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March 7, 2012

2013. Quali politiche culturali? Restano ancora molti i punti interrogativi

Anna Quinz

Naturalmente, la mia prospettiva, rispetto a quella del pubblico in sala era diversa. Ma vorrei comunque raccogliere qualche impressione della serata di ieri, organizzata dal Kulturforumcultura che, in un’aula della Libera Uinversità di Bolzano, ha ospitato l’Assessora alla cultura tedesca Sabina Kaslatter Mur, il direttore della Ripartizione cultura italiana Antonio Lampis, “la vecchia volpe” Hans Karl Peterlini, la giornalista di Ff Judith Innerhofer, e me. Il tema della discussione era di certo intrigante: “2013, quali politiche culturali”, ma anche molto, forse troppo, vasto. Difficile per noi chiamati a moderare gli interventi, dare una linea omogenea alla discussione, che infatti ha toccato, senza purtroppo avere il tempo per maggiori approfondimenti, temi delicati come la scuola, le diverse politiche culturali dei 2 assessorati, i grandi eventi come la capitale della cultura, il tessuto festivaliero della provincia, la tradizione, la conservazione del patrimonio, per citarne solo alcuni.

Tema centrale però, e sotterraneo leit motiv di ogni intervento, la divisione della cultura altoatesina in tre: italiana, tedesca, ladina. Ci siamo chiesti, se non fosse auspicabile un’unione ideale in un unico assessorato delle competenze culturali, evitando così disparità, strategie disgiunte e una costante impressione di separazione imposta dall’alto. Lampis, sempre molto preciso e puntuale nelle sue risposte, ha sottolineato l’importanza di mantenere ben saldi i principi delle diversità inevitabili tra i gruppi linguistici, mettendo in risalto il modello dell’“unità nella diversità”. Kasslatter Mur forse più evasiva, ha invece detto quanto per lei sia fondamentale, in un’ottica non Bolzano centrica, mantenere vive le specificità di ogni cultura, comprese quelle di realtà marginali come le tradizioni da conservare o le manifestazioni più prettamente “popolari”. Altro tema scottante, la quantità quasi eccessiva – secondo me che ho sollevato il problema – di eventi culturali sul territorio, con la conseguente perdita di centralità e incisività. In altre parole: in Alto Adige, un festival (ma anche una stagione, una rassegna… ) per ogni nicchia di mercato culturale, ma di conseguenza, nessun evento di reale rilievo internazionale, che possa fungere da fiore all’occhiello di un territorio culturalmente molto attivo e propositivo. A questo Kasslatter Mur ha risposto dicendo che il suo lavoro consiste nel creare iniziative – e di conseguenza di spendere – per i cittadini dell’Alto Adige, non per i turisti. Pensiero che a mio parere meriterebbe decisamente un maggiore approfondimento. Lampis ha descritto quella che secondo lui è l’importanza della quantità, non solo della qualità, che resta centrale e imprescindibile, pur sentendo la necessità di lavorare non solo su nicchie di “intellettuali”, ma su tutti gli strati della popolazione.
Poi, come detto, molti altri i temi entrati nel discorso, anche proposti dal pubblico, molti gli stimoli, che meriterebbero ciascuno, un dibattito a sé.

Quel che mi preme però ancora far notare è la composizione del pubblico intervenuto. Numeroso, peraltro, nonostante la serata piena di eventi (appunto) in città e provincia. I giovani in sala, però erano davvero pochi (studenti nessuno), gli italiani ancor meno. Questo mi porta ad alcune riflessioni e interrogativi che vorrei lanciare. Che i destini della cultura stia più a cuore agli operatori di lingua tedesca? Che la capacità di penetrazione del Kulturforumcultura non sia ancora abbastanza forte nel mondo italiano? Che i giovani non si sentano sufficientemente coinvolti nelle problematiche proposte, e di conseguenza nel futuro della cultura del territorio?
Lascio, anche a me stessa, i punti domanda, sperando che altre iniziative come questa, portino presto a dei punti esclamativi.

