thecomfortzone il 2 maggio a Museion Passage, l’intervista a Max Carbone

“thecomfortzone è un progetto dedicato alla musica improvvisa. Un libero laboratorio frequentato da musicisti in libera associazione che desiderano mettere a disposizione di un’idea di musica collettiva le loro chances comunicative”. Dall’incontro tra sperimentazione e letteratura, improvvisazione collettiva e voce narrante, verrà generata l’esibizione del collettivo thecomfortzone, al centro della serata di Museion Passage del 2 maggio (dalle ore 18). Un happening suddiviso in tre parti: “Bestia Geometrica“, con 4 testi tratti dall’opera di Giorgio Manganelli, “Nigredo – della luce e del buio” con 4 testi tratti dalla letteratura del ‘900 e “Files from Monteverdi“, interazione con allievi del Conservatorio C. Monteverdi di Bolzano. Pur essendo una formazione aperta e sfuggente, il nucleo centrale di “thecomfortzone” comprende Paolo Bergamaschi (saxes, ance), Christian Ebnicher (chitarra), Renato Macaccaro (chitarra), Max Carbone (basso elettrico), Stefano Bernardi (electronics), Stefano Sgorbati (percussioni), Nazario Zambaldi (voce narrante), Gianfranco Sigismondi (immagini) e Sandro Giudici. (batteria). Abbiamo cercato di gettare un po’ di luce sull’oscuro progetto di base a Merano, scambiando due parole con Max Carbone.
Un progetto, un laboratorio, una band, un collettivo… Come descriveresti thecomfortzone? E da chi è composto?
Potrebbe essere tutte le cose insieme. Lavoriamo per rendere operativo uno spazio aperto nel quale tutti i musicisti interessati alla modalità dell’improvvisazione e della sperimentazione possano confrontarsi e stimolarsi a vicenda. Chiunque vuole può lavorare con noi, basta che condivida la nostra tipologia di approccio al fare musica d’insieme. La composizione di thecomfortzone è mutevole, varia a seconda del progetto in corso; c’è un nucleo portante e la nostra è una porta girevole.
Da dove nasce il nome thecomfortzone e cosa significa?
Tre vecchi leoni del jazz (Swallow, Liebman, Nussbaum) hanno dato vita ad un trio, un po’ così così, non mi convince del tutto; nel booklet che accompagna il cd però Liebman parla di una “comfort zone” che gli altri due creano e che favorisce la sua improvvisazione. Ecco, ho pensato che l’idea di una certa zona confortevole sia quanto di meglio per produrre musica. Va detto però che la modalità dell’improvvisazione che noi adottiamo non è tanto confortevole, anzi è ai confini del rischio puro, ma ho lasciato che questa, apparente, contraddizione restasse in piedi.
Per descrivere la vostra estetica vengono impiegate formule come “musica improvvisa”… “chanches comunicative al servizio di un’idea collettiva”… Aiutaci a comprendere meglio la dinamica creativa alla base del progetto.
thecomfortzone su muove in piena libertà su parametri di condivisione estetica. Abbiamo storie personali differenti, ma ci muoviamo con l’obiettivo di liberare gli strati più interni e inconsci delle nostre individualità e fare emergere così le energie latenti. Fuori dallo spartito c’è un territorio aperto, nel quale è possibile disegnare rotte diverse dalle abituali. È evidente il rischio velleitario e l’approdo al caos puro, ma è un rischio che intendiamo correre. L’importante è essere onesti e mossi dalla pura passione per la ricerca e la sperimentazione.
Al centro del progetto non solo musica, ma l’incontro suono/parola. Come scegliete gli autori e i testi letterari? Come avviene questo incontro?
Avevo scelto i testi di “Nigredo” da anni e ne feci un reading. Poi il veicolo che ho avuto a disposizione, thecomfortzone, mi ha fatto optare per unire parola e suono. Trovare cioè coerenza estetica tra un testo scritto e il suono che ne può venire ispirato. Sono gli autori che amo. Il testo disegna uno scenario preciso, solleva un sentimento di un certo tipo; con i suoi strumenti thecomfortzone veste questi testi e ne dà una rappresentazione. Ogni volta è una rappresentazione inedita, frutto della giornata, dei benessere e dei malessere che ci accompagnano; abbiamo ovviamente una stazione di partenza definita, come quella di arrivo, il mezzo è noto, come i componenti della spedizione e le loro modalità di reazione, ma la strada per legarle è sempre diversa.
Il 21 aprile scorso avete partecipato all’Happening Manganelli che si è svolto a Roma al Centro Sociale Brancaleone. Raccontaci in poche parole questa esperienza.
Lietta, la figlia dello scrittore, ci ha invitato a commentare alcuni testi dell’opera di Manganelli. Già in “Nigredo” vi era un suo testo, il resto è venuto da sé. Ovviamente abbiamo applicato le nostre modalità. Una esperienza importante che probabilmente continuerà con il Centro Studi Manganelli anche in futuro.