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Dysfashional e la moda dis-funzionale

09.07.2010
Anna Quinz
Dysfashional e la moda dis-funzionale

Ha inaugurato qualche settimana fa a Berlino la mostra Dysfashional, curata dal bolzanino Emanuele Quinz e da Luca Marchetti. Al vernissage, una vera “colonia” di bolzanini, un po’ delusi per la freschissima disfatta italiana ai mondiali, ma divertiti dall’incontrarsi, un po’ per caso un po’ no, nella città straniera, in cui alcuni vivono ed altri erano in gita. Giovani artisti, designer, giornalisti, tutti altoatesini e tutti li per vedere il lavoro di un altro altoatesino. Emanuele Quinz, è innegabilmente mio fratello. Potrei dunque apparire poco obiettiva nel raccontare questa mostra che, dedicata alla moda, non espone abiti, ma mette in scena quei materiali che fanno della moda un dispositivo di esplorazione estetica e identitaria. Ma cercherò di essere invece neutrale, e di raccontarla attraverso qualche domanda e qualche pensiero.

La moda è una passione di famiglia, parrebbe, ed è vero. Dysfashional è arrivata alla sua quarta edizione, dopo Lussemburgo nel 2007, Losanna nel 2008 e Parigi nel 2009. Ed io i vernissage li ho fatti tutti. Affascinante notare le differenze della “fashion scene” nelle quattro città, da Lussembrugo alla Svizzera, dove la moda non è certo la culla dell’economia e dello stile di vita locale, a Parigi, dove invece la moda è ingrediente fondamentale dello splendore città, e dove i suoi profeti vivono con religiosa serietà questo dogma, fino a Berlino, città singolare, un po’ modaiola un po’ antimodaiola, un po’ chic ed un po’ alternativa. E dunque, fermiamoci a Berlino, dove la mostra si svolge, fino al 17 del mese, alla Haus der Kulturen der Welt, mastodontico edificio immerso nel verde di un parco berlinese a due passi dal Reichstag.

Ma cos’è, in sostanza Dysfashional? 
Lo chiedo, ovviamente, a mio fratello:

È una mostra che  parla di moda, ma in modo inedito. L’esposizione infatti non definisce la moda, ma mette in scena la visione di stilisti e artisti di orizzonti diversi, per affrontare in modo inedito questo territorio allo stesso tempo frivolo e essenziale. Un percorso inedito in cui i protagonisti non sono gli oggetti ma i processi: la creazione e l’esperienza.

Perché Dysfashional?

Nel titolo  Dys-fashional, il prefisso « dys » indica una perturbazione all’interno del sistema. L’idea di partenza é di verificare la dimensione disfunzionale della moda, ovvero quegli elementi che resistono e si oppongono ad una definizione letterale di questo universo, come semplice collezione di abiti e di accessori, come sistema di produzione di oggetti commerciali, immagini e prodotti statutari.

Dunque, cosa espone la mostra?

I fashion designer sono stati invitati a non presentare collezioni ma dei progetti che esprimono il loro mondo, il loro immaginario. Attraverso queste installazioni, questi oggetti, questi film, si disegna un orizzonte plurale, in cui la moda appare, al di là degli oggetti che la materializzano, come un cantiere di sperimentazione, come uno stato della sensibilità in divenire.

Chi sono i fashion designer coinvolti?

Sono 20, più o meno giovani, più o meno noti, ognuno con un proprio linguaggio ed un proprio universo creativo. Nello specifico sono: Raf Simons, Antonio Marras, Maison Martin Margiela, Hussein Chalayan, Damien Blottière & Pierre Hardy, Justin Morin & Billie Mertens, Bernhard Willhelm & Christophe Hamaide-Pierson, Kostas Murkudis, Gaspard Yurkievich & Florence Doléac, Hiroaki Ohya, Jerszy Seymour, Michael Sontag, Sissel Tolaas, Bless, Item Idem e Marc Turlan.

Dunque, orgoglio di famiglia a parte, una mostra affascinante – non solo per gli amanti della moda. Ce n’è infatti un po’ per tutti, perchè gli stilisti coinvolti, oltre ad essere estremamente differenti da loro nell’esprimersi in quello che è il loro “tradizionale” linguaggio, ossia la moda, sono altrettanto diversi quando si approcciano all’arte, all’installazione, al video..

Divertenti ed ironici ad esempio gli interventi di Item Idem e di Bernhard Willhelm. Il primo sostituisce i volti dei presidenti sul monte Rushmore, con quelli di 4 superstar del fashion System, Donatella Versace, Anna Wintour, John Galliano e Karl Lagerfeld. Poi li stampa su vetro, li retroillumina, e ne fa un moderno altare alle icone della moda. Il secondo fotografa decine di sessi maschili, e poi li antropomorfizza con irriverenza, traformandoli in nasi di volti delineati con occhiali, parrucche, sigarette, rossetti… Anche qui è possibile riconoscere le caricature di alcuni personaggi dello sfavillante mondo della moda…
Perché anche il non prendersi troppo sul serio, è un lato della medaglia della nuova moda: la moda disfunzionale.

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