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There are 7 comments for this article.
  • stefano zangrando · 

    Grazie Anna. Personalmente al momento non ho nulla da dire a proposito della latitanza di giovani e italofoni, anche perché la mia attenzione leggendo è stata attratta sopra ogni altra cosa da quella che a me pare l’affermazione-chiave della Kaslatter Mur: «il [mio] lavoro consiste nel creare iniziative – e di conseguenza di spendere – per i cittadini dell’Alto Adige, non per i turisti». Trovo infatti che sia emblematica di tutto un modo non solo di amministrare, ma anche di pensare (del resto, se pensa come sta seduta, siamo a posto). Interpretare possibili «eventi di rilievo internazionale» che siano «fiori all’occhiello» del Sudtirolo oltre i suoi confini come roba da «turisti» è un fraintendimento clamoroso e tradisce una miopia, più che provinciale, strapaesana. Beninteso, l’idea di foraggiare la quantità, le tradizioni, il minoritario popolare è senz’altro legittima e politicamente sensata. Ma il pensiero di convogliare risorse su progetti d’eccellenza o comunque di carattere “intellettuale”, qualunque cosa intendesse Lampis con questa parola, andrebbe considerato come complementare a quell’idea, senza nessun conflitto tra l’una e l’altro, e questo non tanto per dare visibilità “turistica” alla provincia, ma per promuovere uno scambio tra le migliori energie locali e quelle che potrebbero convogliare dall’esterno in virtù di quella che apparirebbe una commistione virtuosa di qualità e disponibilità di risorse. Insomma, non si tratta di attirare nuovi sciami di sciatori, escursionisti e bikers, né di portare gli occhi del mondo sul Ritterfest di Tures, ma piuttosto di permettere a chi in Alto Adige si sente più cittadino del mondo che di Salorno o di Rabland di costituire una piattaforma dialogante al suo interno e con l’esterno. Prendo ad esempio un ambito a me vicino: perché non si è mai realizzata una casa delle letterature italo-tedesca, che pure ho sentito vagheggiare da più persone? Evidentemente perché a livello politico la si considera più o meno automaticamente come un agente potenzialmente inquinante delle reciproche «diversità» e che per di più sottrae risorse alla cultura popolare, alle «tradizioni», alla «quantità». Stiamo freschi.

  • El_Pinta · 

    Non sarei troppo pessimista nel riscontrare l’assenza dei giovani (anche se dovremmo intenderci su chi è giovane, visto che stando a certi giornali esistono pure giovani di 40anni ;) ) a un incontro di questo tipo che per sua natura mi pare rivolto molto di più agli operatori culturali presenti sul territorio. Sfortunatamente io ero in treno e anche se ho potuto seguire l’evento grazie al livetweet dell’ottimo @moritzwindegger non ho gli elementi per giudicare questo dato.
    Fermo restando che sono dell’opinione che valorizzare le diversità culturali costitutive del nostro territorio sia un obiettivo lodevole, se devo individuare una mancanza del mondo culturale altoatesino di lingua italiana (per gli altri gruppi el non ho abbastanza dati per giudicare) credo che la si possa individuare nella difficoltà che quest’ultimo dimostra nell’intercettare i dibattiti e le tendenze in atto nel panorama culturale nazionale.
    Per la sua vocazione ad essere punto d’incontro e crocevia storico e geografico tra il nord e il sud d’Europa, l’AA potrebbe potenzialmente essere un laboratorio di straordinario interesse se solo il suo sottobosco culturale si sforzasse a prestare più attenzione nel captare i riflessi dei dibattiti culturali che avvengono tanto in Italia quanto nel mondo tedesco (Svizzera, Austria e Germania) invece che perseverare in un’autoreferenzialità a volte troppo accentuata. Naturalmente non dico che non ci sia nessuno sforzo in questo senso, ma la tendenza generale mi pare confermare questa analisi. Può darsi che mi sbagli, ovviamente.