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February 24, 2012

People I know. Francesco e Alessandro Del Pero, creatività di padre in figlio

Anna Quinz

Francesco Del Pero è nato nel 1947 su un tavolino di una casetta delle Semirurali. Al contrario del padre della Lady Oscar dei cartoni animati, il suo, dopo due maschi, voleva una femminuccia, ma ahimè è nato lui. Di professione idraulico, Francesco ha sempre avuto nella sua vita la passione per la creatività e la manualità, e ha sempre intravisto negli oggetti quotidiani altri oggetti da svelare e poi realizzare. Così un po’ per gioco, ha creato con le sue mani tante “opere d’arte”. Nel 1979 in famiglia è arrivato Alessandro, che negli anni ha acquisito la stessa vena creativa del padre, diventando, nell’età adulta un bravo pittore. Osservare (attraverso occhi azzurri e intensi che accomunano padre e figlio), fare e creare: questo un po’ il motto degli uomini della famiglia Del Pero (le donne di casa, dicono, non condividono la stessa vena creativa). Forse più avvezzo all’essere intervistato, in questa occasione Alessandro lascia la scena al padre, che non pare però affatto intimidito e anzi con trasporto e ironia si lascia andare a racconti e ricordi personali di una vita e di una Bolzano diversa da quella vissuta, anni dopo, dal figlio. I due continuano a prendersi in giro e a ridere l’uno dell’altro, ma l’elettricità positiva che intercorre tra loro, e la complicità fatta anche di battute al vetriolo, è subito evidente. L’uno fiero dell’altro, ma ciascuno dritto per la propria strada, Francesco e Alessandro sono un esempio bello da vedere, e ascoltare, di una relazione padre-figlio decisamente riuscita.

Francesco, ha trasmesso a suo figlio la stessa passione per la creatività, ma siete due creativi molto diversi…

Francesco: una volta, in una vasca da bagno ho visto la scocca di una vespa e in un orinatoio il suo sidecar. Così unendo i pezzi, aggiungendo dettagli, incollando legno e ho realizzato l’oggetto che avevo visto nella mia testa (esposto a Trento in una mostra di beneficenza “Waterlife”, dove agli artisti era chiesto di interpretare l’oggetto water. Nella stessa mostra, accanto a quella del padre, anche una creazione di Alessandro, orgoglioso del successo ottenuto dall’inventiva paterna N.d.r.).

Alessandro: il mio processo creativo è proprio diverso, io dipingo, e dopo aver trovato un mio filone, ora sto cercando di seguirlo e approfondirlo. Il mio è un lavoro di ricerca espressiva, più che di manualità. E poi, per me, l’arte, è una professione.

Francesco, fare l’artista di professione oggi non è impresa facile. È felice che Alessandro sia un artista?

Francesco: E chi l’ha detto che è un artista? (ride, e Alessandro con lui).
Nell’arte oggi c’è molta concorrenza, è difficile farsi strada. Io sono nato brutto (difficile crederlo N.d.r.), ma Alessandro che è nato bello, secondo me dovrebbe sfruttare di più questa possibilità (il figlio sorride, sottolineando che non si sente proprio uno da Grande Fratello).

Alessandro, a parte la creatività, quali le cose che ha imparato da suo padre? E, vista l’eredità che ha avuto, quale vorrebbe lasciare a suo figlio, in futuro?

Alessandro: da mio padre ho imparato a camminare (ride). A parte gli scherzi, quel che ho imparato da mio padre, l’ho imparato guardandolo, ecco perché mi piacerebbe che mio figlio avesse come me spirito di osservazione, che si interessasse a quello che faccio e che imparasse partendo dalla sua curiosità, non dall’insegnamento diretto.

Francesco: osservare è fondamentale, nella vita e nel lavoro bisogna saper “rubare”, se non rubi, nessuno ti insegna niente.

Francesco, parliamo delle Semirurali, storico quartiere bolzanino che ormai non esiste più.

Francesco: purtroppo… in ogni casa vivevano quattro nuclei familiari, le porte erano sempre aperte, ci si conosceva tutti, era come una grande famiglia allargata. E noi ragazzini si viveva nei vicoli, sulla strada. Quello era il periodo più bello della mia vita. Avevamo tutto, gli animali l’orto, l’officina. E poi le feste. Recentemente si sono riscoperti i fasti di Villa Boscoverde (storica sede del circolo cittadino), dove andava la “Bolzano bene”. Noi eravamo un po’ gli “emarginati” della situazione, ma ci andavamo, perché le ragazze “bene” vedevano di buon occhio noi ragazzi dei quartieri.

E lei Alessandro in che Bolzano è cresciuto?

Alessandro: in via Palermo, sempre nei quartieri popolari, ma era di certo già tutto molto diverso, infatti sono cresciuto vedendo altre cose rispetto a mio padre. Per questo poi sono anche andato via da Bolzano (a Firenze e a Barcellona), per vedere, imparare, conoscere il mondo. E me stesso. Ora sono tornato, ma non è detto che resterò sempre qui.

Lei invece Francesco non ha mai pensato di andarsene?

Francesco: no, mai. Sono molto legato a Bolzano, alla zona in cui vivo. Se mi dicessero di trasferirmi a Oltrisarco, ad esempio, allora a quel punto cambierei nazione. Io devo e voglio rimanere lì, nel mio quartiere. Anche se non è più quello di una volta. Rimangono gli amici di sempre, ma sono sparite le cose belle che caratterizzavano quella zona. Se tanto grande era Bolzano per me allora, capisco quanto possa essere piccola per Alessandro oggi.

Pubblicato su “Corriere dell’Alto Adige” del 19 febbraio 2012

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