People I Know. Gloria Abbondi, rock all’ennesima potenza

Un puro concentrato di rock. Un vulcano energetico, ma tascabile. Timida ma forte, dura (come una rocker che si rispetti) all’apparenza, ma dolcissima nei gesti e nei sorrisi, nonostante il trucco spesso pesante, ma sempre accurato, con tra le mani una videocamera oppure un basso, là dove si fa della musica, Gloria Abbondi, c’è. 24enne studentessa di design alla Lub, bassista della band Peggy Germs, pittrice e fotografa per passione, Gloria è piccolina (per dimensioni e per anagrafe), ma già grande per talento e maturità artistica. Vederla sul palco, , nei suoi panni da musicista navigata, nei suoi abiti sempre forti e ricercati, sentirla cantare con la sua voce graffiante e delicata, sentirla suonare, unica donna tra i suoi “venerandi colleghi”, è sempre un’esperienza. Piena di sorprese, e di contrasti.
Come e quando nasce la tua passione per la musica?
In famiglia ho sempre avuto la musica intorno. Fin da piccola cantavo con mia sorella (Stefania Abbondi, cantante lirica. Ndr), accompagnate alla chitarra da papà. Ho anche frequentato il conservatorio, ma non ho mai terminato gli studi. E ho comunque sempre suonato e cantato.
E con i Peggy Germs, come è andata?
Anni fa ero a un concerto, conoscevo poche persone, e nessuno intorno mi stava particolarmente simpatico, tranne Alex (ai più noto come Mr. Alex, istituzione musicale bolzanina. Ndr) con cui ho attaccato bottone. Mi ha praticamente subito proposto di diventare la bassista della sua band. Ho accettato, lusingata e incuriosita, e così è iniziata l’avventura dei Peggy Germs.
Gli altri del gruppo sono tutti uomini, e molto più grandi di te. Non ti crea difficoltà questa differenza di età? Che rapporto c’è tra di voi?
Sono abituata da sempre a stare in mezzo a gente più adulta. Con la mamma, andavo sempre a questo evento bellissimo che era Musicastello. Vestita da paggetto mi aggiravo tra i “grandi” e così mi sono abituata presto a relazionarmi con persone di ogni età. Dunque coi miei “colleghi” nessun problema. Certo all’inizio ero intimidita, e un po’ stupita. Facevo all’improvviso parte di una band composta da musicisti con tanta esperienza alle spalle, che avevano voluto proprio me. Temevo di fare brutta figura. Ma loro sono stati adorabili e non mi hanno mai fatto pesare né la mia età né la mia inesperienza. C’era e c’è tra noi la forte volontà di tenerci attaccati. Ci vogliamo bene, e ci aiutiamo ad abbassare l’uno la cresta degli altri (siamo artisti)! E poi sono un po’ la mamma del gruppo: anche se sono “grandi”, io mi prendo cura di loro, che in fondo sono una bella banda di bimbi!
Sul palco, la tua energia (oltre al talento evidente) è travolgente. Cosa provi quando sei lassù?
Quello è l’unico momento in cui riesco a essere veramente libera. In ogni concerto però sono diversa da quello precedente e da quello successivo. Credo di non aver ancora sviluppato perfettamente il mio modo di essere sul palco, così mi osservo molto, nella musica come nella vita, per capire cosa non va e migliorare. Certo mi porto addosso “un personaggio” – chi non lo fa? – ma sto lavorando per togliere le maschere e riuscire a essere sempre e solo Gloria. Che poi, però, è ogni volta una Gloria diversa!
Il tuo “personaggio”, o almeno quello più evidente, è quello della rocker, della dura. Come ti trovi in questi panni?
Essere e apparire “rock” è una scelta, certo. Ma in realtà non mi sono mai sentita di appartenere a un unico stile o a qualche gruppo di riferimento. È anche per questo che sono diventata una persona abbastanza solitaria. Comunque, ogni giorno apro l’armadio e pesco abiti che “accrocchio” insieme, a seconda di quel che sento in quel momento e di quel che mi va di trasmettere agli altri. Non mi piace sentirmi categorizzata insomma. Faccio le cose perché vivo, non perché ho uno scopo preciso per farle. Non sono né mai vorrò essere qualcun altro.
Essere donna in rock, non dev’essere sempre facile. Ci sono delle artiste a cui ti sei ispirata per costruire la tua strada personalissima?
Generalmente nella musica preferisco gli uomini. Ci sono nel mondo musicale troppi produttori che della donna fanno una bambolina senza personalità. Ma ci sono anche artiste che amo, come Meg (99 Posse) o Juliette Lewis. Sono donne forti, che si oppongono – come me – alla mercificazione della femminilità, perché, ammettiamolo, viviamo ancora in una società maschilista, in cui le donne, se non belle e non disposte a mettere in gioco “tutta la mercanzia”, faticano a emergere. Spesso da piccola mi davano del maschiaccio, ma poi ho preso coscienza del mio essere donna. È una cosa bellissima, e giusta. E non è mica colpa nostra!
Cosa vorresti fare da grande?
L’artista. Che non significa “non far nulla”, anzi. A me piace fare, non fantasticare. Vorrei unire tutte le mie passioni, dalla musica al video, dalla pittura alla fotografia. Vorrei creare delle cose dal nulla. E poi osservare la bellezza delle cose. Ma non la bellezza nel senso più estetico del termine. Per me il bello sono le mani rugose di una donna che ha lavorato tutta la vita, o la luce quando sfiora gli oggetti. Di questo fare un mestiere di cui vivere. Ed essere felice.
Pubblicato su “Corriere dell’Alto Adige” del 31 luglio 2011