempre noi altoatesini a fare il festival, e con cotanti ospiti e cotanta carne al fuoco, un clima più aperto e internazionale io, me lo aspettavo.
Nel complesso però idee ne sono girate parecchie, forse anche troppe (difficile seguire il programma nella sua totalità, era talmente vasto che un essere umano solo non poteva reggerlo: forse less is more potrebbe essere un buon mantra per il futuro del festival. O dei festival altoatesini in generale…). Ora è il momento di metterle in ordine e di prendere il buono che abbiamo visto e vissuto, considerare con onestà i difetti riscontrati (dati anche dall’essere una prima volta), passarli sotto occhi e mani attente e far sì che l’innovazione diventi molto più che un festival.